Massacrata, 21 placche di titanio in viso, ma il marito violento “va compreso”. In galera non ci va, la sentenza
- Postato il 11 settembre 2025
- Cronaca
- Di Blitz
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Ci si provi a mettere nei panni di una donna che subisca un feroce pestaggio in casa. Sette interminabili minuti di pugni e calci, con particolare predilezione e accanimento sul volto.
Massacrata di botte per la fine della relazione
Ci si provi a seguirla questa donna di 44 anni, Lucia Regna i suoi nome e cognome, ci si provi a seguirla prima al pronto soccorso, poi in sala operatoria, quindi durante la lunga faticosa riabilitazione: ci si provi a guardarsi come lei allo specchio, benedire tutto sommato la bravura dei medici e quelle 21 placche di titanio sotto la pelle del viso, compiangersi (sfigurata per sempre, mio dio?) giusto un po’ su quell’occhio che non ne vuol sapere di funzionare come si deve. E d’altra parte il nervo ottico è andato e…

E infine ci si provi – ma questo è impossibile, è proprio fuori dalla portata razionale anche nella più acrobatica delle immedesimazioni – a dover ascoltare un giudice, un maschio, sentenziare che quell’uomo che ti ha ridotto così, quell’uomo con cui hai fatto due figli, quel marito che ha finito per massacrarti, quell’uomo poverino, “va compreso”, testuale. Perché un po’ te la sei cercata, non sei forse una sfascia famiglie, cattiva e insensibile (non testuale ma il senso è quello)?
Le motivazioni della sentenza
Va compreso”. Così il giudice del tribunale di Torino Paolo Gallo nelle motivazioni, anticipate oggi da La Stampa, della sentenza che a giugno ha assolto un uomo dall’accusa di maltrattamenti nei confronti dell’ex compagna, condannandolo solo a un anno e sei mesi per lesioni. Vuol dire niente carcere.
Secondo il magistrato, il pestaggio del 28 luglio 2022 non fu “un accesso d’ira immotivato”, ma “uno sfogo riconducibile alla logica delle relazioni umane”. La donna, scrive il giudice, avrebbe “sfaldato un matrimonio ventennale” comunicando la separazione “in maniera brutale”.
Gli insulti e le minacce – “pu…a”, “non vali…”, “ti ammazzo” – vengono definiti “frasi da calare nel contesto della dissoluzione della comunità domestica, umanamente comprensibile”. L’imputato, ritenuto “sincero e persuasivo”, resta dunque libero.
Ma per la Cassazione va valutata solo la condotta violenta
La pm Barbara Badellino aveva chiesto 4 anni e mezzo. “La sentenza viviseziona e mortifica la vittima, mentre è indulgente verso l’uomo che le ha sfondato il volto”, commenta l’avvocata di parte civile Annalisa Baratto.
Chi non abbia compreso bene il concetto di “vittimizzazione secondaria” ha qui l’esempio perfetto: prima le botte, poi la colpa di averle provocate. La sentenza del giudice, peraltro, contraddice quello che sostiene la Corte di Cassazione: si deve considerare solo la condotta violenta, l’agire di chi pone in essere la violenza, Le reazioni della vittima, come ad esempio un comportamento reattivo o addirittura aggressivo nei confronti del maltrattante, non sono incompatibili con il reato di maltrattamenti.
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