Louvre, l’imbarazzante falla nella sicurezza: per la password del server delle telecamere scelto il nome del museo

  • Postato il 3 novembre 2025
  • Cronaca
  • Di Blitz
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La recente rapina al Louvre è stata senza dubbio agevolata anche da una falla informatica a dir poco imbarazzante. Stando a quanto rivelato dal quotidiano francese Libération, la password utilizzata per il server di videosorveglianza del museo era “Louvre”. Numeri, combinazioni, simboli, lunghezza e frequenti modifiche: di solito, quando si vuole sceglie una password sicura lo si fa con criterio scegliendo la carta dell’imprevedibilità, abbandonando all’istante quella tentazione un po’ masochistica di scegliere il proprio nome. È quello che ha fatto invece uno dei musei più importanti al mondo, rendendosi estremamente vulnerabile ed esposto a ogni tipo di attacco o, come nel caso del 19 ottobre, a un clamoroso furto messo quasi sicuramente in atto da ladruncoli di basso profilo e non da criminali esperti.

L’analisi nel 2014

La ministra della Cultura, Rachida Dati, ha parlato apertamente di “errori sistemici e di lunga durata”, ammettendo che il rischio di furti era stato “cronico e strutturalmente sottovalutato”. Le sue parole arrivano in un momento di crescente pressione sui vertici del museo. Secondo Libération, già nel 2014 tre esperti dell’Agenzia nazionale per la sicurezza informatica avevano analizzato la rete del museo, quindi le telecamere, gli allarmi e il controlli d’accesso, evidenziando il rischio di violazioni. Il loro report sottolineava: “Chi controlla la rete del Louvre può facilitare il furto di opere d’arte”. Dunque, dietro la facciata del museo più visitato al mondo, si nascondeva in realtà la più semplice delle “chiavi digitali”.

gioielli louvre
Louvre, l’imbarazzante falla nella sicurezza: per la password del server delle telecamere scelto il nome del museo (Fonte Ansa) – Blitz Quotidiano

Intanto, le indagini hanno condotto la procura di Parigi su una pista inaspettata. Secondo la procuratrice Laure Beccuau, i principali sospettati del furto sono un uomo di 37 anni e una donna di 38, conviventi e con figli, arrestati alla periferia nord della capitale. Entrambi negano ogni coinvolgimento, ma il Dna della coppia sarebbe stato trovato nel cestello dell’elevatore usato dai rapinatori per trasportare i gioielli della corona. Gli inquirenti ritengono che i protagonisti del furto non facciano parte di reti criminali strutturate. “I loro profili non corrispondono a quelli generalmente associati alla criminalità organizzata”, ha dichiarato la procuratrice Beccuau a France Info. L’uomo, già condannato in passato per furto e reati minori, è ora incriminato per furto aggravato in banda organizzata e associazione a delinquere.

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Blitz

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