Maysoon Majidi, l'artista "criminale" chiusa in un carcere italiano in attesa da 9 mesi del processo

  • Postato il 16 settembre 2024
  • Di Libero Quotidiano
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Maysoon Majidi, l'artista "criminale" chiusa in un carcere italiano in attesa da 9 mesi del processo

Maysoon Majidi è un'artista curda in prigione da quasi nove mesi. Non a Teheran, dove le Guardie della Rivoluzione la cercano per ucciderla, essendo lei anche un'attivista per i diritti delle donne. Maysoon è rinchiusa in un carcere italiano con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione irregolare, sulla base delle dichiarazioni (non registrate) di alcune persone che avevano fatto il viaggio con lei e che avevano anche tentato di stuprarla. La Procura la ritiene una scafista, nonostante le testimonianze contro di lei siano state ritrattate, nonostante vi siano stati errori di traduzione e nonostante abbia fornito prove che dimostrano il pagamento del viaggio verso l'Italia. (quando si è mai visto uno scafista che paga?).

 

 

 

 

Maysoon è ancora in carcere, in Calabria, dove era sbarcata nell'ottobre 2023 e dove era stata immediatamente ammanettata senza comprendere pienamente cosa stesse accadendo. Solo attraverso i gesti delle sue compagne di cella ha capito l'orrendo reato di cui era accusata. Separata da allora dal figlio di otto anni, Maysoon ha iniziato uno sciopero della fame a oltranza per richiamare l'attenzione pubblica su una vicenda che per lei è diventata un incubo e che ha tutti gli ingredienti dell'ennesimo caso di malagiustizia tricolore.  La sua storia è quella di una donna di 28 anni che ha lasciato tutto per sfuggire alla violenza del regime iraniano e che oggi si ritrova incarcerata nello stesso Paese che credeva l'avrebbe salvata. Maysoon  ha vissuto i pericoli e le minacce di chi osa sfidare gli ayatollah, considerati dall'Occidente criminali e terroristi, ma invece di essere aiutata, continua a essere privata della libertà. Il suo attivismo contro il regime è iniziato nel 2019, quando, come giornalista indipendente, denunciava la violenza contro chi si opponeva all'oppressione del governo iraniano. Durante le proteste per la morte di Mahsa Amini, Maysoon ha partecipato attivamente al movimento "Donna, Vita, Libertà", ma la crescente repressione l'ha costretta a lasciare il suo Paese per evitare lo stesso destino di altre attiviste arrestate o condannate a morte.

La sua fuga non è stata semplice. Dopo un breve soggiorno nel Kurdistan iracheno, ha deciso di imbarcarsi verso l'Europa insieme a suo fratello, sperando di trovare finalmente un luogo sicuro. Invece, dopo un'odissea durata tre anni tra campi profughi, fughe, rapine subite e riscatti pagati dalla famiglia, si è ritrovata addosso l'accusa pesante di essere «l'assistente del capitano» dell'imbarcazione che, alla fine del 2023, ha raggiunto Crotone con a bordo 77 persone. Le prove appaiono scarse e contraddittorie: due testimoni l'avevano identificata, ma ora sono irreperibili (almeno per il tribunale) e le loro dichiarazioni non sono state videoregistrate, il che impedisce alla difesa di effettuare una perizia sulla traduzione delle loro affermazioni. Non solo: a maggio, la trasmissione televisiva Le Iene è riuscita a rintracciare i due in Germania e, intervistati, hanno dichiarato di non aver mai indicato Majidi come scafista, affermando che l'imbarcazione era guidata «da un uomo turco». Gli inquirenti hanno anche in mano un video trovato sul cellulare della donna, in cui Majidi rassicura il padre sulle sue condizioni e ringrazia il capitano della nave: un segnale che, secondo le ipotesi, sarebbe stato richiesto dai veri scafisti per prendere l'ultima tranche del pagamento del viaggio, inviato dalla famiglia. Majidi avrebbe speso circa 50.000 dollari per raggiungere l'Italia, includendo le spese per il viaggio dall'Iran alla Turchia, la traversata in mare e «circa 16.000 dollari» estorti tramite una truffa. Tutti elementi che dimostrano come Majidi fosse una passeggera e non parte dell'organizzazione del viaggio. Tuttavia, all'ultima udienza, lo scorso 24 giugno, il collegio presieduto dal giudice Mario D'Ambrosio ha accolto le tesi della pm Rossella Multari, negando a Majidi la concessione degli arresti domiciliari.

Majidi non è l'unica attivista iraniana chiusa nelle nostre carceri. Anche Marian Jamali, 29 anni, è fuggita dall'Iran per sottrarsi alla repressione del regime, cercando rifugio in Europa. Quando è sbarcata a Roccella Ionica nell'ottobre del 2023, è stata immediatamente arrestata con la stessa accusa: essere una scafista. Come Majidi, anche Jamali si è trovata di fronte a un'accusa basata sulle dichiarazioni degli stessi uomini che lei aveva denunciato per molestie sessuali durante il viaggio. Nonostante la mancanza di prove concrete e le evidenti incongruenze nelle testimonianze, Marian è stata incarcerata.

Il prossimo 18 settembre, Maysoon affronterà una nuova udienza. 

 

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Libero Quotidiano

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