Luigi De Magistris: «Io tradito da pezzi dello Stato»
- Postato il 4 novembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Luigi De Magistris: «Io tradito da pezzi dello Stato»

L’ex magistrato ed ex sindaco, Luigi De Magistris, a Miglionico per presentare il suo libro “Poteri occulti” denuncia: «Io, tradito da pezzi dello Stato». E spazia a tutto campo dalla massoneria deviata alla corruzione e tanti “quaquaraquà”
Presenze invisibili ma forti che influenzano la vita del Paese e che fanno parte di un sistema ormai consolidato e efficace ancora oggi.
Ne parla nel suo libro “Poteri occulti – Dalla P2 alla criminalità istituzionale: il golpe perenne contro Costituzione e democrazia” (Fazi editore) Luigi de Magistris, ex magistrato e sindaco di Napoli, che al Castello del Malconsiglio per presentarlo in un incontro promosso dal Book Club della cittadina e dall’amministrazione comunale.
Lo sguardo a 360 gradi che De Magistris compie, passa anche attraverso la massoneria deviata, gli anni dell’impegno in magistratura, quelli da sindaco di Napoli che ha guidato per 11 anni e la riforma della giustizia.
Un titolo inequivocabile, quello del suo libro, che cristallizza un tema di cui si parla poco: i poteri occulti che sono accanto a noi ma si sono mimetizzati sempre meglio
«Lo hanno fatto fino ad arrivare al cuore dello Stato, assumendo la dimensione di criminalità istituzionale: un sistema che diventa sempre più istituzione e sceglie una strategia di conquista dello Stato e non di attacco. Sono diventati talmente forti che stanno anche emergendo un po’. Occulti sì, ma portano in luoghi che stanno cominciando a conquistare, temi e contenuti che hanno costruito con anni di strategie massoniche e di logge occulte; molti punti che, a partire da Licio Gelli furono costruiti da una loggia poi definita eversiva, oggi sono candidamente discussi come riforma legittima dello Stato nelle aule del Parlamento e a Palazzo Chigi; vuol dire che abbiamo una forte legittimazione apparente e legale dei poteri occulti che continuano a essere in forte violazione dell’assetto della democrazia prevista dalla Costituzione».
La massoneria, intanto, non ha mai perso la sua forza
«Io parlo delle massonerie deviate, di massomafie ma è vero però che non di rado ci sono persone che hanno assunto un ruolo di primo piano nelle logge occulte e che ricoprivano ruoli nella massoneria ufficiale. Il fatto che quelle deviate abbiano acquisito un peso così forte nelle dinamiche eversive del nostro Paese, stragiste e di attentato alla Costituzione, pone una riflessione sull’incapacità della massoneria ufficiale di porre argine in questi anni, a fenomeni di questo tipo».
La rete delle complicità mostra la sua efficacia e non conosce appartenenze politiche
«Commette un delitto chi ritiene che la questione morale appartenga solo a una parte politica. È un falso conclamato. La questione morale ha attraversato e sta attraversando in questo momento il potere e i partiti in modo trasversale. Anzi sempre meno si colgono le differenze fra schieramenti apparentemente opposti. Se si va in Parlamento, si trovano su sponde opposte ma molto spesso uniti nel degrado morale del nostro Paese e dal coinvolgimento in fatti penalmente rilevanti. La questione morale è diventata profondamente cementificata nel sistema politico di potere. Nessuno è stato in grado di affrontare in maniera forte questo tema. Basta osservare ciò che sta accadendo nella mia regione, la Campania, con le elezioni imminenti, per vedere le alleanze costruite nei vari schieramenti di centrodestra e centrosinistra per rendersi conto che ormai non esiste più il codice etico, né gli impresentabili o un briciolo di coerenza e etica. Se poi approfondiamo, ci rendiamo conto che anche chi continua a dirsi fuori dal sistema, fa alleanze con chi è pesantemente coinvolto in fatti penalmente molto gravi».
Corruzione politica e depenalizzazione dell’abuso d’ufficio, sono elementi che sembra contribuiscano a alleggerire la gravità di alcuni reati e fenomeni radicalizzati nei territori
«Sull’eliminazione dell’abuso d’ufficio, tutti gli schieramenti politici erano d’accordo, al di là delle votazioni in Parlamento. Ne sono testimone perché quando ero sindaco di Napoli, durante un’assemblea nazionale dell’Anci, si parlò della posizione che avremmo dovuto assumere. Credo di essere stato l’unico sindaco a intervenire pubblicamente contro la cancellazione dell’abuso d’ufficio. È uno dei casi in cui i poteri e la politica sono stati concordi. Ma se andiamo a vedere le riforme del Governo Meloni ma anche quelle del Governo Draghi col ministro Cartabia, o più indietro con Berlusconi, e Prodi con Mastella, c’è un filo conduttore che li unisce: costruire una giustizia di classe, con la spada di ferro verso i deboli e il guanto di velluto nei confronti dei potenti. Le varie riforme sulla magistratura, dal 2007 ad oggi, portano tre firme: Mastella, Cartabia e Nordio. I colori politici dovrebbero essere diversi ma tutti hanno lo stesso filo che li unisce: una magistratura verticalizzata, burocratizzata, conformista, più attenta alla carriera e alla statistica, che deve essere attaccata e intimorita se si occupa dei colletti bianchi. I poteri vogliono un pubblico ministero addomesticato».
Lei è entrato in magistratura 33 anni fa quando aveva 25 anni. Si è mai sentito solo nei suoi anni di attività?
«Ho avvertito una dolorosissima solitudine istituzionale ma mai il distacco con le persone. La prima, però, ha caratterizzato gli anni più difficili della mia vita di magistrato, in cui ero in Calabria, e che hanno portato al mio omicidio professionale perché colpito da pubblico ministero con proiettili istituzionali che sono le modalità con cui operano non solo i poteri occulti ma anche la criminalità istituzionale che colpisce i servitori onesti della Repubblica non con pistole e mitragliatrici ma con le carte da bollo. Sono stato tradito da pezzi di Stato. Se mi hanno tolto alcune inchieste e non faccio più il pubblico ministero non è responsabilità della ‘ndrangheta con la coppola e la lupara ma della criminalità che, pezzo dopo pezzo, ha cominciato a conquistare parti rilevanti delle nostre istituzioni».
Come sindaco è andata meglio?
«Ci hanno provato anche in quel caso, ma con una differenza: io sono sempre stato autonomo e indipendente in magistratura e questo ha portato al mio isolamento, diventando così un bersaglio mobile che hanno colpito e affondato. Da sindaco, invece, sono sempre stato stretto al popolo e questo rapporto mi ha dato una grande forza. Mi hanno ostacolato, messo tanti trabocchetti, insidie, hanno cercato di mettermi in difficoltà ma non ci sono riusciti. Quello che desta amarezza, in ambito politico, è che io sia stato sempre percepito, e negli ultimi tempi ancora di più, in questo sistema più che risorsa quale potrei essere, solo un peso. E questo dovrebbe far riflettere. La gente si avvicina, ha notato la mia coerenza, credibilità e onestà ma il sistema pensa a quelli che vanno in tv a parlare di onestà, cambiamento e innovazione e poi ci sono i politicanti del quaquaraquà, che hanno un oceano di distanza fra le parole e i fatti».
Da quando è uscito il suo libro ha avuto qualche reazione che le ha fatto capire che aveva toccato un nervo scoperto?
«Questi segnali li ho ormai da 30 anni, non hanno mai smesso. Ricordo una specie di vaticinio di un avvocato che venne a salutarmi quando mi stavo preparando ad andare via dalla Calabria perché il Csm mi aveva cacciato dalla magistratura per incompatibilità ambientale. Mi disse: ‘Sa dottore, il suo problema è che si è messo contro le massonerie e i miei capi’. Poi aggiunse, riferendosi ai poteri massonici: ‘Questi hanno l’abitudine che non la lasceranno mai, l’accompagneranno per sempre, fino a quando lei si occuperà della cosa pubblica’. Ormai li considero, quindi, quasi una pertinenza della mia vita. Tutti però devono sapere che ci sono persone come me che non si sono fatte comprare. Il sistema non può controllare tutto, noi rappresentiamo il fiato sul collo delle persone per bene».
Non possiamo non affrontare il tema delle riforma della giustizia né pensare a una delle ricadute di cui si parla: la lentezza dei processi. Lei è stato magistrato, oggi come considera e valuta questo passaggio?
«Con il miglior funzionamento della giustizia non c’entra nulla, non la migliora anzi la peggiora. Basta vedere le leggi che hanno fatto sulle modifiche al codice di procedura penale come quelle sull’interrogatorio dell’indagato prima che venga emessa una ordinanza di custodia cautelare. Una genialata della follia. Come a dire che prima di arrestare ad esempio un grosso spacciatore, lo si chiama per avvisarlo che si sta per arrestarlo. È l’apoteosi di questo Governo che blatera parlando della sicurezza e della forza dello Stato. Anche le ultime riforme costituzionali che ne modificano l’assetto non hanno nulla a che vedere con una giustizia più equa, più giusta, più efficace e celere. In realtà siamo alle solite: il Governo delle destre, avendo una maggioranza forte e un’origine, da Berlusconi in poi, di un forte attacco all’autonomia e all’indipendenza della magistratura, lascia prevedere che si andrà a peggiorare enormemente il funzionamento della giustizia che si occuperà della criminalità comune e di chi è sgradito al potere, con rischio della tenuta democratica. Stiamo scivolando sempre più su un potere autoritario che ama processare i dissidenti e le voci contrarie come vediamo dalle intimidazioni ai giornalisti liberi e coraggiosi, ai magistrati autonomi. Non vedo nulla di buono in riforme di un ministro che, anche quando faceva il pubblico ministero, lo ricordo bene, era noto per scrivere editoriali su un giornale di proprietà di Silvio Berlusconi. Non lo ricordo come una figura particolarmente illuminata».
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Luigi De Magistris: «Io tradito da pezzi dello Stato»