Lo storico Fonzi: “Gaza è il primo caso in cui l’accusa di genocidio è usata dal sud del mondo contro l’occidente inerte”
- Postato il 27 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Come tutte le categorie giuridiche, neanche il genocidio è un assoluto. Semmai è una categoria al servizio del diritto internazionale funzionale a prevenire massacri, che però è stata monopolio delle grandi potenze per quasi tutta la sua vita. Fino a Gaza, spiega Paolo Fonzi, storico all’Università Federico II di Napoli. Fonzi ha da poco pubblicato con Laterza un saggio sulla storia del concetto di genocidio, sull’onda del dibattito acceso dalla guerra a Gaza. “Nel caso attuale di Israele, non sono un giurista, ma rilevo che quasi tutti gli esperti internazionali concordano sul fatto che stia commettendo un genocidio a Gaza”.
Il suo saggio dimostra quanto il concetto sia stato sempre usato a servizio di interessi politici…
La politica è centrale fin dall’inizio. Lo studioso che ha coniato il concetto di genocidio, Raphael Lemkin, aveva incluso nella definizione la categoria della distruzione della cultura di un popolo. Oggi questo aspetto non si trova nel testo di riferimento della Convenzione Onu del 1948 perché le potenze occidentali, che allora avevano ancora imperi coloniali, l’hanno espunta per evitare il rischio di venirne accusate. Anche gli Stati Uniti temevano che un concetto troppo ampio di genocidio potesse essere usato per accusarli delle violenze contro gli afroamericani negli stati del sud.
Nel 1971 l’India invase il Pakistan per fermare il massacro dei civili dell’attuale Bangladesh, quell’operazione di fatto umanitaria venne qualificata come invasione e non legittimata dall’Onu perché gli Usa erano forti alleati di Islamabad. Lo stesso avvenne con l’invasione vietnamita della Cambogia del 1978 che di fatto fermò il massacro perpetrato dai Khmer rossi.
La Nato ha usato il concetto per giustificare un’operazioni militare come intervento umanitario in Kosovo, dove pure il quadro giuridico del genocidio era molto debole. Vladimir Putin nel 2022 ha caratterizzato l’invasione dell’Ucraina come un intervento per fermare un genocidio. Spesso le definizioni di genocidio vengono approvate da parlamenti nazionali, non da organi giuridici indipendenti. Molti parlamenti europei hanno votato risoluzioni che riconoscono come genocidio l’Holodomor in Ucraina (la carestia scatenata dalle politiche di Stalin nel 1932-33) solo dopo l’invasione russa, nell’ambito della risposta occidentale a Mosca.
Questo squalifica il concetto dal punto di vista del diritto internazionale?
No, il concetto di genocidio è tra i primi ad aver ricevuto una definizione chiara in sede di diritto internazionale. Per i “crimini contro l’umanità”, per dire, non esiste una convenzione né un trattato ampiamente condiviso che li definisca. Ma il genocidio non è una categoria al di sopra della storia, della politica, uno stigma assoluto. Inoltre, oggi è criticato da molti studiosi e attivisti di diritti umani. C’è una tendenza a mettere in discussione la visione del genocidio come “crimine dei crimini”, al di sopra di altri crimini internazionali.
Dagli anni 90 si sono moltiplicati i “genocide claims”, perché?
Per via della cultura dell’Olocausto che si afferma, in Europa e Usa, negli anni 70. Si indica il genocidio degli ebrei come male assoluto, questo capitale simbolico spinge allora gli altri popoli a cercare di entrare nella cosiddetta “grammatica dell’Olocausto”, cioè a essere riconosciuti come vittime al pari degli ebrei, per ottenere gli stessi vantaggi di protezione geopolitica da parte dell’occidente. I movimenti separatisti hanno quasi interesse ad attrarre su di sé maggior violenza, per essere riconosciuti come vittime e ottenere vantaggi politici.
Oggi il termine abbonda soprattutto nel dibattito pubblico sulla guerra a Gaza. È troppo presto per valutare se è in corso un genocidio dei palestinesi, come dicono alcuni?
La Convenzione Onu è per la ‘prevenzione e punizione’, quindi serve a imporre agli Stati di intervenire militarmente per fermare un genocidio quando è in corso, dopo avallo del Consiglio di sicurezza Onu.
Il problema è che si deve mostrare l’intento di distruggere un popolo come tale e nessuno statista ammetterà di voler sterminare i vicini, tutti parleranno di un’operazione militare che coinvolge vittime civili.
Per questo, soprattutto dopo la Bosnia e il Ruanda le corti internazionali hanno aggiornato la definizione e stabilito che è sufficiente raccogliere ‘evidenze circostanziali’, cioè ammettendo che si possa inferire l’intento genocida anche da dichiarazioni di politici, come si fa ora con Netanyahu e i suoi ministri estremisti. La stessa posizione oggi è sostenuta da molti governi occidentali nel caso relativo ai massacri compiuti dalla Birmania contro la popolazione Rohinga di cui si sta occupando la Corte Internazionale di Giustizia. In questo caso diversi stati occidentali (tra cui Gran Bretagna, Francia e Germania) hanno chiesto di “alleggerire” la soglia per definire tale violenza come genocidio. E’ singolare quindi che lo stesso oggi non venga sostenuto per Gaza.
Non sono un esperto di diritto internazionale ma uno storico. Però avendo letto molto sul tema penso si possa affermare che i maggiori esperti (valga per tutti il nome di William Schabas) oggi sostengono che quello sta avvenendo a Gaza rientra nella definizione di genocidio data dalla convenzione del 1948. Le voci contrarie ormai sono molto poche. Si può chiaramente discutere se il concetto di genocidio sia uno strumento buono o cattivo per comprendere e prevenire la violenza di massa, ma questo è un altro discorso.
Non è significativo che, nel caso di Gaza, a sollevare la definizione non siano state le grandi potenze, ma la società civile contro il parere dei governi?
Questo è il primo caso in cui il termine genocidio viene massicciamente usato dai Paesi del sud del mondo per contestare la politica dei Paesi occidentali, che fin qui hanno sostenuto in modo incondizionato la politica di Israele.
C’è un sud globale che sta mettendo fortemente in discussione il tentativo dell’occidente di mantenere il privilegio esclusivo di nominare il genocidio. La Corte Internazionale di Giustizia è diventata strumento privilegiato da parte di Stati poco potenti per contestare quelli più potenti. Mi sembra che sia in atto anche una sorta di conflitto su chi ha il diritto di nominare il “male assoluto”: se l’Occidente, che lo ha usato spesso per giustificare forme di imperialismo, e il sud globale che lo ha subito.
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