Malori in volo: tutto quello che può andare storto (e come evitarlo)

  • Postato il 3 agosto 2025
  • Di Panorama
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Estate: gli aeroporti si trasformano in fiumi umani che scorrono sotto i tabelloni di partenze e arrivi. Mai nella storia è stata raggiunta la quantità di passeggeri del 2025: in base alle proiezioni di Eurocontrol, da giugno a settembre nella sola Europa si alzeranno in volo fino a 37 mila aerei al giorno, con un numero di viaggiatori che alla fine della stagione raggiungerà quasi i 2 miliardi. Record di sempre, e fin qui tutto bene per l’economia del continente: ma con un’età media della popolazione sempre più alta e con le giuste aspettative dei più anziani che non rinunciano a viaggi di piacere, cresce pure la possibilità, a un certo punto del nostro volo, di sentire all’altoparlante il fatidico annuncio: «C’è un medico a bordo?».

Il brivido in quota

Il brivido lungo la schiena: qualcuno sta male, in un “tubo” di metallo che vola a 10 mila metri di altezza. Uno studio del New England Journal of Medicine di qualche anno addietro, calcolava che si incappa in un’emergenza medica una volta ogni 640 voli: sono quindi decine e decine di problematiche di salute al giorno, ora sicuramente aumentate alla luce del fatto che la popolazione europea è ormai composta per il 35 per cento di malati cronici. Secondo le statistiche, questi allarmi sono quasi sempre di lieve entità, e in nove casi su dieci il volo continua il suo viaggio. Nel restante 10 per cento, invece, si è costretti a un atterraggio rapido.

Trombosi, non cuore

Ma quali sono i problemi più diffusi? Chi dovrebbe evitare a tutti i costi l’aereo e quali precauzioni possiamo prendere se siamo costretti a intraprendere viaggi particolarmente lunghi? «Cominciamo col dire che non è vero che l’aereo fa male al cuore», puntualizza subito Giulio Pompilio, direttore scientifico del Centro cardiologico Monzino di Milano. «Questo è un mito duro a morire, una bufala. Un cardiopatico, se la sua condizione è stabile, può tranquillamente volare. Ovviamente le cose cambiano se ha avuto un infarto da poco, o è stato appena operato al cuore: in quel caso serve una valutazione medica». Il vero nemico in volo infatti non è tanto l’altitudine (che può comunque causare fastidi) ma l’immobilità in sedili scomodi e con poco spazio per le gambe. «Il problema maggiore si chiama trombosi venosa profonda, la “sindrome della classe economica”» continua Pompilio. «Si forma un coagulo nelle vene profonde delle gambe, che può staccarsi e migrare verso i polmoni, provocando un’embolia potenzialmente fatale. È un rischio reale, che aumenta dopo le prime quattro ore di viaggio. E che riguarda tutti: cardiopatici, ipertesi, ma anche persone sane».

L’errore dell’aspirina

E il celebre consiglio di assumere una “cardioaspirina” prima del decollo? «Niente di più sbagliato» conclude Pompilio. «Non c’è alcuna prova che l’aspirina protegga dalla trombosi da immobilità. Anzi, può aumentare il rischio di sanguinamento». Se quindi ci ritroviamo con una gamba arrossata, gonfia o dolente, occorre chiedere subito aiuto, e riferirlo al famoso “medico a bordo”, perché con la trombosi non si scherza. Facile a dirsi: perché non è detto che il medico a bordo ci sia, che si palesi e che trovi a disposizione tutto ciò che gli serve per il soccorso.

Dotazioni minime, regole diverse

Nei vari Paesi, infatti, le norme variano in maniera sostanziale, e quindi il livello delle cure che si ricevono in volo dipendono molto dalla tratta e dalla “sensibilità” della compagnia aerea. Se, solo per fare un esempio, Emirates sta sperimentando una nuova “stazione di telemedicina” a bordo – con possibilità di valutazione remota dei passeggeri ed ecocardiogrammi a 12 derivazioni – che comprende stetoscopi digitali, pulsossimetri, misuratori di pressione e altri strumenti che trasmettono i segni vitali in tempo reale al team medico di terra, non tutte le compagnie possiedono standard così alti. Anzi. «Gli obblighi variano molto, a seconda del Paese, della lunghezza del volo e della policy dei vettori» ci racconta un comandante di una low cost europea, che preferisce restare anonimo. «L’Easa, cioè l’Agenzia europea per la sicurezza aerea impone la presenza a bordo di un kit di pronto soccorso ogni 100 passeggeri, e l’obbligo per il personale di seguire corsi di prima assistenza. Ma in questo kit non ci sono apparecchiature come sfigmomanometri o flebo, e anche i pochi medicinali presenti (come tachipirina, analgesici o anti emetici) non possono essere somministrati dall’equipaggio, ma solo dal medico che eventualmente si rende disponibile a farlo. Il defibrillatore a bordo non è obbligatorio in tutta Europa, ma fortemente raccomandato sui voli che durino più di 2 ore».

Sincope, gastroenterite e mal d’aria

Per fortuna l’arresto cardiaco non capita di frequente, anzi succede solo nello 0,3 per cento delle emergenze. Le statistiche ci dicono che il problema più diffuso è quello della sincope – il classico svenimento – che da sola riguarda il 37 per cento dei casi, seguita dai disturbi gastrointestinali, che in volo possono costituire un problema rilevante: nel 2023 un volo è stato costretto all’atterraggio d’emergenza per “rischio biologico”, a causa di un passeggero con la gastroenterite che aveva reso inagibili tutti i wc dell’aereo. Seguono poi in classifica i problemi respiratori e cardiovascolari, anche perché l’altitudine non è sempre facile da “metabolizzare”.

Alta quota come alta montagna

«In genere, gli aerei sono pressurizzati come se fossimo a 1.800-2.400 metri di altitudine. Noi non ce ne accorgiamo, ma per il nostro corpo equivale a essere in alta montagna: meno ossigeno, aria secca, e un salto di pressione atmosferica» spiega Alberto Benetti, direttore di Medicina interna -Alta complessità dell’Ospedale Niguarda di Milano. «Questo cambiamento può avere effetti anche su chi è in buona salute. Il problema più diffuso è il barotrauma, che può dare dolore alle orecchie, vertigini anche molto forti e fastidi ai seni paranasali. Chi ha il raffreddore o la sinusite può soffrire parecchio. In quel caso occorre masticare gomme o caramelle e deglutire spesso».

Acqua, movimento, fortuna

Ci sono poi i problemi di disidratazione, per cui bisogna ricordarsi sempre di bere molto. «Ma attenzione: non vino, superalcolici o caffè. Solo acqua» continua Benetti. «L’aria in cabina è molto secca e la disidratazione favorisce la coagulazione del sangue. E poi bisogna muoversi regolarmente: alzarsi ogni due ore, fare quattro passi nel corridoio. E se non si può, eseguire da seduti esercizi di estensione delle caviglie e rotazione dei piedi. Esercizi semplici, ma efficaci».

E non fa male affidarsi anche alla dea bendata: perché se la strumentazione non c’è, non ci resta che sperare nella presenza a bordo, magari, di un medico dell’emergenza. «Ho soccorso una persona durante un volo dall’Italia a Berlino» racconta Mario Guarino, vice presidente Simeu (Società italiana medicina di emergenza e urgenza). «Il paziente aveva avuto una sincope, l’abbiamo fatto sdraiare nel corridoio, ma a bordo non c’era nemmeno lo sfigmomanometro per misurare la pressione: l’ho trovato inaccettabile, dato che l’aereo è di per sé un ambiente “ostile”, per via della pressurizzazione e degli spazi ristretti. Far riprendere il passeggero non è stato facile, ma alla fine è andato tutto bene. Ora ci penso ogni volta che salgo su un aereo».

Anche perché il dovere deontologico è molto chiaro: se c’è bisogno, si interviene. Nonostante tutte le mancanze, l’ansia e l’ambiente ostile. Perché, a 10 mila metri, anche un solo medico che si alza per soccorrere chi sta male può fare la differenza.

Autore
Panorama

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