Lo stop alle forniture militari a Israele spacca la Cdu di Merz. “La cooperazione con Tel Aviv è fondamentale per rafforzare l’esercito tedesco”
- Postato il 10 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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La decisione del governo tedesco di sospendere le forniture militari ad Israele ha scatenato turbolenze nelle stesse forze di maggioranza. Roderich Kiesewetter, esperto parlamentare della Commissione Esteri della Cdu (partito del cancelliere Friedrich Merz), ne parla come un “grave errore politico e strategico”. “Questo passo non libererà un solo ostaggio e non aiuterà un solo bambino a Gaza – aggiunge -. Nessun cittadino israeliano in questo modo si sentirà più sicuro. Perdiamo credibilità in Europa, nel mondo e presso gli stati arabi del Medio Oriente, che si oppongono chiaramente ad Hamas”. La limitazione della cooperazione con Israele danneggia più la Germania in materia di intelligence e “dalle armi israeliane, come Arrow 3”. Quella di Kiesewetter è una posizione diffusa all’interno del partito del cancelliere. Pure il deputato Carsten Müller, condanna su X “con la massima fermezza” la decisione del Governo che trascura “quanto sia importante per la Germania la cooperazione in materia di sicurezza con Israele nel rafforzamento delle forze armate tedesche e della Nato”. E così su X anche Matthias Hauer (ancora Cdu), sottosegretario parlamentare al ministero dell’Istruzione definisce il passo della cancelleria “un segnale devastante”. La Bild riporta che domenica si terrà una videoconferenza di lavoro del gruppo parlamentare Cdu-Csu sulla politica estera.
La decisione è stata aspramente criticata soprattutto dal partito bavarese – alleato storico dei cristianodemocratici – che inizialmente ha dichiarato addirittura di non esservi stata coinvolta. “Come molti altri, sono rimasto relativamente sorpreso dalla decisione”, ha indicato alla Augsburger Allgemeine il deputato Stephan Pilsinger; rimarcando anch’egli come la cooperazione in materia di sicurezza sia anche nell’interesse della Germania. Anche Stephan Mayer, esperto di politica estera Csu, rispondendo al quotidiano ha chiesto una netta distinzione “tra armi offensive e sistemi difensivi” e “naturalmente dopo una rigorosa valutazione caso per caso e in stretto coordinamento con i nostri partner”. D’altronde la decisione del governo Merz si riferisce solo a Rüstungsgütern (attrezzature militari) e non usa il termine Waffen (armi) utilizzate a Gaza, e non per la difesa di Israele. Né menziona la Cisgiordania, anche se Berlino ha ammonito che non deve essere annessa.
Una dura reazione è giunta via Instagram pure dal movimento giovanile della Cdu, la Junge Union: “Fatta la spunta alla voce Ragione di Stato? Una rottura dei principi politici della Cdu-Csu”. Il presidente della JU ed egli stesso deputato, Johannes Winkel, sui social ha commentato: “Da oggi, Israele farà il nostro sporco lavoro, solo senza armi tedesche”, riprendendo un’espressione (“fare il lavoro sporco”) che il cancelliere Merz aveva utilizzato nei giorni dell’attacco di Israele in Iran.
Il presidente della commissione parlamentare Difesa, Thomas Röwekamp, in tv ha difeso la mossa “presa congiuntamente dal Governo” specificando che “non costituisce una limitazione della nostra solidarietà incondizionata con Israele”. Röwekamp ha relativizzato i dissensi: “E’ normale in una democrazia che ci siano anche opinioni dissenzienti” ma “la decisione del governo israeliano di inserire la conquista di singole città nella Striscia di Gaza all’ordine del giorno, oltre alla lotta al terrorismo, ha una nuova qualità”. Anche il capo della Cancelleria, Thorsten Frei, ha usato toni simili parlando con la Bild: “Non può e non deve esserci il minimo dubbio sulla solidarietà con Israele. Se ci sono divergenze di opinione fondamentali con la politica del governo israeliano, sono favorevole a dichiararlo apertamente tra amici”. Così pure il vicecancelliere Lars Klingbeil (Spd): “La nostra piena solidarietà va allo Stato di Israele, ma dev’essere detto ciò che non va”.
Il gruppo parlamentare socialdemocratico spingeva da tempo per un’azione più dura contro Israele e l’esperto di politica estera del partito Adis Ahmetovic ha dichiarato a Stern che dovrebbero seguire altre misure, come la sospensione totale o parziale dell’accordo di associazione con l’Ue, l’evacuazione medica dei bambini gravemente feriti, o anche sanzioni contro ministri israeliani. Non c’è però fin qui assenso nell’esecutivo per iniziative che esulerebbero completamente dalla situazione di Gaza, e la sottosegretaria Serap Güler (Cdu) ha indicato che i feriti “possono essere aiutati più rapidamente e meglio nella regione”.
Lo stop ai rifornimenti militari pronunciato da Berlino ha in effetti più portata simbolica che effettiva. Röwekamp, pur non sbilanciandosi, ha lasciato capire che al momento non ci sarebbero richieste israeliane pendenti; d’altronde per la classifica 2019-2023 dell’Istituto Sipri Israele è al quindicesimo posto tra gli esportatori di armamenti. Ha ricevuto significativamente armi dalla Germania dopo l’attacco terroristico di Hamas, ma poi le forniture sono drasticamente diminuite. Dati governativi riportati dai media tedeschi indicano che tra il 7 ottobre 2023 ed il 13 maggio 2025 le esportazioni tedesche in Israele sono state pari a 485,1 milioni di euro; per il ministero dell’Economia, però, in tutto il 2024 sarebbero già state solo per 161 milioni di euro, e da gennaio a marzo 2025 appena 28 milioni. Attualmente gli Usa coprirebbero il 69% circa delle importazioni israeliane di materiale militare; la quota della Germania è stata invece fin qui di circa il 30%, principalmente verso la Marina cui ha fornito anche sottomarini non impiegati a Gaza. All’Italia è dovuto appena lo 0.9%.
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