Lo ZEN di Palermo, una peculiare vicenda italiana o siciliana? Certo una vergogna per tutti

  • Postato il 26 ottobre 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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Lo ZEN, acronimo di Zona Espansione Nord, potrebbe essere declinato ulteriormente come Zero Eguaglianza e Normalità.

Lo ZEN si trova a Palermo ed è il quartiere dove viveva Gaetano Maranzano, l’assassino di Paolo Taormina, colpito con un’esecuzione sommaria con un colpo alla nuca nel centro storico di Palermo dove lavorava.

Lo ZEN è un ghetto, come quelli degli esclusi dalla società dei “Gentili”, ma a loro utili, che erano i ghetti ebraici. Gli abitanti dello ZEN sono utili alla Palermocosiddetta normale, o almeno lo erano, sbrigano quei servizi illegali di fornitura di cose o servizi per la Palermo borghese.

Ti serve della cocaina o altre droghe? Devi recuperare un motorino rubato? Devi liberarti, senza ingenti costi di rifiuti particolari? Ti serve lo ZEN.

Il concetto illuminista di “Eguaglianza”, caposaldo della Rivoluzione Francese, e del mondo cosiddetto moderno ad essa succeduto, qui non ha né coniugazione né patria. Non c’è Eguaglianza allo ZEN, sono cittadini esclusi e non inclusi, e le grandi strade che lo delimitano sono fatte apposta a guisa di confini, costituiscono un cluster di A-Normalità.

Un muro di Berlino a Palermo

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Lo ZEN di Palermo, una peculiare vicenda italiana o siciliana? Certo una vergogna per tutti – Blitzquotidiano.it (foto Ansa)

Qui vige ancora il muro, invisibile,  della guerra fredda con il blocco dei non occidentali,  però senza Check point  Charlie. Non sappiamo se questo era urbanisticamente previsto da Gregotti e dagli altri architetti che lo hanno progettato, ma se guardiamo ad alcune periferie moscovite le similitudini sono evidenti.

I borghesi palermitani sarebbero andati ad abitare, dagli anni ’50 in poi, nelle ex case popolari, peraltro inclusive e con giardinetti, del quartiere Matteotti, simbolo socialista, su via Libertà. I proletari, come si definivano allora, senza casa venivano mandati al confino nella insalubre, abbandonata dagli agricoltori al soldo dei nobili non più benestanti, senza impianti fognari e civili, zona nord della città di Palermo. La ex piana dei Colli, con le sue belle ville settecentesche ed i suoi fondi agricoli.

Un territorio abbandonato

In questo territorio, da tempo abbandonato dalle più blasonate famiglie della città, che si erano spostate ad abitare nell’asse urbano tra il Politeama e viale Lazio, vengono mandati al confino sociale, per non vederli più in giro per i centri cittadini, oltre 20.000 persone, in gran parte abitanti in tuguri del centro storico, bombardato dalla seconda guerra mondiale, e totalmente lasciato andare, a parte qualche puntello di legno a sostenere la facciata di una città ormai delabrè.

Dobbiamo considerare che Palermo nell’immediato dopo guerra ha praticamente raddoppiato gli abitanti, ed il bisogno di case era insostenibile. Il quartiere, intitolato , quasi sarcasticamente, a San Filippo Neri, in onore del Santo educatore dei poveri romani, detto il giullare di Dio per la sua giocosità e allegria, non ha nulla di allegro né gioioso. È appunto un cluster, un corpo separato dalla città, senza piazze, luoghi di incontro sociale, servizi, a parte il finto obbligo scolastico, non rispettato in gran parte dai residenti.

Ma dopo anni di noncuranza, o meglio colpevole abbandono, nel 2016 le istituzioni si risvegliano improvvisamente. Miracolo al MIBACT, potremmo dire come il film neorealista di De Sica, del sempre omnisciente ministro Franceschini. Governava Gentiloni, nome omen, a Roma e l’illustrissimo professor Orlando, il Leviatano, a Palermo.

Si apre con la collaborazione dell’ordine nazionale degli architetti un concorso di idee, non tantissimi soldi ma un primo, ed unico, battito d’ali della presenza delle istituzioni, queste sconosciute, allo ZEN. Il concorso finanzia con 10 milioni di euro un progetto di riqualificazione urbana, con l’obbligo di inserire necessariamente una pista ciclabile, ai tempi andavano di moda, ed una piscina scoperta, tanto a Palermo, geologicamente zolla africana, fa caldo.

Il progetto arrivato secondo proponeva di abbattere i “muri” urbanistici di confine, progettando due piazze a Nord e a Sud, una passeggiata sopraelevata con colture botaniche per la didattica, degli orti urbani a servizio dei residenti, degli impianti di energie green, propedeutiche a quelle che oggi chiamiamo comunità energetiche, per abbassare il costo bolletta, se non ai residenti allo Iacp di Palermo che ne sostiene la spesa, un coworking multimediale per i giovani del quartiere, ed un laboratorio di socialità per gli adulti, in più parchi e zone a verde gestite.

Il primo progetto, vincitore contestato, per un errore non banale di perimetrazione, invece prevedeva sostanzialmente oltre agli impianti sportivi degli spazi commerciali. Come se non ci fosse già lì il Parco commerciale “Conca d’oro “ di Zamparini, l’ex presidente del Palermo calcio. Dove gli “zenioti” vanno ad aspirare l’aria dei beni di consumo che non si possono permettere. A meno che non si arrangino con attività criminogene. Risultatodel Concorso di idee vi chiederete voi?

Un aborto in ambulatorio. Il bando, dopo la graduatoria di assegnazione venne revocato dal MIBACT, disinteressato, sconsigliato da qualcuno, non si sa. Il comune è intervenuto a difenderlo? No, lasciato andare, come un vuoto a perdere, che è la valutazione che danno in Comune, ma anche i “cittadini”palermitani, dello ZEN.

I suoi abitanti per alcuni cittadini di Palermo, non tantissimi, sono persone da recuperare, come non si sa, per altri, molti di più, sono da spedire a Gaza o in Albania. Sono come i figli deformi, che una volta si nascondevano o peggio.

Il vero problema dello ZEN? La sua tremenda bruttezza, orripilante, angosciante. Per Rosenkranz anche la bruttezza ha una sua estetica, ma il filosofo tedesco non era mai stato allo ZEN. Non ci andavano nemmeno Ciprì e Maresco, gli autori della Cinico TV, che di bruttezza panormita se ne intendevano, resi famosi da Blob di Ghezzi su Rai3.

La bellezza, come sostiene Antonio Presti, mecenate di arte a sostegno della crescita del popolo, nella sua concezione di riabilitazione di Librino, gemello in parte dello ZEN, restituisce speranza e civiltà. La bruttezza solo esclusione, odio sociale, disagio e violenza. Chi di voi sceglierebbe, se potesse, di vivere circondato da bruttezza?

Oltre alla scuola, che tiene i bambini “occupati”, solo la mattina, fuori da contesti di degrado familiare, visti i ciondoli con le pistole al collo che teneva la figlia dell’omicida residente, non c’è altro allo ZEN. A parte la strada, brutta.

Qualche anno fa hanno fatto un recinto e messo due porte di legno, come un simil campetto di calcio. Punto. In quel quartiere i bambini dovrebbero essere occupati a tempio pieno con scuola, doposcuola e attività sportive, oltre che culturali, per tenerli più tempo possibile fuori di casa, dove l’aria è spesso irrespirabile, con insegnanti e preparatori atletici, formati e all’altezza di lavorare con bambini particolari, in un contesto fortemente a rischio.

Non 50enni  laureati, delusi da altri percorsi e ormai scarichi, in cerca di un ripiego lavorativo/retributivo, che poi smuovono le montagne per farsi trasferire.

La cosa che dovrebbe chiedere allo Stato, se esiste anche a Palermo, il Sindaco di Palermo Roberto Lagalla, oltre ai 24 poliziotti di Piantedosi, che servono solo per fare i turni di un posto di blocco h24, è il ripristino di quel finanziamento, di quel concorso di idee, e magari una nuova commissione, che ne interpreti, con l’occhio contemporaneo, la sua incisività sociale e non solo architettonica. Meglio ancora metterci più soldi e finanziare tutti i progetti, non sono molti, come sempre in Sicilia.

Allo ZEN servono investimenti, possibilmente in bellezza, che dal 1966, anno della sua costruzione, non sono stati mai più visti.

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Autore
Blitz

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