Livorno, l’assessore Simone Lenzi costretto alle dimissioni per i post transfobici. Il sindaco: “Difficile accettare le giustificazioni”

  • Postato il 10 ottobre 2024
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’assessore alla Cultura del Comune di Livorno Simone Lenzi si è dimesso dopo le polemiche per alcune sue uscite social transfobiche. La decisione è stata comunicata dal sindaco Luca Salvetti, indipendente alla guida di una giunta di centrosinistra, che ha chiesto all’assessore di farsi da parte. “Le parole espresse nei post pubblicati da Simone Lenzi sono estremamente gravi, relativamente alle quali è difficile accettarne le giustificazioni” ha detto tra l’altro Salvetti in una conferenza stampa, come riporta LivornoToday. “Le dimissioni sono state l’unica strada percorribile, la politica ha regole precise e ad ogni azione corrisponde una reazione”. Salvetti assumerà le deleghe tenute fin qui da Lenzi: oltre alla Cultura, tra le altre, anche la toponomastica e il tavolo delle religioni e della laicità.

Chi è Lenzi
Simone Lenzi
, 56 anni, era al suo secondo mandato da assessore e aveva corso alle Comunali come capolista della lista civica Protagonisti per la città che aveva superato il 4 per cento. Scrittore, paroliere, musicista, è il cantante dei Virginiana Miller, gruppo indie rock che si è formato nel 1990 e ancora in attività (ultimo album nel 2019, ultimi concerti la scorsa estate). Sempre per l’attività con la sua band ha vinto un David di Donatello e una Targa Tenco per la migliore canzone, Tutti i santi giorni, tema principale del film omonimo di Paolo Virzì, di cui Lenzi è stato anche soggettista (essendo la pellicola ispirata dal libro di Lenzi, La generazione) e co-sceneggiatore. L’ex assessore ha scritto canzoni e collaborato per Antonella Ruggiero e con i DeltaV e i Baustelle. Negli anni ha tenuto seminari sulla forma canzone alla Scuola Holden, alla Princeton University e all’università di Siena. Ha scritto vari libri (oltre a La generazione, anche Sul Lungomai di Livorno, Mali minori e In esilio) e ha collaborato con diversi giornali tra cui il Foglio, Linkiesta, Il Tirreno, Repubblica.

Il tweet contro il Fatto Quotidiano, i vecchi post sotto accusa
Lenzi alcuni giorni fa aveva pubblicato un tweet in cui aveva definito il Fatto Quotidiano una “fogna“, ma anche “laboratorio di abiezione morale, allevamento di trogloditi, verminaio del nulla”: “Ho uno champagne in frigo, pronto per quando chiuderà, sommersa dai debiti”. Una frase che aveva suscitato le reazioni di alcuni gruppi di opposizione e associazioni di Livorno e le reazioni in particolare sui social. Questo fatto ha portato probabilmente alla scoperta dello “storico” recente dell’attività social di Lenzi, nota forse a qualche utente abituale di X ma non alla gran parte della cittadinanza livornese. E sono, dunque, riemersi alcuni tweet degli ultimi mesi. Per esempio quello in cui il 30 agosto l’allora assessore commentava così l’opera Woman, dell’artista americana Jade Guanaro Kuriki-Olivo presentata alla Biennale di Venezia: “Alla Biennale di Venezia ci tengono a farci sapere che la donna quintessenziale ha la minchia. E no, non è che siamo borghesi scandalizzati. Siamo borghesi annoiati a morte da questo lavaggio del cervello, da questa prevedibilità, da questa predica continua”. In un’altra occasione, ad aprile, aveva pubblicato una lista di diversi orientamenti e identità sessuali commentando “Che fortuna essere prossimi alla vecchiaia!”. In un altro caso aveva ripostato la notizia del Daily Mail – peraltro tutta da verificare essendo la fonte un giornale sostanzialmente scandalistico – secondo la quale i “ricercatori della Duke University aiutano una donna transgender di 50 anni ad allattare suo nipote usando farmaci ormonali sperimentali”. Commento di Lenzi: “Riassunto: uno squinternato vuole farsi validare come donna e usa un neonato per soddisfare una sua perversione pedofiliaca con l’aiuto della Duke University. E no, non sono io transfobico, è che vi siete bevuti il cervello”. E ancora un messaggio social sulla notizia del regolamento dell’università di Trento per il quale le cariche saranno declinate al femminile (“Rettrice, decana, segretaria”) anche quando si parla di uomini. “Un atto simbolico” il commento del rettore. “Ma infatti la lingua si evolve esattamente così: grazie a regolamenti emanati da quattro mitomani sciroccati“, quello di Lenzi.

L’attacco dell’Arcigay, la presa di distanze del Pd
La scarsa continenza verbale non è tra le doti apprezzate per chi ricopre ruoli istituzionali. E così si è levata la voce delle opposizioni (in testa M5s e le liste di sinistra Buongiorno Livorno e Livorno Popolare e poi ancora i 5 Stelle a livello regionale). La presa di posizione dell’Arcigay è stata quella che significativamente ha cominciato a vacillare la poltrona dell’assessore. “Ci fa specie – ha scritto la presidente Martina Cardamone – sapere che queste parole siano state scritte da chi ha la delega amministrativa alla cultura. Cultura che per noi è l’unico antidoto contro i pregiudizi, gli stereotipi e l’odio di cui la comunità Lgbtqia+ è da sempre oggetto. Al di là del significato di questa statua (il riferimento è alla scultura della Biennale, ndr) non comprendiamo a cosa l’assessore si riferisca quando parla di ‘lavaggio del cervello‘. Da anni ci scontriamo con forze politiche conservatrici (e non) che inneggiano dell’inesistente teoria gender o alle azioni di propaganda che le associazioni Lgbtqia+ porterebbero avanti nei contesti scolastici e pubblici. L’identità di genere così come l’orientamento sessuale non sono ideologie o teorie da diffondere ma aspetti dell’identità di ognuno di noi che meritano di essere tutelati e affermati“. Un macigno di fronte alla giunta che si regge in gran parte sulla forza del Partito democratico. Nella stessa giornata dunque il Pd cittadino, per tramite della responsabile Diritti Claudia Leone, ha preso le distanze dalle parole di Lenzi. “Il nostro modello culturale si fonda sui principi di inclusività e valorizzazione delle differenze” ha scritto Leone. “Crediamo fermamente che la cultura debba essere uno strumento di crescita per l’intera società – è scritto nella nota – in grado di contrastare odio e discriminazioni in ogni loro forma”.

La versione di Lenzi
Lenzi, in una lunga lettera al sindaco, tra amarezza e irritazione, ha spiegato il post sulla statua come un apprezzamento di natura artistica (“mi prendevo il diritto di stigmatizzare un’opera di marketing ‘artistico’ che ritenevo stucchevole”) e quello sulla lista degli orientamenti sessuali come ironia. “Tempo per le spiegazioni infatti non c’è stato, perché non mi è stato dato – scrive tra l’altro -. Per questo, vengo subito alla sostanza politica delle mie dimissioni: mi dimetto perché alla sinistra, che avevo visto sin qui come la roccaforte di ogni libertà, la libertà più autentica non interessa affatto. Essendo piuttosto il narcisismo etico l’unica molla ormai capace di muoverne i riflessi condizionati, capisco bene che l’unica cosa importante davvero per tutti voi sia adesso posizionarsi, quanto più in fretta possibile, dalla parte dei giusti e dei buoni. Per essere giusti e buoni davvero, magari, avrete altre occasioni in futuro: ve lo auguro di cuore, insieme all’augurio che vi faccio di continuare a ottenere il meglio per la città”. Ma, continua, rigetta “con forza” e rispedisce al mittente “l’accusa ridicola di omofobia, di transfobia e di qualunque altra fobia, perché, sia chiaro, io non ho paura di nulla. Soprattutto di nessuna sacrosanta libertà umana, a partire da quella di esprimere la propria sessualità come meglio si crede, nel rispetto di tutti. E se non sono bastate tutte le delibere che ho convintamente votato, in questi anni, in favore della comunità Lgbtq+, allora ancora più volentieri firmo le mie dimissioni, perché, alla fine della giostra, la mia libertà di espressione e di pensiero non si inginocchierà mai sull’altare di questa ipocrisia“.

Vale la pena sottolineare che il giorno prima delle dimissioni Lenzi aveva convocato una conferenza stampa per certi versi drammatica in cui, quasi in lacrime, Lenzi si era scusato “dal profondo del cuore perché soffro ogni volta che mi accorgo di aver potuto offendere qualcuno che in realtà non volevo offendere. Per quanto mi riguarda ogni volta che ho fatto male a qualcuno era come se lo avessi fatto a me stesso”. Nella stessa circostanza l’assessore si era detto “profondamente dispiaciuto” per aver creato “imbarazzo” all’amministrazione comunale, che è guidata da una giunta di centrosinistra e che è sempre stata attiva in iniziative e impegni sulle istanze della comunità Lgbtqia+. Ventiquattro ore dopo i toni sono (di nuovo) un po’ cambiati.

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Il Fatto Quotidiano

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