Mattarella non si tocca, l’Italia trova una bandiera: no ai russi (ma Salvini si smarca)
- Postato il 31 luglio 2025
- Politica
- Di Blitz
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Il Palazzo è indignato per le accuse del Cremlino a Sergio Mattarella. “È un russofobo”, sostiene il ministro degli Esteri moscovita che preferisce far parlare la sua bellissima portavoce Marija Zacharova.
L’accusa è pesante: vuole significare che il nostro capo dello Stato è sempre stato contro la Russia “il paese che ha fatto finire la pace”.
I partiti alzano la voce: da destra a sinistra senza distinzione di sorta. Giorgia Meloni è con lui, il governo lo stesso, la maggioranza risponde con un coro unanime. “Gaza è come Auschwitz”, afferma l’opposizione. Elly Schlein non si fa attendere: “Netanyahu è un criminale, ha la voglia solo di uccidere”.
Pace tra partiti su Mattarella

Così, questa sinistra fa pace con la sua coscienza. Le critiche a Putin non mancano: è da qualche anno che il dittatore russo è stato messo all’indice. Però, chi è vecchio come noi che scriviamo non possiamo dimenticare gli anni del dopoguerra quando il Pci aveva un filo diretto con Mosca, tanto che Palmiro Togliatti, il grande leader di quel partito, non prendeva nessuna decisione se non dopo aver parlato con i dirigenti moscoviti. I vecchi con la memoria più lunga ricordano anche il sostegno economico che Botteghe Oscure prendeva direttamente ogni mese dall’ URSS.
Altri tempi, d’accordo, ma la storia non si può cancellare solo con qualche dichiarazione di comodo. Nel mirino di Mosca, sono russofobi pure i ministri Tajani e Crosetto. Alla Farnesina c’è sconcerto ed anche incredulità. Il capo della nostra diplomazia convoca l’ambasciatore russo per protestare efficacemente. Ma quelle parole, sia pure giuste e sacrosante, andranno via con il ponentino romano.
Naturalmente, anche in un’occasione così perversa, si intrufolano i disfattisti a tutto campo. Tra i leader che hanno dato il loro appoggio a Mattarella non manca nessuno, tranne Matteo Salvini. “Certo è lui che indossò la maglietta con il nome del dittatore, la conseguenza è quella che abbiamo tutti sotto gli occhi”, affermano a sinistra. In effetti quella firma mancava all’appello, ma c’era quella chiarissima della Lega, di un noto dirigente con tanto di nome e cognome.
Le elezioni d’autunno
Il mese di agosto è quello delle ferie, ma non per la politica italiana che non arretra mai quando si presenta l’occasione di colpire l’avversario. Nell’occhio del ciclone sono in prima linea le elezioni d’autunno che riguarderanno ben sei regioni.
La destra è ancora indecisa sui candidati da scegliere: non vuole sbagliare come è avvenuto in passato con chi avrebbe dovuto guidare la Capitale.
A sinistra, si combatte ancora con Vincenzo De Luca e Roberto Fico che dovrebbe prendere il suo posto alla guida della Campania. L’ormai quasi ex presidente della regione non ci sta: prima dice che presenterà una lista con il suo nome. “Vedremo chi scelgono i nostri compaesani”. Poi, intorpida ancora le acque sussurrando all’orecchio di Elly Schlein il nome di suo figlio.
Non è il solo problema, magari. In Toscana e in Veneto il dibattito è sempre aperto e non si riesce a trovare una soluzione, perchè Luca Zaia, un leghista, non ne vuol sapere di lasciare quella poltrona e si irrigidisce soprattutto perché anche Fratelli d’Italia aspira a quel posto.
Forza Italia è invece impegnata al massimo per scrivere un nuovo documento che cambierebbe in parte il volto del partito con il beneplacito di Pier Silvio Berlusconi e della sua sorella maggiore.
Il tutto mentre si aspettano i dazi. Sicuro che sono al 15 per cento e non riservano sorprese? La cautela regna sovrana a Palazzo Chigi e in via del Nazareno. Come ci si può fidare di Trump e dei collaboratori più stretti del presidente?
Il ministro Giorgetti fa un po’ di conti e sostiene che il Pil (sempre per via dei dazi) diminuirà dello 0,5 per cento. “Colpa della frenesia della Casa Bianca”, si affretta a dire qualcuno. Ma il tronco più agguerrito della sinistra ha un parere nettamente diverso. La colpa è tutta nei tanti miliardi che si spenderanno per comprare le armi, in maggior parte dagli americani.
Un solo candidato per la corsa alle regioni è soddisfatto: Matteo Ricci che corre per guidare le Marche. È sotto inchiesta della magistratura e ieri è stato interrogato per cinque ore dai giudici. Stremato, ma felice, ha detto a telecamere accese che si riteneva sereno e soddisfatto per aver risposto a tutte le domande che gli sono state poste.”Ora tornerò in campagna elettorale fra la gente e per la gente”, ha aggiunto sorridendo.
Più che la sentenza dei giudici, forse Ricci attende il parere di Giuseppe Conte, il quale ha ripetuto dall’inizio che prima di allearsi con la Schlein per far vincere l’ex sindaco di Pesaro vuole vedere le carte per le quali è stato indagato. Come dire: delle parole di Elly mi fido fino ad un certo punto. È questo il campo largo?
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