“Mai più con Roger Waters. La reunion dei Pink Floyd? Solo se fatta con l’Ai”: parla David Gilmour

  • Postato il 13 settembre 2025
  • Musica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un album da solista primo in classifica, un film-concerto girato in un luogo sacro come il Circo Massimo e una serenità quasi filosofica nell’avvicinarsi agli 80 anni. David Gilmour, leggendaria chitarra e voce dei Pink Floyd, avrebbe tutti i motivi per celebrare il presente. Eppure, in una rara e profonda intervista al Corriere della Sera, sceglie di ripercorrere il passato, tra ricordi, rabbie mai sopite e la definitiva chiusura a una reunion con Roger Waters. Il suo ultimo album, “Luck and strange”, nato durante la pandemia, ha conquistato la vetta delle classifiche britanniche. Un successo che non lo scompone: “Non mi sono mai preoccupato troppo delle statistiche. È bello però sapere di aver fatto qualcosa di importante per la vita di chi mi ascolta”. I concerti dell’anno scorso al Circo Massimo di Roma sono ora un film, e per lui suonare lì è stato “magico. Pensare di esibirsi in questi luoghi vivi da 2.000 anni, mi dà un senso di pace, lo preferisco di gran lunga all’impersonalità degli stadi”.

Ma il suo rapporto con l’Italia è fatto anche di ombre. Come il tristemente famoso concerto dei Pink Floyd a Venezia nel 1989: “E sono ancora arrabbiato con il Comune”, dichiara. “Avevamo fatto degli accordi che non vennero rispettati, specie sull’accoglienza dei fan: 100 mila persone senza bagni, abbandonate a sé stesse”. E liquida come “assurde” le polemiche sui danni ai monumenti. Più dolce il ricordo della collaborazione con Antonioni per “Zabriskie Point”, con il regista che “a volte si addormentava accanto alla mia chitarra” durante le session notturne.

L’intervista è l’occasione per fare chiarezza su alcuni dei capitoli più importanti della saga dei Floyd. A 50 anni dall’uscita di “Wish You Were Here“, Gilmour svela un mito: la celebre title-track non era dedicata solo a Syd Barrett. “Non è del tutto vero. Il pezzo ha a che fare con l’assenza in generale. ‘Vorrei che fossi qui’ era una frase con cui si chiudevano le cartoline in Inghilterra negli anni ’70”. La dedica esplicita a Barrett, invece, è “Shine on You Crazy Diamond”. E proprio su Syd Barrett, ricorda il suo fantasmatico arrivo ad Abbey Road durante le registrazioni: “All’inizio non lo riconoscemmo, era completamente cambiato. […] probabilmente fu lui a non riconoscere noi, viveva nel suo mondo”. Si sarebbe potuto salvare? “Con le conoscenze della psichiatria di oggi, sì. Allora probabilmente no”.

La ferita più aperta resta quella con Roger Waters. Riguardo alle sue dichiarazioni dello scorso anno (“Non suonerò mai più con chi sostiene i dittatori come Putin”), Gilmour è lapidario: “Confermo le stesse identiche parole anche ora”. Una reunion reale è quindi impossibile. Ma una virtuale, in stile ABBA? La risposta è sorprendente: “Perché no invece? Se fatta bene, con l’Intelligenza Artificiale, mi piacerebbe vedermi ai tempi dei Pink Floyd seduto tra il pubblico”. A quasi 80 anni, Gilmour si dice “sereno”. E regala un’ultima, profonda riflessione: “Un tempo pensavo di essere immortale. E sono arrivato alla conclusione che non bisognerebbe avere troppi soldi, troppo successo, troppa libertà quando si è troppo giovani. Perché non si sanno apprezzare”. Una lezione di vita da una delle più grandi leggende del rock.

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Il Fatto Quotidiano

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