L’Italia dei delitti per futili motivi: un’epidemia sociale ignorata
- Postato il 16 maggio 2025
- Di Panorama
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C’è chi uccide perché gli hanno pestato un piede o sporcato una scarpa, c’è chi uccide per tifo calcistico, c’è chi uccide per un sorpasso o per uno sgarbo condominiale, c’è chi uccide per uno scherzo mal sopportato, c’è chi uccide per provare una macchina nuova e tirarla in velocità, c’è chi uccide per un debito non saldato di pochi euro e chi uccide per una battuta alla sua fidanzata, c’è chi uccide per uno screzio in discoteca. Di vittime per futili motivi ce ne sono forse più che di vittime sul lavoro o per i cosiddetti femminicidi. Condanniamo con sdegno chi uccideva per onore, per la patria o per la fede, ma non è molto peggio uccidere per così poco, anzi per un nonnulla? Quelle potevano essere ragioni di vita, anche se esasperate e rese torve, cruenti dal fanatismo; ma questi moventi senza motivazione, che genere di umanità descrivono? Chi uccide per così poco anziché alzare le spalle o rispondere in modo adeguato, che razza di idea ha di sé, degli altri, della vita?
Chi uccide per futili motivi uccide non una ma due volte e uccide pure se stesso. Uccide due volte perché oltre ad aver tolto la vita a qualcuno, reputa quella vita meno importante di una scarpa, due soldi, una bibita. E uccide anche se stesso perché chi uccide qualcuno per una ragione così banale, butta via pure la sua vita per lo stesso banale motivo. Si rovina la vita per una scemenza.
Ma il vero problema di fondo non è che qualcuno uccida per futili motivi ma che molti appendano la loro vita a futili motivi. Vivere per futili motivi è il vero problema; uccidere per futili motivi ne è solo una estrema conseguenza. La questione è a monte: dai così poco valore alla vita, la vita di tutti, non solo la sua e la tua, che ti basta una sciocchezza per buttarla via.
L’omicidio per futili motivi è in crescita, ma si tratta ancora di casi, benché la casistica aumenti in modo impressionante. Però la vita vissuta per futili motivi riguarda non singoli casi ma folle, interi stock generazionali di ragazzi e di anziani, masse di solitari. È una tendenza epocale.
Troppa gente è attratta dalla forza di vacuità che si fa più pesante e imperativa della forza di gravità: la forza di gravità ti porta a terra, la forza di vacuità ti fa sprofondare negli abissi del nulla.
Trovo insopportabili le prediche e i solenni giuramenti dopo un delitto compiuto: mai più vittime sul lavoro, in amore, in famiglia, per la velocità, per l’insofferenza, gridano. Che senso ha dire una sciocchezza del genere, e spararla a fine sermone, come se fosse una severa minaccia contro il male e un fiducioso annuncio del bene? Sappiamo che il giorno dopo sarà punto e daccapo, altri crimini ci saranno ancora, fino a che ci sarà l’umanità…
Non si guarisce dal male con i buoni propositi di chi censura le azioni cattive con quel moralismo ipocrita e vanesio che annuncia redenzioni e svolte epocali. Si deve punire quando accade, prevenire dove è possibile, educare sin dai primi passi, ma senza farsi illusioni di cancellare il male.
Molti dei delitti che ci affliggono provengono da quella disattenzione profonda nei confronti della vita, quel non avere alcun sentimento del vivere e alcuna visione della vita; quell’incapacità di coltivare la vita, di vedere il contesto, di capire i precedenti e le conseguenze; quell’incapacità di distinguere l’essenziale dall’accessorio, il fondamentale dal secondario. Tutta questa perdita del senso della vita deriva dal progressivo spegnersi di ogni fede, di ogni senso religioso, ma anche di ogni pensiero sulla vita e di ogni missione.
Quella che si chiama insensibilità, o peggio cinismo, è una conseguenza di tutto questo.
E allora cosa ci fa continuare a vivere una volta perduta, dimenticata o mai avuta questa attenzione alle cose importanti che rendono la vita degna di essere vissuta?
Piccoli desideri e manie di possesso, passeggere vanità e venalità, banali oggetti di consumo, sbalzi umorali, alterazioni momentanee. Questo vivere per così poco nei più aggressivi, impulsivi e meno controllati si traduce in reazioni violente, fino a uccidere “per futili motivi”, appena quel poco che sostanzia la loro vita viene insidiato o messo in questione. Allora quel che passa per la testa in quel momento non incontra freni, ostacoli, pause di riflessione, passa direttamente alle mani, all’azione, si alimenta di odio e di disprezzo verso chi hai davanti e che vivi come un ostacolo alla tua vita, ai tuoi desideri, alla tua libertà di fare quel che ti piace, senza render conto a niente e a nessuno.
A voler salire di piano nella diagnosi, il vivere di futili motivi è la conseguenza di massa, la traduzione pop, di quello che si chiama nichilismo. Non c’è bisogno di aver letto e capito Leopardi o Schopenhauer, Stirner o Nietzsche, Turgenev o Dostoevskij, per vivere dentro il nichilismo e comportarsi di conseguenza. Quel che intuivano menti acute e profetiche di un paio di secoli fa, si fa costume, marea, condizione epocale per milioni di persone di oggi. Effetti collaterali di questo nichilismo pratico di massa sono la chiusura nel proprio individualismo, il cinismo di massa, il rifiuto di ogni vera connessione col passato e con l’avvenire, la disperazione e la depressione, seppure unite a una ricerca spasmodica di distrazioni e divertimenti.
Insomma, per ogni crimine compiuto per futili motivi, ci sono mille individui che sprecano la loro vita per futili motivi.
Se vuoi debellare i primi, devi cambiare i secondi. Impresa difficile.