Lo strano caso di Francantonio Genovese, condannato in via definitiva nel 2021 ma ancora non ha scontato la pena

  • Postato il 15 settembre 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Una condanna definitiva, ma mai eseguita. È lo strano caso di Francantonio Genovese, l’ex sindaco di Messina ed ex deputato del Pd, poi passato ad Fi e ora nell’Mpa di Raffaele Lombardo. Nell’ottobre del 2021, ovvero ben 4 anni fa, la Cassazione ha confermato la condanna a 6 anni e 8 mesi che è dunque diventata definitiva. Avendo l’ex primo cittadino della città dello Stretto, già scontato 18 mesi in fase di indagini preliminari – tra carcere e domiciliari – resterebbero da scontare poco più di 5 anni. Ma l’esecuzione della pena non è ancora mai avvenuta, grazie all’interpretazione fatta dalla procura generale di Reggio Calabria.

Genovese è stato arrestato nel 2014, dopo che il Parlamento ha votato a favore della richiesta d’arresto avanzata dalla procura di Messina. L’allora deputato del Pd era stato coinvolto nello scandalo che aveva travolto l’assessorato regionale alla Formazione. A guidare l’inchiesta era stato Sebastiano Ardita, all’epoca dei fatti procuratore aggiunto a Messina. Nel 2021 la Cassazione ha confermato la condanna per l’ex deputato, per tentata estorsione ai danni di Ludovico Albert, all’epoca dirigente regionale alla Formazione, e per due casi di reato tributario. La sentenza di 6 anni e 8 mesi è dunque diventata definitiva.

L’interpretazione

La procura generale di Messina aveva però fatto ricorso avverso l’assoluzione in Appello per il reato di riciclaggio. La Cassazione ha dato ragione al procuratore generale di Messina, Vincenzo Barbaro (ora in pensione), accogliendo il ricorso con rinvio, ovvero chiedendo un nuovo processo alla corte d’Appello di Reggio Calabria per rivalutare l’accusa di riciclaggio. Un processo ancora pendente al tribunale calabrese, dove forse arriverà a conclusione a fine anno. Se dovesse essere assolto, rimarrebbe inalterata la condanna definitiva che potrebbe solo aumentare nel caso di condanna. Nell’attesa di sapere se saranno solo 6 anni e 8 mesi o di più, la procura generale reggina ha interpretato una pronuncia delle Sezioni Unite, ritenendo che in attesa della determinazione della condanna di riciclaggio la pena non fosse immediatamente eseguibile.

I casi Montante e Saguto

Si tratta di quello che in linguaggio penale è definito “giudicato progressivo”, riguardo al quale le Sezioni Unite hanno fatto chiarezza, mettendo nero su bianco che è “eseguibile la pena principale irrogata in relazione ad uno o più capi della sentenza che non sono in connessione essenziale con la parte attinta dall’annulla­mento; in tale caso, infatti, l’affermazione della penale responsabilità e la determinazione della pena principale hanno acquisito autorità di cosa giudicata e non possono essere modificate nel giudizio di rinvio”. Se la successiva condanna non può modificare la pena pregressa, questa è dunque da eseguire, recita il testo. E così è stato infatti nel caso di Silvana Saguto e di Antonello Montante. Quest’ultimo si è consegnato al carcere di Bollate, a Milano, dopo l’ordine di carcerazione emesso lo scorso 5 agosto dalla procura generale di Caltanissetta. E dire che per montante la Cassazione ha dato per accertate in via definitiva le sue responsabilità, ma ha rinviato alla corte d’Appello per rideterminare la pena. Ovvero per l’ex capo di Confindustria non è ancora stata quantificata la condanna, che va ridefinita per gli stessi capi di imputazione per i quali è entrato in carcere.

Questo vuol dire che paradossalmente la ridefinizione potrebbe portare a una condanna inferiore a 4 anni e quindi alla non eseguibilità della pena. Tutto ancora da vedere per Montante, ma è andata così anche per Saguto. L’ex presidente della sezione delle misure di prevenzione è andata dietro le sbarre pur attendendo la condanna su alcuni capi di imputazione.

Una formula che non è stata applicata per Genovese che nonostante la condanna definitiva non ha scontato la pena: “Nel nostro caso, il giudizio di rinvio ha ad oggetto un reato che, se ritenuto sussistente, è certamente quello più grave, rispetto agli altri per i quali la pena è già definitiva, quindi la pena dovrà essere riscritta e questo ne determina la non eseguibilità”, spiega Nino Favazzo, avvocato dell’ex primo cittadino di Messina.

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