Luca Beatrice: Marinetti e Musk, futuristi ed eresie

  • Postato il 12 gennaio 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Luca Beatrice: Marinetti e Musk, futuristi ed eresie

Testimonianza di quanto il Novecento abbia costituito il vero attraversamento di epoche per giungere alla contemporaneità, sono ancora le figure di quel secolo a far discutere e infiammare un dibattito culturale altrimenti fiacco. Tra Marinelli (l'attore di M.) e Marinetti ci passa appena una consonante raddoppiata e in mezzo un mondo, certamente a favore dell'inventore del Futurismo con il Manifesto del 1909, influente nella cultura italiana per diversi decenni nonché tra le prime (o forse prima) avanguardia d'Europa, dunque del mondo. Gli storici dell'arte usano almeno due termini che fanno pensare agli eserciti e non ai musei: avanguardia, ovvero la parte più avanzata dei combattenti, chi rischia, prende le mazzate e spesso muore; militante, cioè chi sta da una parte e non dall'altra, sempre e comunque immerso nel presente, disposto al sacrificio per la propria causa.

Filippo Tommaso Marinetti inventò un ruolo che prima non c'era e che ha cambiato il corso degli eventi: primo esponente, front man e riferimento di un movimento artistico pur non essendo artista, teorico e pragmatico, agitatore e partecipante nella vita sociopolitica di un paese, poeta, letterato, sovvertitore di linguaggi e performer. Consapevole di una straordinaria e meravigliosa incoerenza: in alto i proclami, le frasi roboanti, le provocazioni che irruppero come un ordigno nell'arte italiana degli anni '10 del secolo XX. Nella realtà, il suo Futurismo si traduce in forme ancora tradizionali, una per tutte la pittura che il realismo lo stava perdendo per strada ovunque con il bisogno di appiccicarci una teoria. Boccioni, Balla, Carrà, Severini firmano il Manifesto dei pittori futuristi perché era ancora la pittura il mezzo privilegiato d'espressione, il solo Luigi Russolo scavalla verso una macchina, il celebre Intonarumori. Nel 1912, al battesimo internazionale presso la Galerie Bernheim-Jeune sono dandy elegantissimi, perché alla rivoluzione si va in abito di gala. La morte di Boccioni in guerra nel 1916 chiude simbolicamente la prima fase del Movimento, quella incendiaria e sperimentale, il Secondo Futurismo avrà una durata molto lunga e sarà tutt'altra questione, segnerà reciproche influenze tra avanguardie e movimenti diffondendosi su scala regionale con esiti non sempre di primissimo livello, bei dipinti ma di maniera.

Il Futurismo incontra il Fascismo? Inevitabile. Entrambe avanguardie dell'arte e della politica, con l'intento di spazzare via il vecchio e aprire una fase nuova, costi quel che costi, utopia e fallimento, grandezze ed errori, ferite che ancora bruciano nella nostra storia, infatti, si continua a discuterne nelle mostre, nei musei, nei libri di testo, in televisione. Marinetti fu l'Elon Musk del XX secolo, come suggerisce l'articolo del Guardian ripreso da Repubblica? Parallelo a effetto, che potrebbe starci, ma non oltre la semplice suggestione dettata dai nostri tempi e che supera la storia, in particolare la storia dell'arte. Meno male che ogni tanto escono studi seri come quello di Claudia Salaris, grande esperta di cose e persone futuriste, da poco in libreria con una nuova biografia di Marinetti per Silvana Editoriale. Necessaria, in particolare di questi tempi, giusto per puntualizzare alcune questioni. Scrive Salaris: «Nell'immediato secondo dopoguerra Marinetti avrebbe subito un vero e proprio ostracismo per le scelte politiche e l'ideologia vitalistica e irrazionale di cui il Futurismo era stato espressione. Ma in questo rifiuto hanno pesato anche i condizionamenti di una mentalità ostile alle avanguardie, quella stessa che egli aveva dovuto combattere sotto il fascismo». La pittura che meglio identifica l'ideale fascista di bellezza è il Novecento di Margherita Sarfatti, si fa largo negli anni '20 ben più tardi dunque.

Date alla mano, c'è un decennio abbondante in mezzo. Marinetti eretico? Si, ha sempre pensato in grande, l'intellettuale che più ha contribuito a sprovincializzare l'Italia, più di D'Annunzio, così come Mussolini provò a trasformare il Paese in una realtà europea- lo diceva anche Churchille come tutti gli innovatori, in questo senso il paragone con Elon Musk può reggere, non gli può essere estranea la provocazione come metodo.

«L'avere riunito in sé caratteri opposti, tuttavia- chiarisce Salaris - rende difficile una lettura univoca del suo operare: rivoluzionario dell'arte e accademico, cosmopolita e nazionalista, contestatore e inquadrato nelle istituzioni culturali del regime». L'arte e la vita come straordinario insieme di contraddizioni e incoerenze. Chiunque abbia fatto arte dopo di lui, ad alti livelli, gli deve qualcosa.

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Autore
Libero Quotidiano

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