Massacro di allevatori a Petilia: tre condanne, di cui un ergastolo
- Postato il 9 dicembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Massacro di allevatori a Petilia: tre condanne, di cui un ergastolo

In Appello confermato un ergastolo e ridotte di poco due condanne per il massacro degli allevatori di Petilia Policastro.
PETILIA POLICASTRO – Tre condanne di cui una all’ergastolo. Questa la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro nel processo per il duplice omicidio di Rosario e Salvatore Manfreda, padre e figlio, scomparsi nel nulla a Pasqua 2019, i cui corpi furono trovati nel settembre dello stesso anno a Mesoraca, in un burrone nella località Caravà. Confermata la condanna all’ergastolo nei confronti di Pasquale Buonvicino, di 58 anni, di Petilia Policastro. Scende da 30 anni di reclusione a 28 anni e 6 mesi quella per il figlio Salvatore Emanuel Buonvicino (26). Ridotta da 27 a 26 anni la pena per Pietro Lavigna (56). di Mesoraca. La Corte ha condannato gli imputati anche al risarcimento della parte civile da liquidare in separata sede.
IL MOVENTE
Il movente del duplice omicidio, secondo l’accusa, è riconducibile a contrasti tra allevatori proprietari di terreni confinanti. L’arma utilizzata dai killer era un fucile. Salvatore Manfreda, in particolare, fu raggiunto dai colpi al capo, poco distante dal luogo in cui furono ritrovati i corpi, nei pressi dell’azienda dei Manfreda, che erano andati a dar da mangiare agli animali. Un’attività che svolgevano anche la domenica di Pasqua.
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L’INCHIESTA
L’inchiesta verte sulle immagini registrate da impianti di videosorveglianza che riprendono un corteo di quattro auto, quelle dei tre imputati e la Ford “Maverick” degli scomparsi, rinvenuta bruciata nella località Caravà. Secondo l’accusa, gli imputati, compiendo manovre anomale a mo’ di scorta, avrebbero abbandonato i loro poderi per raggiungere luoghi che nulla hanno a che fare con la loro attività lavorativa. Compresa l’area in cui fu trovata carbonizzata l’auto delle vittime, su cui peraltro fu avvistato all’andata Pasquale Buonvicino che, al ritorno, era sulla Panda del figlio.
“BIANCHI CHE CAMMINANO”
Nel materiale probatorio è confluita anche la minaccia «Siete tre bianchi che camminano» che Pasquale Buonvicino avrebbe rivolto a Rosario Manfreda per uno sconfinamento di vacche. Una minaccia, risalente al 2017, che Buonvicino avrebbe pronunciato nei confronti anche di due figli di Manfreda. Il riferimento sarebbe alla famigerata “lupara bianca”, con cui la ‘ndrangheta si sbarazza delle proprie vittime per evitare sospetti delle forze dell’ordine. Non è comunque contestata alcuna aggravante mafiosa.
IL PROCESSO
La Procura aveva chiesto la conferma delle condanne. Si erano associati gli avvocati di parte civile Walter Parise, Pietro Pitari e Giovambattista Scordamaglia. I difensori (gli avvocati Alessandro Diddi, Salvatore Staiano, Sergio Rotundo, Gregorio Viscomi) hanno sostenuto che si tratta di un processo meramente indiziario.
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Massacro di allevatori a Petilia: tre condanne, di cui un ergastolo