Mattarella: “Il calo delle nascite minaccia conti pubblici e coesione sociale. Servono servizi e stipendi adeguati”
- Postato il 27 novembre 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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In Italia il numero delle nascite non è mai stato così basso, mettendo a rischio il debito pubblico e la coesione sociale. E’ l’allarme lanciato giovedì dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante l’apertura degli Stati generali della natalità per l’auditorium della conciliazione di Roma. La ricetta del Quirinale per invertire la rotta è chiara: più servizi pubblici per sostenere le famiglie e aiutare i genitori, ma anche stipendi più alti. L’evento, organizzato dalla Fondazione per la Natalità presieduta da Gigi de Palo, si concluderà venerdì. Il capo dello Stato ha aperto il convegno mettendo tutti in guardia: il calo della natalità “inciderà sulla sostenibilità dei conti pubblici, oltre che sulla coesione intergenerazionale”.
Perché si fanno meno figli? Precariato, stipendi, pochi servizi, casa inaccessibile
La premessa sono i dati Istat, con le nascite al minimo storico: nel 2024 il numero medio di figli si attesta a 1,18, in flessione sul 2023 (1,20). L’anno scorso le nascite sono state 369.944, in calo del 2,6% sul 2023 (una contrazione di quasi 10mila unità). Ma nel 2025 l’Italia arretra ancora: in base ai dati provvisori, da gennaio luglio le nascite sono circa 13mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2024 (-6,3%). Se si fanno meno figli, non è perché le nuove leve sono più egoiste e meno inclini ai sacrifici della genitorialità: lo disse il presidente del Censis Giuseppe De Rita (padre di 8 figli) in un’intervista del 2020. Secondo Mattarella, “condizioni adeguate di retribuzione e sviluppo dei servizi sociali consentono orizzonti di vita nei quali è possibile orientare le proprie scelte verso la gioia di avere figli e non verso la rinuncia ad averne”. Ovvero, si fanno meno figli anche perché gli stipendi sono bassi e scarseggia l’assistenza dello Stato, mentre latitano asili nidi e aiuti per i genitori. Neppure i contratti di lavoro flessibili e a tempo sono un incentivo a fare figli. “Parliamo delle difficoltà della precarietà e dei bassi redditi, dell’ardua impresa di accesso a una abitazione nelle aree urbane, dalle carenze dei servizi che rendono difficile conciliare i tempi del lavoro con quelli della vita familiare e con la cura di familiari in età avanzata”, ha ricordato il presidente. Che sottolinea un altro aspetto decisivo: la difficoltà delle giovani coppie per acquistare casa, un tassello fondamentale per costruire una famiglia.
Cosa dice la Costituzione
Il Quirinale ha ricordato alla platea l’articolo 31 della Costituzione. “Vale la pena rileggerlo”, ha ammonito Mattarella: “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. Secondo il presidente non è mai un problema individuale o generazionale, bensì collettivo: “È la società nel suo insieme che deve comporre un ambiente favorevole e assicurare piena libertà”. I giovani dunque non sono il problema, bensì le vittime. “In una società centrata sulla velocità i giovani – e non per loro responsabilità – vengono messi in condizione di rischiare di essere in costante ritardo”, ha detto Mattarella. Ritardo nel trovare un lavoro stabile, nel diventare autonomi, nel comprare casa e mettere su famigli, in ritardo nell’avere figli.
Migranti per sopperire al calo del numero dei lavoratori
Il Presidente ha messo in guardia anche sulla retorica contro i migranti, per la quale lo straniero ruberebbe il lavoro ai figli d’Italia: “Affrontare i temi della natalità nel nostro Paese non è in contrapposizione con l’integrazione dei migranti”. Anzi, “l’integrazione dei migranti e delle loro famiglie, che con il loro lavoro contribuiscono, spesso, è un lavoro di cura, contribuiscono al benessere della nostra comunità”. Del resto, tra 10 anni ci saranno 6,1 milioni di lavoratori in meno e non basteranno le nuove leve italiche a sostituirli. E’ lo scenario dipinto dal presidente Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) Natale Forlani, durante l’audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica. I lavoro della Commissione ha ricevuto l’elogio del Presidente, nella speranza di “trasformare in azioni la consapevolezza del problema”. Un monito anche per il governo, sempre pronto a sbandierare il vessillo della “battaglia demografica”. La ricetta di Giorgia Meloni si basa sui bonus, ma dagli Stati generali della Natalità è giunto l’alt del presidente Luigi De Palo: “Servono misure strutturali e non semplici bonus: lavoro stabile, accesso alla casa e una fiscalità equa sono le tre leve fondamentali”. Mattarella è d’accordo. Non è detto lo sia il braccio destro di Meloni a palazzo Chigi, il sottosegretario Alfredo Mantovano. In un convegno di qualche mesa fa additò la cannabis e le sollecitazioni erotiche tra le cause del calo delle nascite. Altro che salari e diritti sociali.
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