Mattarella: “Il fascismo si contrappose alla nazione. Il ‘no’ dei militari italiani internati dai nazisti fu Resistenza”
- Postato il 19 settembre 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Ebbero il “coraggio di pronunciare il No al nazifascismo” e pagarono per questo un “prezzo personale altissimo”. Fu “resistenza” anche la loro, di fronte al fascismo che “si contrappose di fatto alla nazione” e “spinse quanti nella cultura patriottica e risorgimentale erano stati formati a cercare una nuova casa da edificare per esprimere i sentimenti del Paese”.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato così i militari italiani che furono internati nei campi di concentramento tedeschi durante la II Guerra Mondiale dopo l’armistizio dell’8 settembre. Uomini che subirono “al termine della guerra una sorta di oscuramento della loro resistenza, travagliata ed eroica”. Eppure, ha sottolineato il capo dello Stato, con “quel No ai fascisti di Salò e alle truppe di occupazione difesero la dignità e il senso autentico dell’amor di Patria quando lo stesso vertice dello Stato si era dissolto”.
Per “lungo tempo”, ha sostenuto Mattarella, le “vicissitudini e la condotta dei circa 650mila militari internati sono rimaste in ombra, malgrado il numero dei caduti, le sofferenze patite da tutti loro, i coraggiosi rifiuti alle pressioni sempre più minacciose dei carcerieri, le reti di solidarietà costruite fra italiani”. La loro “resistenza” ebbe un “significato e una valenza di altissimo rilievo” sul piano “valoriale, morale” e “anche su quello concreto”.
Il loro “no” fu “indubbiamente” innescato dalla “percezione di un tradimento profondo del regime” ha affermato il capo dello Stato: “Nel farsi vassallo del nazismo il regime rese evidente la distanza dai valori più profondi del popolo italiano. Il fascismo si contrappose di fatto alla nazione e spinse quanti nella cultura patriottica e risorgimentale erano stati formati a cercare una nuova casa da edificare per esprimere i sentimenti del Paese”. La resistenza italiana, ha rimarcato il presidente della Repubblica, “non è stata limitata ad avanguardie patriottiche, ma ha ricevuto l’apporto di diversi affluenti provenienti da varie componenti sociali”.
È anche grazie alle “resistenze senza armi” come quella dei militari internati che “la resistenza armata ha trovato allora terreno fertile, consensi e sponde preziose”. E così “quei principi di libertà, di indipendenza, di pace sono diventati patrimonio comune anche in virtù di sacrifici diffusi nella popolazione, di solidarietà generose e di tanti eroismi rimasti sconosciuti, sorretti dalle coscienze personali e propagatisi proprio con la forza di coerenti testimonianze”. Per questo, ha concluso, “la libertà di cui oggi ci gioviamo ha un debito verso il coraggio” anche dei militari, definiti dal capo dello Stato come “patrioti” che “nei campi tedeschi sono stati privati della stessa loro identità e ridotti a un numero” ma che “hanno cominciato a tessere i fili di quelle relazioni solidali, di quell’etica collettiva che sarebbe diventata l’humus di un nuovo inizio per l’Italia”.
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