L’Unione Europea delude anche gli eurofanatici
- Postato il 29 luglio 2025
- Di Panorama
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Sono andato a rileggermi le dichiarazioni rese dall’opposizione dopo l’introduzione dei dazi americani. Non so se ricordate. Più che prendersela con Donald Trump, i compagni in aprile criticarono Giorgia Meloni. Il presidente del Consiglio fu incolpato di essere stato troppo tenero con il tycoon. «Ha passato mesi a baciare la pantofola di Trump e ora che Trump l’ha scaricata brancola nel buio e non sa come muoversi», disse Alessandro Zan, deputato del Pd di stanza a Bruxelles. E quando il premier a sorpresa decise di volare a Washington e incontrare il presidente americano, primo leader europeo a essere ricevuto alla Casa Bianca, Anna Ascani, sempre del Pd, commentò con asprezza: «L’incontro con Trump? Nessun risultato. Non dev’essere Meloni a trattare sui dazi, ma l’Unione europea». Il refrain circa la necessità che fossero i vertici Ue a negoziare le tariffe commerciali con gli Stati Uniti è stato ripetuto per settimane. I capigruppo del Pd in Parlamento insieme con quello di Bruxelles (ovvero il trio Lescano Braga, Boccia e Zingaretti) fecero addirittura un comunicato congiunto per definire «sconcertante l’atteggiamento del presidente del Consiglio», ritenuto troppo incerto e ossequioso. «Invece di rendere più forte la risposta europea, accetta di andare a Washington con il cappello in mano. Gli interessi italiani si difendono schierandosi chiaramente con l’Europa e non pietendo una carezza». Elly Schlein ci mise del suo, dicendo che serviva un intervento rapido e forte, ribadendo che la via corretta era quella europea: «L’Unione deve negoziare con Washington e preparare contromisure, anche nel settore digitale e dei servizi finanziari». Ovviamente condannò l’atteggiamento di Giorgia Meloni, definendolo un rischio per l’interesse nazionale, accusandola di anteporre «amicizie» personali con gli Stati Uniti a benefici concreti per l’Italia.
Insomma, il premier avrebbe dovuto fare un passo indietro e lasciar lavorare la Ue, vale a dire Ursula von der Leyen e i suoi commissari, perché soltanto annacquando gli interessi del nostro Paese dentro quelli più complessivi di Bruxelles saremmo riusciti a spuntarla. Il Pd era anche favorevole alla linea dura, bisognava cioè mostrare i muscoli e non cedere di fronte all’arroganza di quel bullo di Trump. Il risultato lo abbiamo visto. L’Europa, divisa da mille interessi, quelli francesi da una parte e quelli tedeschi dall’altra, con l’Irlanda che non vuole affatto dazi sulle Big Tech, perché è grazie alla fiscalità favorevole per le varie Amazon che riesce a tenere in piedi il proprio bilancio, siamo giunti a una mediazione che non media proprio nulla, ovvero a una tariffa del 15%. Che però potrebbe essere più alta in alcuni settori. In pratica, se non una resa, quasi. Per mesi la Ue ci ha illuso di disporre di un’arma segreta, di essere pronta a uno scontro e a sentire quel galletto francese che risponde al nome di Emmanuel Macron avremmo dovuto dichiarare guerra agli Usa.
Era di tutta evidenza che impostato così, con la pretesa di difendere gli interessi di tutti (e dunque di nessuno), il negoziato sarebbe finito male. Come abbiamo spiegato fin dall’inizio, ad avere il coltello dalla parte del manico era l’acquirente, cioè Trump. Essendo noi i venditori, non avevamo la possibilità di imporre con la forza le nostre condizioni e dunque più dei muscoli serviva il cervello. Ovvero l’astuzia di sapere trattare e di essere capaci di separare gli interessi, privilegiando quelli dei singoli Paesi o dei prodotti di maggior appeal. Purtroppo, è passata la linea del Pd (e anche di Mattarella) e il risultato è un mezzo disastro. Invece di puntare a ottenere i dazi al 10% (come è riuscita la Gran Bretagna), grazie a Macron abbiamo pure fatto resistenza, con il risultato di chiudere al 15 e non su tutto. Dicono che l’Europa sia stata umiliata da Trump e il 27 luglio verrà segnalato nei libri di storia come una resa senza condizioni. Può essere, ma forse dovrebbe essere ricordata come la data in cui si è presa coscienza che l’Europa tanto osannata dalla sinistra come entità politica, economica e militare non esiste. È un insieme di Stati che si è dotato di una moneta unica e di frontiere aperte, che non ha una Costituzione ma pretende di avere una Corte di giustizia che la applica. Non ha un governo ma un presidente e dei commissari che non rispondono agli elettori. Al dunque, è una ciofeca e com’era inevitabile, avendo demandato alla Ue la trattativa sui dazi, ne è uscita una super ciofeca che pagheremo caro. Anzi, stiamo già pagando, senza che nessuno di quelli che sostengono la Commissione europea chieda scusa.