L’occidente, la tradizione, il moderno. La lezione di Ratzinger

  • Postato il 20 dicembre 2025
  • Di Il Foglio
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L’occidente, la tradizione, il moderno. La lezione di Ratzinger

Su Ratzinger si sono accumulati equivoci che i suoi testi e i suoi atti teologici e pastorali spazzano via. Un papa debole, si è detto, invece il suo è sempre stato un progetto erculeo, come si capiva bene già dal celebre “Rapporto sulla fede” nell’epoca del suo cardinalato a fianco del predecessore, e il ciclo giovanpaolino e benedettino, perché i due papi furono per molti versi una cosa sola, è tra i più lunghi possenti e consequenziali della storia della chiesa. 

Tutore della Tradizione e nemico della cultura moderna, è stato detto, e invece protesse il lascito dell’aggiornamento conciliare nell’unico modo possibile, distinguendo e mettendo in comunione tra preti e filosofi e popolo di Dio il possibile, scartando l’irrealistico, il caduco, lo sghembo. Come tutti i veri riformatori, fece i conti fino in fondo con la grande rottura illuminista dell’epoca moderna, senza soggiacere agli stereotipi e scavando nel profondo delle contraddizioni irrisolte del progetto di scristianizzazione del mondo e di insignorimento umano dell’esistente, con l’accantonamento del divino rivelato.

Sfidare la Tradizione non è così difficile. Basta richiamare il tempo e indicare la via del moderno che corre: la chiesa ha accumulato un ritardo di duecento anni, come diceva il cardinal Martini, sulla Rivoluzione Francese. Il moderno parla da sé, ci circonda, ci assedia, ci illumina, sembra facile e giudizioso darlo per scontato, è lì, pretende, rivendica, invoca una ragionevole comprensione, ha per sé i costumi prevalenti, la forza dell’abitudine e di istituzioni che si consolidano, penetra nei sentimenti collettivi, ispira accettazione e compassione, forgia l’individualità del desiderio e del libero esame delle cose, si serve della cultura con la forza strumentale della bellezza la più canonica, fa invecchiare gli usi e le procedure mentali di chi litiga con la storia, di chi è démodé, desueto, offre la visione della vita palpitante del romanzo, i caratteri mobili del cinema, si infiltra nella pratica del digitale, si fa Intelligenza Artificiale, luccica come l’oro anche quando produce fondamentalismo e violenza religiosa, e alla fine incanta.

Ciò che ha cercato di fare Benedetto XVI, o la sua controfigura laica che è il pensatore cristiano Ratzinger, è meno facile. La sua idea è che abbiamo bisogno di una critica della libertà. E nei testi qui raccolti tutto è chiaro, almeno da questo punto di vista. Sfida i luoghi comuni sulla divinità dei nostri tempi, l’autonomia, l’uomo come solo fondamento di sé. Ratzinger riflette sul rapporto della libertà con la volontà e con la verità, con il contenuto di ragione della volontà libera, un nucleo che è possibile e necessario condividere con tutti gli altri e che dunque supera l’assoluto dell’incondizionato. Puoi essere davvero libero, anche in senso moderno, anche nella tutela di diritti individuali e facoltà, se la tua inclinazione, il tuo desiderio, il tuo volere non hanno un contenuto razionale e non sono alla ricerca della verità oggettiva comune a tutti gli uomini? Ratzinger cita il celebre mito ideologico della Critica del Programma di Gotha e dell’ideologia tedesca, i testi in cui Karl Marx evoca l’uomo che fa quel che desidera dalla mattina alla sera, e niente di quanto non desideri, l’uomo libero figlio dell’estinzione di ogni apparato di stato e della stessa legge. Ratzinger riconosce che la libertà è seducente, mentre la verità ha un tono esclusivo, sta in uno spazio psicologico chiuso, capace di sollecitare la diffidenza dell’uomo che si vuole libero e soltanto libero. Ciò che è dato e rivelato e non costruito dalla mente dell’uomo contemporaneo postula la verità intorno alla quale si esercitò lo scetticismo di Pilato, la vera ideologia dell’ultima civiltà.

La Tradizione, per come la intende e la difende Ratzinger, evolve e muta pelle, sa che il moderno è per certi versi incontestabile, che l’Illuminismo ha vinto una battaglia d’epoca a suo modo definitiva occupando il centro della coscienza umana, e tuttavia il moderno non smette di essere un problema, la scienza non è una nuova Rivelazione, l’esperimento non è sostitutivo della fede o della visione o della dialettica delle idee, nessuna dottrina di redenzione è arrivata a prendere il posto di quella del cristianesimo originario e della storia e sviluppo della chiesa. Insomma il problema che nasce dall’irrazionale come esito del moderno, dalla schiavitù come sistema inverata nel comunismo di stato, dalle contraddizioni del capitalismo e del sistema liberale, oltre il confine della crisi ideologica e storica del socialismo. La questione che viene dall’insignificanza come stigma della vita morale e materiale si sporge verso l’abissale questione del rapporto tra libertà e verità attraverso il contenuto razionale della volontà. Questo è Ratzinger o almeno il nostro Ratzinger.

 

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Autore
Il Foglio

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