Mar Rosso, torna la minaccia Houthi. Ma il messaggio è per Trump e Netanyahu?
- Postato il 8 luglio 2025
- Esteri
- Di Formiche
- 1 Visualizzazioni

Domenica sera, in un tratto del Mar Rosso ormai diventato familiare alla geopolitica delle crisi, un cargo battente bandiera liberiana e proprietà greca è stato assaltato e incendiato da piccole imbarcazioni e droni esplosivi. L’equipaggio ha abbandonato la nave, il bulk-carrier Magic Seas, e i ribelli Houthi hanno successivamente rivendicato l’affondamento. È il primo attacco navale di rilievo dall’inizio della tregua tra Stati Uniti e Houthi siglata il 6 maggio scorso.
La sospensione delle ostilità, ottenuta dopo sette settimane di bombardamenti americani in Yemen nell’ambito dell’operazione “Rough Rider“, aveva momentaneamente arginato una campagna durata oltre un anno e mezzo contro la navigazione commerciale nella regione. Il prezzo pagato dal commercio globale era stato evidente: più del 60% delle navi cargo aveva evitato il Mar Rosso, deviando verso rotte più lunghe e costose. La circumnavigazione dell’Africa resta ancora la via preferita da diverse compagnie di shipping internazionali.
I bombardamenti americani erano stati invasivi nel limitare le capacità di attacco dallo Yemen. Il cessate il fuoco aveva comunque portato Washington a dichiarare la missione un successo. Narrazione politica più che concretezza, anche perché non c’è mai stato un impegno formale da parte degli Houthi a cessare ogni attacco — e per altro gli yemeniti hanno sempre detto che le navi “collegate a Israele” sarebbero restate un bersaglio.
Proprio qui si inserisce l’ambiguità che circonda l’attacco al Magic Seas. Nessun legame diretto è emerso tra la nave e aziende israeliane, sebbene l’armatore greco possieda altre imbarcazioni che in passato hanno attraccato in porti israeliani. Un dettaglio sufficiente, per i ribelli sciiti, a giustificare l’azione? Secondo il portavoce militare si è trattato di una risposta alla “violazione del divieto di ingresso nei porti della Palestina occupata”. Un’affermazione che ricorda come il gruppo ribelle mosso da istanze locali, dopo essersi inserito nel conflitto regionale attorno a Israele (a supporto di Hamas), ora ambisce a essere regolatore di dinamiche geoeconomiche internazionali.
È il momento dell’attacco a suggerire una lettura più ampia. L’operazione è avvenuta alla vigilia dell’incontro tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu, che c’è stato lunedì alla Casa Bianca. Una visita a Washington in cui il primo ministro israeliano è chiamato a discutere una possibile tregua a Gaza. In questo contesto, l’assalto alla Magic Seas si carica di un valore simbolico: ricordare che la cosiddetta “Asse della Resistenza” sostenuta dall’Iran — Hezbollah, Houthi, milizie irachene e in qualche modo Hamas e altri gruppi palestinesi — resta operativa e capace di colpire obiettivi sensibili. In altre parole, si sta cercando di dimostrare che né lo scontro militare con Israele né i raid americani hanno fiaccato la proiezione strategica dell’Iran nella regione? Non è possibile definire questa sovrapposizione con esattezza, anche perché gli Houthi mantengono un’agenda piuttosto personale, sovrapponibile con quella della Repubblica islamica solo in caso di convergenza di interessi.
Il rischio è però che il gesto non resti isolato. Se l’attacco alla Magic Seas dovesse rivelarsi il preludio a una nuova offensiva Houthi nel Mar Rosso, verrebbero complicati due fronti diplomatici cruciali per Trump: il tentativo di riaprire un negoziato con Teheran sul programma nucleare e la costruzione di un nuovo equilibrio a Gaza. Dossier in cui si cerca di coinvolgere in modo ampio vari attori regionali, come l’Arabia Saudita – tecnicamente in guerra con gli Houthi dall’inizio e della guerra civile yemenita. La Casa Bianca ha affidato a Steve Witkoff, negotiator-in-Chief, il compito di rilanciare i colloqui con l’Iran dopo i raid sui siti nucleari: la ripresa degli attacchi navali mette in discussione il margine negoziale su cui Washington intende lavorare?
E ancora: dopo l’accordo del 6 maggio, questi nuovi attacchi che reazione americana produrranno? Domenica, quasi contemporaneità e alla diffusione delle notizie sulla Magic Seas, il ministero della Difesa israeliano confermava l’operazione “Black Flag”, con cui sono stati colpiti infrastrutture portuali e impianti energetici sotto controllo Houthi, compresa la nave Galaxy Leader, sequestrata quasi due anni fa dal gruppo. È la reazione al lancio di missili dallo Yemen contro lo stato ebraico, ma se gli attacchi sul Mar Rosso dovessero riprendere ai ritmi di un anno fa, forse Israele potrebbe aumentare le sue azioni – e coinvolgere nuovamente gli Usa.