L’uomo che ha portato il calcio nel futuro: Pep Guardiola raggiunge quota mille panchine in carriera

  • Postato il 8 novembre 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Premia de Mar, località di mare distante 28 km dal centro di Barcellona, comunità di 28mila abitanti e uno stadio che è un successo quando ci sono trecento spettatori, ha conquistato un posto nella storia del calcio: il 2 settembre 2007, alla guida del Barcelona B, campionato di Tercera Divisiòn, Pep Guardiola fece il suo debutto da allenatore. La partita numero 1 in panchina di Pep finì, per la cronaca, 0-0. Domenica 9 novembre 2025, contro il Liverpool, il tecnico del Manchester City raggiungerà quota 1000. Diciotto anni e due mesi dopo, per un totale di 6643 giorni, Guardiola è riconosciuto universalmente come l’uomo che ha cambiato la storia dello sport più popolare del mondo. L’allenatore catalano sarà celebrato in pompa magna dal suo club nella sfida di domenica all’Etihad: il Manchester City, guidato dal 2016 da Pep, ha preparato un’edizione speciale del magazine che sarà distribuito e venduto allo stadio.

La parola che accompagna Guardiola nella sua parabola è quella di “rivoluzionario”. Ha portato il calcio nel futuro, riuscendo nell’impresa di far convivere le idee con i risultati. La teoria e la pratica. Ha vinto 715 partite delle 999 vissute in panchina. Ha festeggiato 40 trofei – secondo nella speciale classifica guidata a quota 49 da Alex Ferguson -, con la media strabiliante di uno ogni 25 gare. Ha impresso un marchio di fabbrica inconfondibile al suo calcio. Ha ispirato le carriere di almeno due generazioni di giovani colleghi. Ha costretto i suoi contemporanei ad aggiornarsi. È diventato l’uomo simbolo della Catalogna, sconfinando anche nella politica, con il sostegno alla causa indipendentista. Ha sedotto giornalisti, intellettuali, scrittori: si è scritto di lui e su di lui a tutte le latitudini.

Pep, che il 18 gennaio 2026 celebrerà i 55 anni, ha guidato tre club, oltre al Barcellona B degli inizi: Barcellona, Bayern Monaco e, dal 2016, Manchester City. Nella prima formazione del Barça B mandata in campo il 2 settembre 2007, c’era un ragazzino magro e scattante: Pedro, oggi alla Lazio. All’epoca, lo chiamavano Pedrito e quel giorno accadde un episodio curioso: cadde a terra proprio di fronte alla panchina. Guardiola lo aiutò a rimettersi in piedi e gli urlò “Corri in difesa, altrimenti ci fregano”. Il Barcellona B ottenne la promozione vincendo i playoff, ma prima della fase decisiva, nell’aprile 2008, Pep fu contattato dal presidente Laporta. Il numero uno del Barcellona si presentò nella clinica dove era appena nato il terzo figlio di Guardiola. Consegnò un mazzo di fiori alla moglie, Cristina Serra e chiese a Pep un colloquio in privato. “Stiamo pensando di affidarti la guida della prima squadra”, le parole di Laporta. “Non avrai le palle per farlo”, rispose Pep. Un mese dopo, l’8 maggio 2008, il Barcellona annunciò l’addio di Rijkaard e l’investitura di Guardiola.

Fu subito boom. Nella stagione 2008-2009 il Barcellona festeggiò il Triplete: Liga, Copa del Rey e Champions, nella finale di Roma contro il Manchester United, superato 2-0. Il calcio di Pep, figlio delle idee di Johann Crujiff e rielaborato dal giovane tecnico catalano in chiave moderna, divenne la nuova frontiera. Il supporto, fondamentale, fu offerto da un gruppo di fuoriclasse: Leo Messi, Xavi, Iniesta, Henry e, meno appariscente, ma determinante, Sergio Busquets. Dopo il quadriennio al Barcellona e un break di dodici mesi per imparare la lingua inglese, un triennio in Germania, al Bayern Monaco. Nel 2016, l’approdo al Manchester City, trascinato da Pep alla conquista di una Champions, un Mondiale per club, una Supercoppa Uefa, sei campionati, quattro coppe di Lega, tre Community Shield e due FA Cup.

Pep ha avuto nel corso di queste mille partite due grandi avversari tra i colleghi e due acerrimi rivali tra i club. Nel primo caso, José Mourinho e Jurgen Klopp. Nel secondo, il Real Madrid e il Liverpool. Le sfide con Mourinho sono state epiche: hanno prodotto fiumi di inchiostro, dibattiti televisivi, libri. Un’opposizione a tutto campo: ideologica, stilistica, persino politica. Con Klopp, la contesa è stata sullo stesso terreno, seppur con diverse sfumature: al tiqui-taca di Pep, l’allenatore tedesco ha risposto con il gegenpressing. “Klopp è stato l’avversario più forte e stimolante. Ha fatto di me un tecnico migliore. Lo ricorderò così anche quando abbandonerò il calcio e passerò le giornate giocando a golf”.

Pep non ha dubbi neppure quando gli viene chiesto quale sia il suo stato successo più importante: “Il titolo conquistato con il Barcellona B ha dato una svolta alla mia carriera. Tutto è cominciato lì”. Al match programme che sarà distribuito in occasione della gara contro il Liverpool, Guardiola ha affidato queste parole: “Sono molto orgoglioso della mia carriera. Non avrei mai immaginato di vincere così tanto, ma è stato bellissimo. Non cambierei un solo momento. Voglio ringraziare tutti coloro con cui ho lavorato in questi diciotto anni. E voglio anche ringraziare la mia famiglia: mi sostiene incondizionatamente in tutto ciò che faccio”.

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Il Fatto Quotidiano

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