L'omaggio di Mark Ruffalo a Pierino

  • Postato il 3 luglio 2025
  • Di Il Foglio
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L'omaggio di Mark Ruffalo a Pierino

Difficile immaginare una scena più potentemente felliniana di Mark Ruffalo, star hollywoodiana interprete tra gli altri di ‘Shutter Island’, ‘Zodiac’ e della serie sugli Avengers, intento a commemorare, al Parco della Cervelletta, l’appena scomparso Alvaro Vitali. L’occasione è l’undicesima edizione di Cinema in piazza, organizzata dalla Fondazione Piccolo America; si sta presentando al pubblico ‘Amarcord’ di Fellini e Ruffalo dal palco rivolge un pensiero all’attore romano appena scomparso, ‘un pensiero e un omaggio ad un attore che è stato scoperto da Fellini, Alvaro Vitali. Alvaro è qui con noi, addio Alvaro’. Vitali, è noto, venne scoperto proprio da Fellini che lo volle con sé inizialmente per una piccola parte in ‘Fellini Satyricon’ e poi in ‘I clowns’, ‘Roma’ e ‘Amarcord’, appunto. E se gli americani negli ultimi anni hanno contribuito a riscoprire il cinema di genere italiano, ponendo fine in certa misura a quella sorta di guerra civile cinematografica che ha dilaniato l’Italia opponendo chi riteneva commedia sexy, poliziotteschi, spaghetti western, horror, prodotti indegni e reazionari e chi invece li ha glorificati magari indulgendo pure troppo nella sovra-intellettualizzazione, Vitali è stato un autentico figlio di Roma, una maschera capitolina che paradossalmente però è stata nel corso degli anni molto meno identificata con la Capitale, rispetto, ad esempio, ad un Tomas Milian che romano lo era solo di adozione.  

Vitali non è semplicemente nato, cresciuto e vissuto a Roma, ma ha ‘romanizzato’ gran parte delle pellicole con cui si è confrontato, intrecciando i suoi destini cinematografici con altre icone della romanità filmica, a partire dalla Sora Lella con cui lavorò nella serie di Pierino. Il ‘Gian Burrasca’ interpretato da Vitali viene traslato dal pasciuto notabilato fiorentino del libro ad una Roma sonnacchiosa e cafona, parodia del Libro Cuore, in cui memorabile resta la battuta scolastica, ‘Stoppani, tu uccidi quell’uomo’ pronunciata dal severo preside a cui Vitali replica reggendosi le guance, dopo essere stato ripetutamente preso a schiaffoni dal ‘padre in affitto’ Toni Ucci, netturbino pagato per sostituirsi al vero genitore interpretato da Mario Carotenuto, ‘ma magari!’. D’altronde, proprio in parallelo alla scoperta felliniana, Vitali ebbe modo di cimentarsi a teatro con quella che è senza dubbio alcuno l’epitome della romanità artistica, quel ‘Rugantino’ di Garinei e Giovannini la cui marmorea consistenza ha resistito persino all’interpretazione di Adriano Celentano.

Vitali aveva la parte di Bojetto, figlio di Mastro Titta, il boia pontificio. E tipicamente capitolino è il confronto con la figura dei bulli: in questo caso, si tratta della trasposizione grottesca e attualizzata del ‘Giggi er bullo’ di Ettore Petrolini, che diventa ‘Giggi il bullo’, film del 1982 diretto da Marino Girolami. Gli stessi film della serie dei ‘Pierino’ sono tipicamente romani, per location, umanità, gergo, anche se risultano decisamente meno identificabili con la Capitale per quel loro essere divenuti una maschera quasi universale capace di trasporre nel cinema il mondo delle barzellette. E Pierino proprio è stato, al contempo, fortuna e condanna di Vitali, costretto in certa misura ad una meccanica riproducibilità di quel personaggio, sorta di Vergine di Norimberga che lo ha metallicamente inghiottito, tra comparsate, spettacoli in piccoli locali, lui invecchiato, reduce da una depressione mai davvero superata dopo che il telefono aveva smesso di squillare, con quella divisa d’ordinanza indosso e il basco col pon pon rosso. E sempre con quella divisa si era immerso in un’altra romanità, quella commerciale, quella di sopravvivenza, quella degli spot di Mas, i magazzini di abbigliamento all’Esquilino, eternati pure dal rapper Piotta che ci ha girato il video di ‘Dimmi qual è il nome’ e che li ha cantati in rima. Proprio Piotta ha ricordato Vitali con un post su Facebook, rievocando la chiacchierata televisiva tra i due avvenuta a Trani, in occasione di un festival e rimandata nel programma Stra-cult di Marco Giusti, su Rai2. E non stupisce che ai funerali dell’attore sia stato Carlo Verdone a ricordare, con la sua stessa presenza, quell’aura romana che ha accompagnato in maniera discreta e malinconica la maschera di Alvaro Vitali.

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Autore
Il Foglio

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