“L’oro a Roma il mio riscatto. La staffetta? Un’incognita, la velocità italiana vive un dramma. Ma rimaniamo uniti”: Matteo Melluzzo si racconta
- Postato il 13 settembre 2025
- Sport News
- Di Il Fatto Quotidiano
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Una gara in forma a gennaio, ad Ancona, in cui ha eguagliato il suo record personale sui 60 metri. Un mese dopo al meeting di Lodz, in Polonia, il primo fastidio nella zona inguinale che gli ha fatto saltare la stagione al coperto. Dopo un 2024 da incorniciare (campione italiano, oro agli Europei di Roma con la 4×100 e prima Olimpiade), per il velocista della nazionale e delle Fiamme Gialle Matteo Melluzzo questo finora non è stato un anno facile. A maggio, alle World Athletics Relays in Cina, dove le staffette si giocavano titolo e biglietto per i Mondiali di Tokyo, ha corso sotto punture di cortisone. “La settimana dopo ho provato a gareggiare al meeting di Savona e ho fermato il cronometro a 10.27 ventoso sui 100 metri, ma non stavo bene perché si è ripresentato lo stesso problema di febbraio”, rivela a ilfattoquotidiano.it. Il 24 giugno scorso lo sprinter siracusano classe 2002 è stato operato a Roma: “L’intervento è servito a contenere due ernie inguinali e, al contempo, mi hanno ricostruito il tendine congiunto a sinistra”. Frenato dall’infortunio, ha dovuto ridefinire gli obiettivi del 2025. “Anche se all’inizio dell’anno la gara individuale in Giappone era un traguardo alla mia portata, ho deciso di rinunciare e mi sono concentrato sulla staffetta”. Melluzzo è tra i convocati della spedizione azzurra per la 4×100 ai Mondiali di Tokyo, in programma dal 13 al 21 settembre.
Fino a questo momento hai vissuto una stagione difficile. In che condizioni arrivi ai Mondiali?
Mi sento bene. Ho un po’ di fastidio a livello inguinale perché la zona dove mi hanno operato è ancora debole e non riesce a sostenere del tutto determinati carichi, ma il fisico risponde. Mi sto facendo seguire da diversi esperti e ho accelerato i tempi di recupero per potermi giocare il posto ai Mondiali. Quando chiedo al mio corpo di spingere di più, riesco a farlo.
I Mondiali a Tokyo non possono che far pensare alle imprese del 2021. Anche la 4×100 vinse l’oro. Vi siete dati un obiettivo?
Non ci siamo dati obiettivi, anche perché credo sia la stagione più drammatica che sta vivendo la velocità italiana. Jacobs ha corso in 10.40, Tortu non è al livello a cui ci ha abituati, Patta si è infortunato a Madrid agli Europei a squadre, io sono stato operato. L’unico che sta gareggiando bene è Desalu, ma uno solo non può fare la squadra. L’anno scorso andavamo forte in sei. Quest’anno uno o due sono in forma, il resto di noi è un’incognita. Bisogna vedere come vanno le gare individuali, poi si capirà anche la squadra da schierare.
Ti vedremo in pista?
Ci saranno da valutare le condizioni di Jacobs, che penso correrà i 100 metri. Se farà un tempo competitivo, sotto i 10 secondi, credo vorrà partecipare anche alla staffetta. Se decidesse di non gareggiare, sono il suo sostituto per la seconda frazione. Di solito parto io da blocchi, ma Desalu è molto in forma ed è giusto che prenda il mio posto. In ogni caso, mi sto facendo trovare pronto.
Quali sono le sensazioni tra gli azzurri?
Siamo sereni, insieme ci divertiamo. L’ultima sera di ritiro siamo andati a cena fuori, come da tradizione. Comunque andrà, rimaniamo uniti. Se le cose non dovessero andare bene quest’anno, si impara la lezione e si va avanti, come sempre. Abbiamo pure un titolo europeo da difendere nel 2026.
Che rapporto hai con i tuoi compagni di squadra?
Sono molto legato a Lorenzo Patta che, oltre a essere il mio compagno di stanza sia in ritiro che alle gare, è un mio caro amico. Ma in generale siamo un bel gruppo: lo scorso anno siamo andati in vacanza insieme in Sardegna io, Patta, Tortu, Simonelli e Rigali. Un altro azzurro con cui sono sempre in contatto è Filippo Randazzo, che si allena con me e da questa stagione ha deciso di lasciare il salto in lungo per dedicarsi alle velocità. Giochiamo a Fortnite insieme quasi tutte le sere, anche per svagarci dopo gli allenamenti.
E con Jacobs?
Qualche hanno fa, quando ero più piccolo, mi ha preso sotto la sua ala e mi ha dato diversi consigli. Poi è andato a vivere in America e ora ci sentiamo molto meno. Ormai mi vede più come un avversario, ma con la maglia azzurra addosso per la staffetta le rivalità spariscono.

Facciamo un passo indietro. Il 2024 per te è stato un anno straordinario: campione italiano e 10.12 sui 100m, campione d’Europa e finalista olimpico. Qual è stato il segreto della stagione?
Il cambio di allenatore (Melluzzo ha lasciato la guida del papà Gianni, ndr) è stato importante. Ha cominciato a seguirmi il professor Di Mulo, che è anche il tecnico della velocità in nazionale e ha grandissima esperienza. Lui non allenava più nessuno e si è rimesso in gioco, io ho trovato nuovi stimoli. Sono stato costante e ho lavorato duro: sapevo che i risultati sarebbero arrivati. Credo di aver fatto un salto di qualità nel lanciato, gli ultimi 40 metri li sento miei. Devo ancora migliorare, invece, sulla parte di gara subito dopo l’uscita dai blocchi.
L’oro della staffetta agli Europei di Roma è stata la ciliegina sulla torta di una competizione in cui l’Italia ha brillato. Cosa ha significato per te quella medaglia?
É stato il chiaro esempio della parola riscatto. Ho corso una semifinale sfortunata sui 100 metri, c’era stata una falsa partenza, non ho sentito il secondo sparo e sono arrivato al traguardo. Avevo fatto il mio miglior tempo. Quando la gara è stata recuperata, un affaticamento muscolare non mi ha permesso di completarla. Tutti mi davano un po’ per spacciato, dicevano che avevo l’umore sotto i piedi. Invece quella delusione mi ha dato la spinta per andare più veloce e mi sono meritato il posto in staffetta sia in semifinale che in finale. Quando abbiamo vinto sono scoppiato a piangere: lavoriamo tutti i giorni per vivere di queste emozioni. Dal giorno dopo, però, ero già in pista ad allenarmi per obiettivi più grandi.
E sono arrivate le Olimpiadi di Parigi. Come hai vissuto l’esperienza?
È stato il sogno di una vita, ogni atleta spera di partecipare ai Giochi. Al villaggio olimpico non mi sono reso conto della grandezza della manifestazione, ma quando sono entrato allo stadio è stato assurdo. C’erano 80.000 persone che gridavano e non si capiva niente. Nonostante questo, in semifinale sono riuscito a intravedere sugli spalti i miei genitori con una bandiera della Sicilia. E trovarli, in quella bolgia, mi ha dato una carica enorme.
Dopo il quarto posto con la 4×100 in finale sei scoppiato in lacrime. Che emozioni c’erano in quel pianto?
Sicuramente tanta delusione, perché speravamo in una medaglia. Ma nel momento in cui sono uscito dallo stadio mi sono reso conto di aver partecipato a una finale olimpica e di essere arrivato quarto. Il resto del tempo a Parigi l’ho vissuto con gioia.
C’è un ricordo che ti è rimasto impresso del tuo soggiorno nella capitale francese?
Dopo la finale della staffetta ero molto triste. Tortu ha proposto al gruppo di rimanere a Parigi qualche giorno, anche per stare insieme. Ho accettato solo io. Nella mia camera al villaggio olimpico non doveva subentrare nessuno, quindi ho tenuto le chiavi e soggiornato in modo “abusivo” (ride, ndr). Con Filippo abbiamo visitato la città e visto la cerimonia di chiusura dei Giochi, che è stata meravigliosa. Hanno presentato le Olimpiadi di Los Angeles, c’era Snoop Dogg, Tom Cruise si è calato dal tetto in stile mission impossible. Ne conservo un ricordo bellissimo.
Dopo Tokyo 2021, l’Italia dell’atletica ha cominciato a vincere tanto e non si è più fermata. Qual è secondo te la ricetta di questi successi?
Ormai noi italiani stiamo gareggiando sempre più spesso in competizioni e meeting di livello internazionale, questo aiuta a confrontarsi con i migliori e a capire di poter spostare l’asticella sempre più in alto. Quei cinque minuti con gli ori di Jacobs e Tamberi alle Olimpiadi di Tokyo sono stati la svolta, ma secondo me c’era un fuoco che già da prima avevamo tutti dentro. Volevamo dimostrare il nostro valore.
Foto in evidenza: credit Fidal
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