Maurizio Crozza, l'imitazione-horror: Bibi come Hitler
- Postato il 11 settembre 2025
- Di Libero Quotidiano
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Maurizio Crozza, l'imitazione-horror: Bibi come Hitler
Maurizio Crozza, si sa, non ha problemi di autostima. Ergo, questa volta per lanciare la nuova stagione di Fratelli di Crozza sul canale Nove è risalito direttamente all’unico precedente che reputa alla sua altezza: Charlie Chaplin. Perdonaci, Sir Charles, ma da qui la cronaca dobbiamo pur farla. Eccolo lì, il post sulle sue pagine social in cui il battutista genovese è agghindato come il genio britannico ne Il Grande Dittatore, solo senza baffi, stempiato ma con la riga d’ordinanza, pare proprio che nella postura e nella voce voglia imitare il primo ministro d’Israele. A fugare qualunque dubbio, il testo di accompagnamento: «Ciao Fratelli, io l’ho immaginato come Chaplin» - è già buono che non dica che Chaplin l’ha immaginato come lui, ndr. Ovvero: «Il Grande Dittator-nyahu». «Ci vediamo venerdì 3 ottobre in prima serata sul Nove».
No un attimo, la chiusa pubblicitaria fa evaporare in automatico l’oscenità storica e morale (aggettivo da riesumare molto raramente, per esempio in questo caso). Il Grande Dittator-nyahu. L’evocazione di Hitler, il tiranno antisemita e genocida (parola inflazionata e anch’essa da spendere con coscienza, per esempio in questo caso) nella sublime stroncatura parodistica che ne fece Chaplin attraverso uno scambio di persona con l’umile barbiere ebreo, sovrapposta al profilo dell’attuale leader democratico dello Stato degli ebrei.
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Non è un cortocircuito, è un abisso (il)logico, è la morte di qualunque significato in nome del cazzeggio del significante, puri suoni che svuotano tutto, de-storicizzano tutto, scambiano tutto col suo contrario, il costruttore primo della Shoah con chi dà la caccia ai suoi imitatori, i praticanti contemporanei del pogrom. E allora Crozza può seriamente iniziare il suo spot ossimorico con estratti dal discorso finale del capolavoro chapliniano, il barbiere travestito da dittatore che esordisce «Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci, sempre, non diarci e disprezzarci l’un l’altro», per arrivare a «vorrei davvero che tutto il mondo diventasse grande».
E poi capovolgere brutalmente il climax, allargare l’inquadratura e mostrare al braccio una palese parodia della stella di David laddove l’originale prevedeva quella della svastica (sì, è lo sfregio finale), per scandire con voce mutata e mimica infoiata da novello Hitler: «Ma prima Israele deve diventare grande!». È la rifrittura di un luogo comune del mainstream antisionista (ad essere generosi): la guerra difensiva di Israele contro i molteplici tentacoli della Piovra terrorista manovrata dagli ayatollah nazi-islamici (se volessi davvero volgere in burla i Führer contemporanei devi avere il fegato di cominciare da Khamenei, Maurizio) spacciata per la guerra offensiva in nome della Grande Israele.
Crozza sa cosa vuole il suo pubblico, non c’è che dire, sa che l’equivalenza blasfema tra gli aguzzini del lager e i soldati democratici che inseguono gli aguzzini di oggi è sdoganata, anzi è la premessa per permanere nel gran circo intellettual-mediatico-televisivo, ormai se non cuci la divisa delle Ss addosso all’intero governo israeliano sei un affamatore di bambini. I quali poi nella realtà sono affamati e branditi oscenamente come scudi umani da Hamas (club di gentleman che quando si raduna saluta col braccio teso, Maurizio), ma la realtà non conta più, conta la sua rappresentazione, conta il lancio per la prima serata, l’importante è fatturare, la Storia è un ferrovecchio, la Memoria non parliamone (tranne il 27 gennaio, per buona creanza). E allora la sgangherata ironia finale dello spot crozzesco, secondo cui «per diventare grande a Israele serve Pesaro», con invito agli «abitanti delle Marche» ad «evacuare entro 24 ore», non la senti nemmeno più, sei stordito dall’indicibile che diventa ovvio. Bibi, oggi alla guida dello Stato nato sull’orrore antisemita del Novecento, come Hitler: è la banalità catodica del male, pubblicità, applausi.
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