Martina Colombari, le lacrime nel racconto sul figlio Achille: Tso necessario per salvarlo
- Postato il 17 novembre 2025
- Di Virgilio.it
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Era il 14 luglio del 2024 quando per la prima volta venne fuori il “caso” Achille Costacurta. Il figlio di Martina Colombari e dell’ex difensore del Milan e della Nazionale Alessandro “Billy” Costacurta fece rumore con alcuni post pesantissimi sul suo profilo Instagram dove si sbizzarrì con una serie di filmati in cui lo si vedeva maneggiare pacchetti di droga nascosti tra i cioccolatini mentre si trovava in aereo. La carrellata di video continuava con montagne di soldi, orologi falsi, auto-elogi per aver eluso i controlli. Il tutto sempre col tag alla madre Martina Colombari e musica trap con brani poco “legali” in sottofondo. Scoppiò una bufera, si sapeva che il ragazzo aveva avuto qualche precedente con la giustizia ma nessuno immaginava cosa ci fosse realmente sotto.
Il dramma della famiglia Costacurta
In quest’anno e mezzo il tema è tornato spesso sui social e in tv, sia Costacurta padre che la Colombari hanno spiegato in parte come hanno vissuto il dramma del figlio ma solo ora l’ex miss Italia è potuta uscire definitivamente allo scoperto, dopo che Achille si è messo totalmente a nudo intervistato da Luca Casadei nel nuovo episodio del podcast “One More Time” (OnePodcast). Un’adolescenza complicata tra detenzione, TSO, droghe, rabbia e la diagnosi di ADHD, un tentativo di suicidio, un rapporto difficile con i genitori che non hanno mai conosciuto il cedimento.
Le confessioni di Achille
Una storia straziante, quella raccontata da Achille: “Ho iniziato a fumare a 13 anni. Al compleanno dei miei 18 anni ho provato la mescalina. Una volta ho avuto una colluttazione con la polizia. Ero sotto effetto e ho fatto il matto su un taxi. Il poliziotto arriva, mi tira un pugno in faccia, io ero allucinato quindi l’ho spaccato di legnate. Lì dopo poco mi fanno il primo TSO, me ne hanno fatti 7. Ho iniziato a spacciare fumo. Arrivata la quarantena, tutti chiusi in casa, fumo non ce n’è. A me riusciva ad arrivare comunque tramite dei canali, avevo creato una rete e mi hanno arrestato a 15 anni e mezzo. Quindi faccio il mio primo compleanno dei 16 anni lì, centro penale comunità terapeutica.
Non ce la facevo più, aspetto la notte quando c’è un solo operatore ed entro in ufficio, lo distraggo e prendo le chiavi dell’infermeria. Lo chiudo dentro l’ufficio, lui con le sue chiavi riesce a uscire. Io però nel frattempo ero già in infermeria e prendo tutto il metadone che c’era, sette boccettine, mi chiudo in bagno e le bevo tutte, volevo suicidarmi. Arrivano i pompieri e sfondano la porta, poi l’ambulanza. Nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo perché l’equivalente di sette boccettine di metadone sono sui 35, 42 grammi di eroina. La gente muore con un grammo.
Quando sono andato in clinica in Svizzera mi hanno detto: “se fossi stato fuori altri 10 giorni saresti morto” perché hai il cuore a riposo a 150 battiti (..). La Svizzera da così a così, ti dicono: “Tu sei qua e puoi scegliere, se ti vuoi drogare c’è la strada, puoi andare e puoi fare quello che vuoi, vai. Se tu invece hai bisogno di una mano, vieni qua e noi ti aiutiamo”. Mi hanno fatto cambiar vita, grazie a loro io non mi drogo più. Il loro approccio ti fa capire veramente le cose importanti. Li ringrazierò per tutta la vita”.
Lo sfogo di Martina Colombari
A “Ballando con le stelle” Martina Colombari è tornata sulla vicenda. Dopo qualche riflessione via social la moglie di Costacurta si è sfogata su Rai1: “La cosa strana per me è stata che sono tutte cose che ho vissuto in prima persona, mi ha fatto strano sentire la sua voce, come lo raccontava in maniera così lucida…Egoisticamente a me ha tolto un peso. Fino ad adesso non ho mai raccontato e ho cercato sempre di proteggere queste difficoltà di Achille, ora lui ha deciso di raccontarle…”
Il dolore si mischia alla rabbia: “C’è stata una strumentalizzazione delle vicende di Achille che ho trovato schifosa, soprattutto perchè c’era già un giudizio, ‘figlio della famiglia broghese, benestanti, ricchi, chissà che vita gli avranno fare’ . Io questa merda me la sono tirata addosso, l’ho sentita. Io sapevo che mamma ero stata e che sono. Sono quello che ogni mamma avrebbe fatto. Tanti mi additavano come la mamma sbagliata, la mamma che non ce l’ha fatta, la mamma che avrebbe dovuto accorgersene, che avrebbe potuto fare di più. Io sono circa 5 o 6 anni che ho cerco di proteggerlo, non ho mai detto niente”.
Colombari ha parlato anche della diagnosi di ADHD fatta al figlio che ha spiegato alcune cose, non tutte. Ed ha ricordato quando Achille è stato in un centro penale minorile a Parma: “Era come non avere un figlio in quel periodo, perchè era un corpo senza vita, completamente anaffettivo. Non riuscivi a smuoverlo con niente. Il ‘dove ho sbagliato’ era all’ordine del giorno, tutte le mattine insieme al caffè. Quando abbiamo fatto un passo indietro e capito che noi genitori non eravamo un aiuto per Achille e soprattutto quando ci sono stati dei momenti di grande difficoltà o dove rischiava per la sua vita, così come per quella degli altri, e c’era bisogno di metterlo in sicurezza. Se serve, anche di chiamare le forze dell’ordine, chiamare l’ambulanza… comunque devi proteggerlo“. Poi, il racconto di come si renda necessario chiamare i medici per un TSO: “Quando prendi il telefono e fai quel numero è perchè non hai altra soluzione, quindi lo fai per salvarlo. Tu mamma non lo puoi più salvare”.