L’Italia è un paese cattolico, guidato da una ex fascista: ci si può fidare? La risposta è nel confronto col 1922
- Postato il 7 settembre 2025
- Politica
- Di Blitz
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L’Italia è un paese cattolico, modernizzato dai comunisti, guidato da un ex fascista cui si oppone un partito a trazione democristiana. Ci sono tutte le condizioni per un romanzo di Forsyth.
Dal 2022, seguendo ogni settimana i sondaggi, si può constatare una sostanziale stabilità dell’elettorato italiano le variazioni sono in genere di poche per unità decimali, cosa abbastanza poco significativa in un normale sondaggio.
Il grande spostamento c’è stato qualche anno fa dopo la crisi del Papeete di cui è stato vittima-protagonista Matteo Salvini, col passaggio del consenso di una sostanziale massa di elettori della Lega e Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni sta facendo bene, non c’è dubbio.
Il riscontro è nei consensi. Da poco più di mezzo milione di voti nel 2013 FdI è arrivato a 7 milioni alle politiche del 2022 e europee del 2024. In percentuale erano al 4% nel 2018, sono arrivati al 26% nel 2022, hanno continuato a crescere dopo le elezioni nei sondaggi, arrivando al 30%. La madre di FdI, il Movimento Sociale Italiano, MSI, partito dal 2% nel 1948, era arrivato al 13% nel 1994, l’anno dello sdoganamento da parte di Berlusconi. Alleanza Nazionale, padre di FdI, non è mai andato oltre. Se Michelini e Almirante e Tatarella sono da qualche parte nell’aldilà certamente piangono commossi di felicità.
Ne sono conferma la crescente credibilità internazionale, il crescente consenso dei grandi giornali del mondo e soprattutto dell’indice degli indici, lo spread, cioè la differenza fra gli interessi pagati sui buoni del Tesoro italiani quelli tedeschi.
L’Italia può fidarsi?

Mussolini e Churchill, una storia segreta, rivelati sconcertanti dettagli inediti sul loro rapporto – blitz quotidiano.it (foto ANSA)
– Blitzquotidiano.it (foto Ansa)
Ma, si chiede Bruno Tucci, ci si può fidare di una post fascista? Direi che la domanda va girata: quali che siano le aspirazioni di un politico, ci sono delle condizioni esterne in un paese che ne determinano e le condizionano i comportamenti.
Devo fare una premessa. A me i fascisti hanno sempre fatto paura, non solo per i racconti ascoltati in casa ma per un’esperienza personale che risale a quando avevo 15 anni. Un amico mi portò a una riunione di missini che si teneva in una sala dell’albergo Astoria a Genova. Il salone era pieno, c’era anche un professore di ginnastica di cui mio padre diceva che si profumava come le donne (O se profumma comme e donne). Le urla, i saluti a braccio teso, gli eia eia alala mi mi terrorizzarono: non mi videro più.
Anche i comunisti, devo dire, mi fanno paura e qui ricordo ancora più antico, risale alle elezioni del 1948, un anno decisivo per la democrazia italiana. Davanti a casa mia vidi un giovanottone diciottenne che attaccava un manifesto. Era grande e grosso come Giuliano Ferrara, aveva i pantaloni corti da cui uscivano due coscioni. Non so perché mi fece paura e allora pur avendo molti amici fra loro non mi sono mai fidato dei comunisti e avevo ragione.
Un bravo politico come Mussolini seppe sfruttare le condizioni di quel momento e la debolezza e ambiguità del re Vittorio Emanuele II per instaurare una dittatura che durò vent’anni e finì solo per la la follia del Duce di entrare in una guerra che non era in grado di combattere.
Se il re avesse voluto
Se il re avesse voluto Mussolini sarebbe spazzato via da quattro cannonate. I partiti esistenti erano deboli, all’inizio i cattolici appoggiarono il duce anche se poi se ne pentirono.
Penso che in quei giorni di un secolo fa, influissero anche gli orientamenti delle grandi potenze europee. La rivoluzione sovietica era in piena espansione, in Inghilterra prendeva corpo un partito fascista, inglese francesi erano terrorizzati da un’Europa rossa e da un’Italia rossa.
Oggi il quadro di riferimento internazionale radicalmente diverso. C’è un Europa nella cui economia siamo totalmente integrati. C’è soprattutto l’America, cui dobbiamo benessere e libertà negli ultimi ottant’anni. Giorgia Meloni fa molto bene a restare sotto quell’ombrello. I presidenti passano le alleanze e i paesi restano.
Un esempio di come le condizioni esterne determinano il percorso di un partito è dato dal partito democratico italiano , il PD. Andiamo a vedere le sue radici affondano nel passato del partito comunista, partito che in una delle sue mutazioni post Unione Sovietica riuscì in un colpo solo a eliminare due dei maggiori partiti attivi in Italia per tutto il novecento: il partito socialista e la democrazia cristiana.
Alla fine, i comunisti (D’Alema, Bersani & C.) o sono stati estromessi o sono passati a migliori esperienze (Minniti, Velardi) e il partito è stato dominato dei post democristiani.
D’Alema è stato invitato a Perchino alla grande marcia di Xi dei primi di settembre, solo perché i cinesi avevano dei loro archivi la lista vecchia di trent’anni fa di quando D’Alema era Primo Ministro, il primo governo retto da un post comunista e Oliviero Diliberto era ministro della giustizia per conto del partito più vicino ai cinesi. Diliberto e D’Alema furono anche protagonisti di un increscioso incidente internazionale che aveva al centro il leader comunista curdo Ocalan.
Paradossalmente un democristiano di sinistra come Dario Franceschini ha lanciato, col trucchetto delle primarie, pentendosene poi amaramente, la pseudo sinistra Elly Schlein.
Torniamo alla domanda iniziale, ci si può fidare di Giorgia Meloni e del suo partito, i fratelli d’Italia ? Penso che più che di fiducia si debba parlare di condizioni oggettive che limitano il rischio.
Se anche giorgia Meloni nascondesse sotto il suo pragmatismo nelle ambizioni totalitarie come quella del premio elettorale del premierato, le forze in campo mi sembrano tali da frenarne qualsiasi irrequietezza, cominciare dai suoi alleati i coalizione, Lega e Forza Italia.
La sinistra al governo o in appoggio al governo avallato una serie di operazioni di privatizzazione che sono state la causa prima dell’attuale crescita dei prezzi dell’energia.
Quante delle posizioni di Meloni e dei suoi seguaci sono frutto di intime convinzioni, quante sono opportunità elettorali? Da un po’ di tempo non si accusa più Meloni di essere sovranista anche perché già ci siamo resi conto tutti che opporsi All’imposizione di una burocrazia franco-tedesca Fine a se stessa che stanno soffocando l’Europa non può che essere una buona strada.
C’è il difettuccio di avere creduto o di credere ancora che Mussolini sia stato un santo è un benefattore dell’Italia ma nessuno è perfetto se pensiamo che i comunisti grande vedevano in Stalin il papà della classe lavoratrice (cosa che peraltro fu, ma per quella russa).
Checche ne pensino Elly Schlein e i suoi l’Italia non è mai stata così bene. Lo spread ai minimi storici, l’economia tira, l’industria del Nord assorbito due grandi shock, la crisi della Germania di cui essa è in gran parte tributaria e la guerra dei dazi. Il fallimento del referendum di Landini è un indice del fatto che in Italia non c’è grande tensione sociale. Ci sono tanti poveri ma, a parte il fatto che sono un 10º di quello che erano cinquant’anni fa, la loro forza politica è minima.
Non c’è un re che deve salvare la dinastia e il sistema dei partiti è abbastanza ben articolato per controllarsi a vicenda. È vero che Mussolini andò al potere con il 25% dei voti, meno di quello che oggi ottiene nei sondaggi fratelli d’Italia, ma a quei tempi c’era il caos, oggi ci sono le code in autostrada per il fine settimana e le vacanze.
C’è un solo segnale di ambizioni autoritarie da parte di Giorgia Meloni, il suo disegno di riforma detto del premierato. Esso le consentirebbe un potere assoluto rispetto ai partner della coalizione, lega e Forza Italia ma si deve credere che Salvini, Tajani e soprattutto i Berlusconi siano abbastanza accorti da evitare il sopruso.
Con l’opposizione frantumata e dispersa a inseguire cause di poco appeal per l’italiano comune, il futuro della coalizione di destra sembra abbastanza tranquilla.
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