L’Ue lancia Patto per Mediterraneo. Limiti e opportunità secondo Dworkin
- Postato il 17 ottobre 2025
- Esteri
- Di Formiche
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La Commissione europea ha presentato il nuovo Pact for the Mediterranean, con l’obiettivo dichiarato di ridefinire le relazioni con i Paesi della sponda sud in un momento di crescente instabilità globale. Il piano – descritto come un cambio di paradigma nel rapporto tra Bruxelles e la regione – prevede una serie di progetti nei settori dell’energia, della digitalizzazione, dell’acqua, della sicurezza alimentare, della formazione e della gestione dei confini, da sviluppare in dieci Paesi mediterranei, tra cui Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Tunisia e Siria. L’iniziativa mira a rafforzare l’integrazione economica e politica nello “spazio mediterraneo comune” e a rilanciare un partenariato fondato su co-creazione, corresponsabilità e cooperazione paritaria, aprendo al coinvolgimento di partner del Golfo, dei Balcani e del Mar Nero.
Dietro la retorica dell’uguaglianza e della co-proprietà, il Pact riflette la volontà dell’Unione di rafforzare la propria influenza in un’area dove competono attori globali come Cina e Russia. Bruxelles punta a un approccio più pragmatico, basato su investimenti e interdipendenza economica, ma la scelta di mettere in secondo piano la condizionalità democratica ha sollevato critiche da parte di aree della società civile. Diversi osservatori vedono infatti nel nuovo schema un ritorno alla logica della cooperazione tra Stati, più che a un impegno verso le popolazioni locali, con il rischio di ripetere i limiti del Processo di Barcellona del 1995. Eppure siamo in una fase storica in cui il pragmatismo domina.
Anthony Dworkin, senior policy fellow dello European Council on Foreign Relations, sottolinea che “gli obiettivi europei di stabilità e sviluppo, così come la riduzione dei flussi migratori, dipendono da un accordo migliore per le popolazioni della regione”. Il nuovo Pact for the Mediterranean, spiega, “è pensato per segnare un nuovo inizio per l’Europa e per il suo impegno a lavorare con i Paesi della sponda sud in modo pragmatico, su progetti di interesse condiviso”. Nella sua analisi, pubblicata il 15 ottobre 2025 con il titolo “The Power of the Possible: A step-by-step approach to strengthen human rights in the Middle East”, Dworkin propone una strategia per riallineare le aspirazioni europee in materia di diritti umani con il loro impatto reale, evitando che restino principi astratti.
L’esperto avverte tuttavia che la stabilità del Mediterraneo non può essere costruita ignorando le tensioni interne e le disuguaglianze che attraversano la regione. “Come dimostrano le attuali proteste in Marocco, le popolazioni locali si trovano a fare i conti con una governance carente, la mancanza di opportunità e un contratto sociale ormai logoro”, osserva Dworkin. Per questo motivo, aggiunge, il Pact dovrebbe tradursi in “uno sforzo rinnovato per orientare la cooperazione europea verso aree che davvero diano potere alle persone — anche sfidando gli interessi consolidati che soffocano le possibilità di crescita e cambiamento”.
Nella sua valutazione, l’approccio dell’Unione riflette una tensione irrisolta: il Pact è presentato come un “partenariato tra eguali”, che sembra segnare l’abbandono della condizionalità sui diritti umani come criterio per l’impegno europeo nella regione. Dworkin non contesta la necessità di una cooperazione più orizzontale, ma invita Bruxelles a non rinunciare al proprio ruolo trasformativo. Secondo lui, l’Europa può ancora incidere sul rafforzamento dei diritti economici e sociali nel Mediterraneo, a condizione che riesca a guardare oltre la dimensione transazionale e a muoversi in una prospettiva di cambiamento sociale più ampia e duratura.