Mafia e Ponte sullo Stretto, per Forza Italia “inevitabile” il rischio infiltrazione: “Nordio mandi più magistrati a Messina”
- Postato il 18 settembre 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Super garantista dall’inizio della legislatura, come si presuppone che sia un avvocato, per giunta deputato di Forza Italia. Tommaso Calderone del foro di Barcellona Pozzo di Gotto, comune messinese da 40mila abitanti, sede di un tribunale e pure di un carcere, a Montecitorio non manca mai di attaccare il presunto strapotere dei giudici e deposita emendamenti contro il dilagare delle intercettazioni. È ovviamente favorevole ai bavagli contro i giornalisti. Ma se si tratta del suo territorio e del rischio, che dà per scontato, che resti sguarnito contro mafia e corruzione in vista dei miliardi in arrivo con il Ponte sullo Stretto, allora la sua politica vira completamente. E scrive al suo Guardasigilli Carlo Nordio per chiedergli più magistrati e anche il potenziamento delle forze di polizia proprio contro i ghiotti appetiti delle cosche.
Ed eccolo allora insistere su una risposta “adeguata” dello Stato che, evidentemente, non lo è per niente. Due cartelle fitte fitte che si concludono con un vero e proprio richiamo a “voler valutare con urgenza un intervento straordinario per adeguare le risorse umane e strumentali della procura di Messina, del tribunale e delle forze di polizia al fine di dotare il sistema giudiziario di strumenti adeguati a fronteggiare in modo efficace le sfide che ci attendono, a tutela dei cittadini e dell’interesse nazionale”. Evidentemente non bastano né i pm presenti con il procuratore Antonio D’Amato, né tantomeno i giudici. Né sono all’altezza di quella che Calderone considera un’evidente minaccia sul fronte degli appetiti mafiosi e della possibile corruzione degli apparati amministrativi. A preoccuparsene adeguatamente dovrebbe essere anche il ministro leghista delle Infrastrutture Matteo Salvini, forse dimentico di essere stato anche titolare del Viminale.
Intanto Calderone, sostenitore strenuo della separazione delle carriere, lancia il suo allarme. E di suo pugno eccolo scrivere a Nordio l’accorato appello: “L’avvio dei lavori per un’opera di tale portata genererà un imponente flusso di investimenti e ciò, conseguentemente, esporrà inevitabilmente al potenziale rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata, non solo in termini di appalti e subappalti, ma anche attraverso l’alterazione del tessuto economico e sociale”. Assai significativi quei due avverbi – “conseguentemente e inevitabilmente” – che raccontano il futuro di un territorio dove precipita una pioggia di soldi. Un piatto ricco dov’è scontato che si buttino a capofitto mafiosi e corrotti.
A questo punto dei magistrati non si può fare a meno, anzi servono pure in gran numero. “Gli uffici giudiziari vanno potenziati” scrive Calderone, perché non c’è “esclusivamente” il rischio delle infiltrazioni mafiose, ma il territorio dello Stretto “potrebbe essere colpito da inattesi fenomeni di corruzione e tale grave circostanza comprometterebbe legalità, concorrenza e fiducia dei cittadini nelle istituzioni, generando malcontento anche nei confronti di quella che deve essere un’opera di grande significato simbolico per il Meridione”. Ben consapevole della coperta assai corta con cui convivono quotidianamente le toghe, Calderone scrive che “un organico non adeguato non solo ritarda le indagini, ma può compromettere la tempestività e l’efficacia dell’azione di contrasto, lasciando ampi spazi a una criminalità che si muove in modo rapido e sofisticato”. Eh già, proprio quello che le stesse toghe denunciano ogni giorno, mentre il Guardasigilli sforna leggi che richiederebbero un organico triplo rispetto a quello attuale.
La lettera-appello si chiude con una sorta di aut aut: “Il potenziamento della procura e degli altri presidi di legalità è da intendersi non già come una spesa, ma come un importante investimento strategico per garantire che questa grande opportunità di sviluppo si traduca in crescita economica, lavoro e legalità, e non in un’occasione per illeciti arricchimenti”. Poiché il Ponte sullo Stretto non riguarda la sola Messina, forse l’appello di Tommaso Calderone dovrebbe essere esteso a Reggio Calabria e agli altri uffici giudiziari della zona, come Palmi e Locri. Con un patto: finché si costruisce il Ponte serve una moratoria, non si attaccano i magistrati e non si depotenziano le norme (vedi i 45 giorni imposti per le intercettazioni e il via libera del gip sugli smartphone) indispensabili contro mafia e corruzione.
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