Maduro, la Corte Penale e i diritti umani in Venezuela. Il racconto di Sujú
- Postato il 30 ottobre 2024
- Esteri
- Di Formiche
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Tamara Sujú è una giovane penalista venezuelana specialista in diritti umani. Nata a Caracas nel 1966, vive dal 2014 in Repubblica Ceca come rifugiata politica. È fondatrice di diverse ong, tra cui Fundación Nueva Conciencia Nacional e Damas de Blanco de Venezuela, che raggruppa le mogli, mamme e figlie dei prigionieri politici nel Paese sudamericano. Ora è direttrice dell’osservatorio dei diritti umani del Centro di Studi per l’America latina.
Dall’esilio, è impegnata nel raccogliere i casi di tortura registrati In Venezuela dal 2002 ed ha assistito alla formalizzazione della denuncia contro Nicolas Maduro alla Corte Penale Internazionale a luglio del 2016. Secondo lei, i primi crimini contro l’umanità sono cominciati in Venezuela quando il presidente Hugo Chavez è arrivato al potere. “Il primo perseguitato è un giornalista, nel 2000, il proprietario del giornale La Razon. Poi ci sono stati gli eventi dell’11,12 e 13 aprile del 2002, le prime torture come avvocato li ho registrati in quel momento. E le vittime sono state militari perché lui voleva smantellare la struttura militare fondata sulla meritocrazia”.
Oggi, il “dossier degli orrori” di Sujú conta su migliaia di casi sequestro e tortura, tra cui bambine violentate, e dirigenti politici uccisi, come nel caso recente del giovano leader Edwin Santos. In un’audizione informale alla Commissione di Affari esteri della Camera dei Deputati, l’avvocata ha raccontato di come i prigionieri venezuelani mangiano cibo marcio, pieno di vermi, hanno diritto solo a due bicchieri di acqua al giorno (non potabile), si lavano tutti con lo stesso spazzolino da denti (più di 200 carcerati) e sono dimagriti fino a 30 chili da quando sono entrati in galera.
“Stanno annullando passaporti ad avvocati, giornalisti, dirigenti politici. Tre avvocati con cui collaboro si sono visti annullare il passaporto. Potrei passare ore e ore a raccontare l’orrore in Venezuela – ha continuato Sujú -. In Venezuela deve tornare il sistema di diritti. Abbiamo vinto le elezioni, spero che non ci siano dubbi a riguardo nella comunità internazionale”.
Per l’avvocato, il regime venezuelano ha sequestrato il potere giudiziale. Ed è per questo, secondo Sujú, che i membri del governo di Maduro hanno paura specialmente dalla giustizia internazionale: “Il regime teme le sanzioni individuali e le sanzioni economiche. Ma soprattutto le sanzioni individuali, proprio in tema di giustizia universali. Per questo è importanti continuare con queste sanzioni. Giudici, procuratori, loro pensano di essere intoccabili, ma hanno paura della giustizia internazionale. La Corte Penale Internazionale ha dimostrato che il regime non è interessato a cercare i responsabili di questi crimini. Loro dicono che sono eccessi della polizia. Ma attraverso la linea di azione della Corte Penale Internazionale si può fare molto”.
Sujú ha sottolineato come la chiave è proprio nella giustizia internazionale, che il regime di Maduro non può controllare, e ha ricordato come siano stati aperti processi in altri Paesi, tra cui Argentina e Perù.
All’Italia, Sujú ha chiesto di “promuovere nella Commissione europea più azioni personali contro queste persone. Giudizi, che si sono prestati a questa situazione e a queste torture. Bisogna chiedere di rispettare lo Statuto di Roma, che si aderisca alle indagini della Corte Penale Internazionale”. L’avvocata ha chiesto all’Italia di essere il primo Paese europeo ad aderire a queste indagini, seguendo l’esempio di sette Paesi latinoamericani. “Noi come istituto stiamo ricevendo informazioni da parte di persone che fanno parte del regime che non c’è ancora un mandato di arresto (contro Maduro, ndr). È molto importante accompagnare questo processo […] L’Italia dovrebbe accompagnare questo processo, sostenere il lavoro che sta facendo la Corte Penale. Sarebbe fondamentale per il popolo venezuelano”, ha aggiunto.
L’esperta in diritti umani crede che il miglior modo per aiutare il Venezuela sia quello di promuovere una transizione pacifica: “Sarebbe l’ideale. Ma questo passa per forza dalle sanzioni, da mettere contro il muro il regime. Non bisogna abbassare la guardia. I venezuelani pensano che ci siamo dimenticati di loro, c’è il suono del silenzio. Maduro vuole organizzare le elezioni regionali per voltare pagina ma in questo momento non ha alcuna logica”.
Per concludere, Sujú ha voluto specificare come la situazione al Venezuela è un tema di geopolitica internazionale. Dice di avere le prove degli insediamenti iraniani e russi in territorio venezuelano e di come il traffico di oro e altre materie prima finanzia la Russia e la Turchia. “Il Venezuela fa parte di un triangolo del male. Non dovete vederci come un problema isolato, facciamo parte di una struttura criminale mondiale. E i criminali reagiscono solo se si agisce con la forza. Noi abbiamo la forza della speranza perché sappiamo di avere vinto le elezioni”.
“Abbiamo fatto l’impossibile durante queste elezioni, senza osservatori, e abbiamo vinto – ha detto Sujú-. Adesso la comunità internazionale deve fare la sua parte. Fare sì che il 10 gennaio l’unico presidente del Venezuela riconosciuto sia Edmundo González Urrutia”.