Marattin diffamò il suo ex professore che lo sfotteva sul reddito di cittadinanza: condannato a risarcirlo con 30mila euro
- Postato il 25 novembre 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Un collega lo aveva sfottuto sui social per aver pubblicato un grafico non proprio attendibile. Lui, in risposta, lo aveva attaccato in modo pesantissimo per più giorni, dandogli dello “sfigato“, paragonandolo a Paperino e insinuando che avesse chiesto raccomandazioni per essere nominato in un importante ruolo pubblico. Per questo Luigi Marattin, deputato e professore associato di Economia politica a Bologna, a lungo in Italia viva (ora ha fondato un nuovo soggetto, il Partito liberaldemocratico) è stato condannato a risarcire con trentamila euro l’economista Lucio Picci, esperto di anticorruzione, ordinario nello stesso ateneo nonché suo ex docente. La vicenda risale a settembre 2022, pochi giorni dopo le ultime elezioni politiche: nel tentativo di dimostrare che il consenso (superiore alle aspettative) del Movimento 5 stelle fosse legato al reddito di cittadinanza, Marattin aveva pubblicato su X un grafico con due linee quasi sovrapposte, una rappresentante il numero (assoluto) di percettori di Rdc in ciascuna regione d’Italia e l’altra il numero (sempre assoluto) di voti per il partito di Giuseppe Conte nello stesso territorio. Com’è evidente, però, la presunta correlazione è del tutto inattendibile, perché non rapporta i valori al numero di abitanti: è ovvio che nelle regioni più popolose (e quindi, tendenzialmente, con più percettori di reddito e anche con più elettori) entrambe le curve si alzino, in quelle meno popolose si abbassino. La topica del deputato era stata oggetto di vari tweet ironici, tra cui uno dello stesso Picci: “Le mie lezioni di econometria. È colpa mia“, aveva commentato, alludendo al fatto di aver avuto Marattin tra i propri allievi. E anche il Fatto aveva dedicato al “caso” un breve articolo.
La storia sarebbe potuta finire lì, se non fosse che il politico – evidentemente punto nel vivo – nei giorni successivi si era dedicato a distruggere la figura del professore sui social, bersagliandolo con affermazioni piuttosto pesanti. “Nessuna figura di merda (sic, ndr). Il grafico è corretto. A contestarlo è solo l’organo di stampa del M5s e un collega arrabbiato con me perché non lo aiutai a diventare presidente Istat, come insistentemente voleva (ma con lui vado easy, la vita è già stata troppo severa)”, twittava il 29 settembre, due giorni dopo la battuta di Picci. Altre 48 ore dopo, il 1° ottobre, tornava alla carica con ancora più acredine in un post sul proprio blog: “Ma il tuo “professore di economia” che ti ha rimproverato? Da diversi anni invece è un mio collega, il più “sfigato” del dipartimento. Basta farsi un giro per la città e pronunciare il suo nome per capire qualcosa di più. Qualche anno fa – lavoravo a palazzo Chigi – mi cercava insistentemente perché si era messo in testa di voler fare il presidente dell’Istat. Era come se Paperino volesse fare il Ceo di Apple, quindi cercai educatamente di lasciar correre, senza ferire la sua sensibilità. Invece non me l’ha mai perdonata, e periodicamente cerca visibilità sui social attaccandomi, e trovando sponda solo in alcuni “sfigati” come lui e nell’organo stampa del M5s, cioè Il Fatto Quotidiano. Come ho detto in più occasioni, non ho interesse ad essere particolarmente cattivo con lui. Lo è, purtroppo, già stata abbastanza la vita“.
Per queste dichiarazioni Picci si è rivolto al Tribunale civile di Bologna, che ha condannato Marattin a risarcirlo con trentamila euro, a rimuovere tweet e post e a pubblicare la sentenza sul blog e su X. Per la giudice Carolina Gentili le affermazioni del deputato ex renziano hanno “una significativa portata diffamatoria“, in particolare “con riferimento alla vicenda (di quattro anni prima) concernente la nomina del presidente dell’Istat”: Marattin, infatti, lascia “intendere al lettore medio” che Picci, “in passato, avesse ricercato il torbido favoreggiamento di quest’ultimo – in ragione del suo coinvolgimento nella politica nazionale – per assicurarsi la carica. Invece, dalla documentazione di causa emerge chiaramente che la candidatura del ricorrente alla presidenza dell’Istat fosse motivata da intenti edificanti, avendo egli in animo di introdurre nel dibattito politico il tema della necessaria competenza tecnica nella selezione dei dirigenti delle istituzioni, peraltro nella piena e genuina consapevolezza di non avere alcuna chance di nomina”. Circostanze, queste, di cui il politico era “pienamente a conoscenza”. Dalla sentenza, poi, emerge come Marattin abbia tentato di difendersi invocando il diritto di satira: un richiamo definito dalla giudice particolarmente “inopportuno“, in quanto le sue dichiarazioni “non presentano alcun tratto creativo tipico dei generi satirici letterari, poetici, teatrali, pittorici e vignettistici”. La sentenza, non impugnata, è diventata definitiva.
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