L’Italia aderisce al fondo Safe: la svolta sui prestiti Ue per la difesa

  • Postato il 30 luglio 2025
  • Di Il Foglio
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L’Italia aderisce al fondo Safe: la svolta sui prestiti Ue per la difesa

A un passo dalla scadenza fissata per la mezzanotte di oggi, 30 luglio 2025, il governo italiano ha sciolto ogni riserva: l’Italia farà ricorso ai prestiti Safe messi a disposizione dall’Unione europea nell’ambito del piano “ReArm Europe” (poi ribattezzato “Readiness Europe”), per rafforzare la propria spesa militare. Si tratta di 14 miliardi di euro da impiegare nei prossimi cinque anni, da restituire con rate diluite nell’arco di 45 anni, come confermato da diverse fonti governative dopo il vertice a Palazzo Chigi che si è tenuto nella tarda serata di ieri.

Perché ora la svolta sui prestiti Ue? Per mesi, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni – e in particolare il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – aveva manifestato reticenza ad aumentare l’indebitamento per finanziare una crescita delle spese militari resa urgente dalla situazione geopolitica internazionale. La stessa premier, nel recente vertice Nato dell’Aja, aveva garantito che l’aumento della spesa in difesa (fino al 5 per cento del pil) non avrebbe sottratto risorse al welfare.

Ma la scadenza per accedere ai fondi Safe – introdotti dalla Commissione Europea con uno stanziamento di 150 miliardi di euro per rafforzare la capacità industriale e tecnologica europea in campo militare – ha costretto il governo a una decisione rapida. Quella che si profila è una corsa dei governi europei ai fondi: fino a ieri erano nove (fra cui Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Spagna, Finlandia, Lituania e Ungheria) ad aver formalizzato la domanda, ma la Commissione si attende almeno 20 richieste entro la scadenza odierna. Così ieri Meloni ha riunito a Palazzo Chigi i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro dell’Economia Giorgetti, il titolare della Difesa, Guido Crosetto (videocollegato), e il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti. E in tarda serata è arrivata la decisione.

  

I dettagli dell'accordo e le implicazioni per l’Italia

La richiesta italiana – formalizzata in una lettera inviata a Bruxelles nella notte tra il 29 e il 30 luglio – prevede un utilizzo mirato dei fondi: finanziare i programmi di difesa già pianificati per il periodo 2026-2030 e “alleggerire il bilancio dello stato” contando sull’inclusione della maggior parte delle spese militari sotto l’ombrello dei prestiti Safe. Il governo promette che l’operazione non impatterà sul Patto di Stabilità europeo: non è prevista, infatti, l’attivazione della cosiddetta “clausola di salvaguardia” per debito e deficit. Un nodo tecnico non secondario, dal momento che le regole fiscali dell’Ue restano rigorose.

L’adesione italiana al fondo Safe rappresenta una svolta importante nelle politiche di difesa e nelle relazioni con le istituzioni europee. Con la decisione assunta nella notte del 29 luglio, Roma punta a rafforzare la capacità militare senza toccare i capisaldi del bilancio pubblico, pur consapevole delle tensioni che questa scelta potrà generare su più fronti: economico, politico, internazionale.

Come scrivevamo qui, "gli eurobond emessi dalla Commissione europea costano meno dei Btp italiani: finanziare l’aumento della spesa per la difesa con i soldi europei costerebbe meno che farlo tramite il debito nazionale. La differenza su un orizzonte temporale di dieci anni è oggi di circa mezzo punto percentuale. Per ogni miliardo di euro preso a prestito, gli eurobond garantirebbero un risparmio all’Italia di circa 5 milioni di euro di interessi l’anno. I fondi europei Safe offrono inoltre ulteriori vantaggi: i rimborsi sono a lungo termine, entro 45 anni, e sui progetti finanziati gli stati non pagheranno l’iva. L’Italia sarebbe il paese dell’area dell’euro che più beneficerebbe del debito comune europeo, a causa degli alti tassi di interesse che paga sul proprio debito sovrano". 

  

I dazi e lo scenario politico interno

Parallelamente, resta alta l’attenzione sullo scenario economico internazionale: la premier Meloni, tornata dal vertice sulla sicurezza alimentare in Etiopia, ha richiamato all’unità interna per difendere gli interessi economici dell’Italia dai rischi dei nuovi dazi Usa-Ue. In questo contesto, il governo ha rassicurato le imprese italiane sulla volontà di “pesare” nella definizione delle esenzioni e di “studiare aiuti” per i settori più esposti alle guerre commerciali. Il 2024, ricordano dal ministero delle Imprese, è stato un anno record per gli investimenti esteri in Italia (35 miliardi di euro), una base da difendere anche nei mesi a venire.

Non sono mancati contraccolpi politici. In Senato le opposizioni hanno chiesto un’informativa urgente della premier Meloni sulle ragioni e le modalità della scelta, criticando al contempo “un’Europa debole”. La Lega si associa e rimarca la distanza dalla Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Lunedì prossimo si attende una nuova tornata di vertici e discussioni anche dentro la maggioranza, che su questo dossier – complici le elezioni regionali alle porte – naviga a vista.

 

 

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Il Foglio

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