Mario Sechi: il triste risultato di usare le parole come una clava
- Postato il 10 novembre 2024
- Di Libero Quotidiano
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Mario Sechi: il triste risultato di usare le parole come una clava
Trentacinque anni dopo la caduta del Muro di Berlino, siamo stati costretti ad aggiornare la simbologia del Pd con una triade, caviale, spranga e martello. Breve sintesi antropologica: il caviale è quello degli attici pensosi, del partito della Ztl, lontano dalla realtà; la spranga è un vecchio arnese sempre utile per risolvere la diversità di opinioni con l'avversario; il martello un tempo la classe operaia lo usava in fabbrica, ultimamente a sinistra hanno scoperto un elegante uso alternativo, sul cranio dei «fascisti».
A Bologna ieri si è visto tutto questo: la segretaria del partito dello storione che tuona contro la destra fascia; i “collettivi antifascisti” che in nome della democrazia vanno all'assalto della polizia; un passante che sotto i portici della Strada Maggiore viene circondato e pestato da quindici “attivisti”. Tutto questo è accaduto mentre Elly Schlein era a Bologna per dire che «la città non merita i cortei di estrema destra». E i disordini, le botte, la caccia al poliziotto? Sono misfatti “a margine” di una radiosa giornata alla bolognese. Il Pd tace perché sembra non potersi permettere di uscire dal racconto estremista che ha forgiato in questi due annidi governo Meloni, alzando i decibel, brandendo le parole come una clava, senza coglierne le conseguenze. È sulla scia del segretario della Cgil, Maurizio Landini, quando afferma che è giunta l'ora della «rivolta sociale». Viste le teste calde all'opera là fuori, tutto è possibile. Cosa sta succedendo?
Un'analisi lucida - da sinistra sulla sinistra - la trovate su Libero in un'intervista di Elisa Calessi a Antonio Padellaro che, evocando l'efficace immagine della «Liguria in Pennsylvania», dipinge il ritratto di un'opposizione smarrita, che non parla dei problemi reali e insegue la mostrificazione dell'avversario. È una scelta perdente, irresponsabile, pericolosa e Padellaro, da giornalista di lungo corso, ha l'esperienza e il sesto senso per coglierne la deriva. Non si passeggia sui bordi del vulcano del massimalismo, non si gioca con l'ambiguità quando le piazze - accade ogni fine settimana a Milano - si riempiono di antisemiti che urlano: «Un applauso ai giovani di Amsterdam». Il fuoco, brucia.
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