Marco Esposito, l’italiano che affronterà l’Italbasket: “Un’emozione incredibile. La Georgia? Si accende quando conta”

  • Postato il 29 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Viaggi, impari e ti reinventi da zero. Anche quando tutto sembra andare a pezzi. Poi, da un giorno all’altro ti ritrovi catapultato in una nuova realtà e i tuoi nuovi avversari sono gli stessi per cui fai il tifo fin da bambino. Per appartenenza e origini. Marco Esposito definisce tutto questo come un processo in cui “il destino vuole che alcune cose belle accadano anche nei momenti peggiori della vita”. Da sempre, la pallacanestro gioca un ruolo fondamentale nella sua vita: “Cerco sempre di trasmettere qualcosa agli altri in quello che faccio, allenare significa anche educare”. Prima l’Olimpia Milano, poi Reggio Emilia e oggi la doppia avventura, a Brindisi in Serie A2 e sulla panchina della Nazionale georgiana, sempre da vice allenatore. Guarda caso una delle avversarie dell’Italbasket agli Europei di Limassol. A ilfattoquotidiano.it, Esposito ha raccontato il suo viaggio dietro le quinte. Alimentato da una grande curiosità e dal desiderio di rimettersi in gioco, anche a migliaia di chilometri dalla sua Puglia.

Com’è nata questa opportunità?
Penso sempre che, ogni tanto, il destino vuole che alcune cose belle accadano anche nei momenti peggiori della vita. Il motivo? Lascio l’Olimpia Milano dopo cinque anni da assistant coach e firmo con Reggio Emilia. Per diverse vicissitudini, purtroppo, dopo quattro mesi vengo esonerato. Da quel momento per me inizia un nuovo capitolo: inizio a viaggiare per provare ad arricchire la mia cultura cestistica. In uno di questi viaggi conosco quello che attualmente è il capo allenatore della nazionale georgiana, Aleksandar Džikić. In quel momento lui era il coach dell’Hapoel Gerusalemme: stando con loro per un breve periodo per assistere ad alcuni allenamenti, Džikić e io iniziamo a conoscerci. Lui nel frattempo diventa il ct della Georgia e da lì è iniziata la nostra collaborazione ufficiale. È successo tutto per caso, ma voglio pensare che sia accaduto per un motivo. In qualche modo era già scritto.

La sua è stata una decisione immediata o si è preso del tempo prima di accettare?
Ho accettato subito: ho sempre avuto l’ambizione di allenare all’estero e di fare un’esperienza di questo tipo. Sono una persona curiosa: mi piace viaggiare, conoscere posti nuovi e scoprire nuove culture. Avere la possibilità di fare tutto questo con colleghi che hanno visioni diverse dalle mie – e che geograficamente sono lontani dalle mie abitudini – è un’opportunità unica.

L’accoglienza come è stata?
Devo essere sincero, il popolo georgiano è veramente molto caloroso: parliamo di un Paese che conta meno di 4 milioni di abitanti. È una popolazione orgogliosa e con una grande identità nazionale. C’è un senso di appartenenza raro: l’entusiasmo che si respira è contagioso. Fin da subito nel gruppo squadra si è instaurato un certo feeling: spero di essere riuscito a farmi amare per quello che sono. All’interno dello staff non sono l’unico straniero: si respira anche una dimensione internazionale. Quest’estate siamo stati anche premiati con la medaglia d’onore dal governo georgiano.

Shermadini, Shengelia e Mamuk’elashvili hanno vissuto la cultura italiana a 360°. Sono stati d’aiuto?
Sì assolutamente, soprattutto Mamuk’elashvili: lui ha iniziato la sua carriera a Biella e parla la lingua molto bene. Ama il nostro Paese.

Il vostro Europeo è iniziato con l’exploit contro la Spagna. Qual è l’obiettivo?
Il nostro cammino verso Euro2025 non è stato semplice. Siamo arrivati a Cipro senza aver vinto un’amichevole. Non ci siamo mai allenati al completo: “Toko” (Shengelia) ha avuto dei problemi cardiaci, Mamuk’elashvili è arrivato a raduno già iniziato. Questi inconvenienti, però, non ci hanno fatto distogliere da quello che è il nostro obiettivo: dimostrare a tutti che questa Nazionale, nonostante non sia tra le più attrezzate, si accende nelle partite che contano. La vittoria contro la Spagna è un chiaro esempio: il carattere messo in campo è stato meraviglioso. Noi viviamo questa competizione partita per partita, perché non sempre vincere una gara può significare qualcosa. Teniamo il profilo basso e continuiamo a giocare.

Sabato si troverà di fronte l’Italia. Che effetto le fa?
Sarà sicuramente un’emozione incredibile: coach Džikić mi ha affidato la responsabilità di questa gara, in queste ore ho fatto un po’ da scouting. È una situazione che mi riempie d’orgoglio ma, almeno per qualche ora, dovrò far finta di parlare un’altra lingua (ride, ndr). Come ogni tanto vuole il destino, bisogna mettersi la mano davanti agli occhi e fare il possibile per far vincere la Nazionale che alleno.

Che idea si è fatto dell’Italbasket?
L’Italia è una squadra molto atletica, non dobbiamo concedere campo aperto. La squadra di Pozzecco vanta un mix di gioventù ed esperienza. Dovremo fermare i loro punti in contropiede. Il loro gioca passa dai lunghi: dovremo essere bravi a limitarli.

Torniamo a lei e alla sua carriera. Cosa si prova ad andare in panchina con la squadra della sua città?
Da sempre sono tifoso numero uno di Brindisi. Lavorare per la squadra della propria città rappresenta un po’ il sogno di quel ragazzino che ha sempre visto giocare i suoi idoli. È un orgoglio ma c’è un grande senso di responsabilità. Poi, chi lo sa: magari, un giorno, il sogno di poter diventare il capo a casa mia potrebbe avverarsi. Però mi piace rimanere umile e stare con i piedi per terra. Ora pensiamo all’Europeo.

Per chiudere, una curiosità. Come se la cava con il georgiano?
Diciamo che diciamo che pian piano me la sto scavando: ho iniziato a seguire anche qualche corso online, giusto per poter dialogare con qualche parola. È una lingua complicata, ma in qualche modo cerco di farmi apprezzare per lo sforzo che ci metto.

Photo credit: Georgian Basketball Federation

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