L’ultimo svarione di Abodi: sbaglia la nomina del nuovo presidente Coni. I pasticci e le gaffe del ministro dello Sport
- Postato il 7 agosto 2025
- Sport
- Di Il Fatto Quotidiano
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Non bastava il pasticcio sul Decreto Sport, smontato dai rilievi del Quirinale. Il ministro dello Sport, Andrea Abodi, non manca di buona volontà, si impegna su mille fronti (pure troppi), ma continua a rimediare soprattutto insuccessi e gaffes. L’ultima: ha sbagliato persino la nomina del nuovo presidente del Coni.
Lo scorso giugno, lo sport italiano ha scelto come successore di Giovanni Malagò l’ex n.1 della canoa, Luciano Buonfiglio, che sta già lavorando da capo del Comitato Olimpico Italiano, anche se non è ancora insediato nella pienezza del suo ruolo. Da statuto, infatti, dopo l’elezione da parte del Consiglio Nazionale, deve essere formalmente nominato con decreto del Presidente della Repubblica, a cui l’autorità competente, cioè appunto il ministro dello Sport, avrebbe dovuto trasmettere l’atto. Qui lo svarione: Abodi l’ha mandato prima alle Camere, applicando la norma sbagliata. Ha seguito la legge sugli enti pubblici (che prevede appunto un parere obbligatorio del parlamento), mentre il Coni è regolato dalla Legge Melandri del ’99, per cui si va direttamente alla firma del Colle. Tant’è vero che, una volta accortisi del qui pro quo, per abbreviare i tempi è stata annullata l’audizione in commissione del diretto interessato, che era stato frettolosamente (e inutilmente) convocato.
È solo una curiosità, senza alcuna conseguenza pratica, ma fa capire la confusione che regna dalle parti del Ministero, dove Abodi quest’estate sta collezionando una serie di brutte figure, come ricordato anche dal quotidiano Domani. Abbastanza indicativo, del resto, quanto accaduto col Decreto Sport, principale provvedimento della gestione Abodi, che, oltre a non portare tutti questi grandi benefici al movimento (è stata soprattutto l’occasione di risolvere i guai delle Olimpiadi di Milano-Cortina e occupare politicamente le Atp Finals di tennis), si è trasformato pure in un caso istituzionale. A causa, anche, delle dichiarazioni dello stesso ministro, che aveva assicurato si sarebbe andati avanti nonostante i rilievi, irritando il Colle e venendo poi smentito dai fatti. Come successo già poche settimane prima, quando la norma sul commissario per gli stadi, annunciata urbi et orbi da Abodi, era saltata all’ultimo momento perché sempre il Quirinale non aveva riscontrato motivi d’urgenza. Difficile dargli torto, se si pensa che l’altra norma al centro del Decreto Sport, la Commissione di controllo sui bilanci delle squadre di calcio, era già stata oggetto di un decreto d’urgenza oltre un anno fa, e ancora non si è insediata.
Per colpa di questi scivoloni ma non solo, Abodi è ormai in disgrazia anche col partito, che non gli perdona soprattutto alcune scelte poco popolari fra i meloniani. Come l’idea di puntare per la successione al Coni su Luca Pancalli, dirigente stimato (ex n.1 del Comitato paralimpico) ma di nota provenienza di centrosinistra, che ha rimediato una sonora sconfitta nonostante l’appoggio governativo. E questo grazie ai voti di Malagò, che proprio Abodi ha messo alla porta, ma anche di Franco Carraro, che secondo il ministro non avrebbe potuto candidarsi (“ogni cosa ha il suo tempo”, aveva detto), e invece non soltanto si è presentato alle elezioni, ma è stato pure decisivo. Discorso che potrebbe allargarsi all’inclusione nello staff di Massimiliano Atelli e dell’ex assessore grillino Daniele Frongia (non proprio due camerati), o all’iniziale nomina del prof. Lago alla Commissione sui bilanci della Serie A (bollato come “comunista” e per questo affossato dai parlamentari Fdi). Come se non bastasse, adesso starebbe pensando di affidare il Dipartimento per le politiche giovanili (lasciato libero da Michele Sciscioli, fresco amministratore delegato del Poligrafico) a Giuseppe Pierro, ex capo Dipartimento di Vincenzo Spadafora, tutt’ora vicino all’ex ministro giallorosso e al suo nuovo soggetto politico “Primavera”. Una scelta che sarebbe vista come un ulteriore dito nell’occhio dai vertici meloniani.
Persino di fronte all’opinione pubblica la sua popolarità è crollata dopo alcune dichiarazioni avventate, come la morale ai calciatori scommettitori (mentre il suo governo ripristina gli sponsor del betting) o l’assenza istituzionale allo storico trionfo di Sinner a Wimbledon, giustificata con una vacanza in famiglia. Speriamo vada meglio dopo le ferie.
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