L’olio extravergine d’oliva rischia di sparire, e non è solo colpa dei prezzi

  • Postato il 19 novembre 2025
  • Di Panorama
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Sulle Borse merci italiane, da Bari a Foggia, l’olio extravergine d’oliva nuovo è appena arrivato, ma invece di festeggiare la stagione dell’oro verde, il settore assiste sgomento a un improvviso crollo delle quotazioni. Prezzi al ribasso, speculazioni, contratti fantasma e importazioni massicce da Paesi esteri stanno scatenando un terremoto che rischia di travolgere la filiera olivicola nazionale. E questa volta, dicono i produttori, non c’è alcuna logica economica a giustificare la caduta.

Fino alla terza settimana di ottobre le quotazioni all’origine oscillavano serenamente tra 9,30 e 9,50 euro al chilo: valori dignitosi per chi produce qualità. Poi la discesa: 8,50–9 euro il 28 ottobre, e un tonfo fino a 7,40–8,40 euro nella seduta del 4 novembre. Un -20% in due settimane. «È partita un’ondata di contratti al ribasso che mina il mercato dell’olio italiano», denuncia David Granieri, presidente di Unaprol. Ecco che una domanda sorge spontanea: cui prodest?

L’assedio dell’olio straniero

In piena raccolta, il mercato italiano è sotto pressione per via degli arrivi record di olio estero, anche extra-Ue, che fa tappa in Spagna e poi arriva da noi a prezzi stracciati con l’obiettivo – non troppo velato – di abbattere il valore dell’olio nostrano. Le giacenze al 31 ottobre raccontano una storia inquietante: +8,7% di stock italiano, ma +100% di extravergine importato. Se fosse un film, sarebbe un horror. Purtroppo è solo economia.

Nel frattempo, le previsioni produttive non giustificano un crollo. L’Italia dovrebbe attestarsi intorno alle 300mila tonnellate, con una crescita del 21% nella migliore ipotesi e cali pesanti in alcune regioni. La Spagna perderà circa il 3%, la Tunisia crescerà fortemente, ma non abbastanza da spiegare questa tempesta perfetta. Eppure qualcuno prevede addirittura un ribasso fino a 5 euro al litro al dettaglio nella prossima campagna.

Prezzi sugli scaffali

Il prezzo dell’olio extravergine d’oliva al supermercato è proibitivo per antonomasia. Difficile trovarne uno (anche di qualità non eccelsa) a meno di 10 euro. Almeno fino a poche settimane fa. Perché con questi nuovi giochi speculativi, il costo dell’oro verde nella grande distribuzione è diminuito drasticamente. Sì, è vero: il prezzo mediano è intorno a 10,90 euro al litro. Eppure le promozioni fioccano: in settimana, bottiglie di 100% italiano vendute a 5,99 euro anziché 11,99. È un’arma di seduzione di massa della Gdo.

Peccato che dietro lo sconto scintillante ci sia l’amara verità: chi produce qualità rischia di lavorare in perdita. E quando i conti non tornano, si smette di raccogliere, di investire, di piantare. E alla fine si smette di produrre. E addio alle insalate ben condite che senza il fondamentale apporto dell’olio risultano quasi insapore.

I rischi

Il rischio non è solo economico. Senza tutela seria della produzione e senza trasparenza sulle origini, l’Italia potrebbe perdere uno dei suoi simboli culturali più potenti. Non parliamo di un prodotto qualsiasi: l’olio extravergine è storia, paesaggio, dieta mediterranea, memoria familiare e un pezzo di Made in Italy che il mondo ci invidia.

Se i produttori mollano, se la qualità cede alla logica del prezzo più basso, se l’extravergine diventa una commodity indistinta, a sparire non sarà solo una voce di bilancio: sarà un pezzo del nostro Dna.

Autore
Panorama

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