L’Inter ha scelto Chivu, una scommessa (non un ridimensionamento)

  • Postato il 5 giugno 2025
  • Di Panorama
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Cristian Chivu è il nuovo allenatore dell’Inter, contratto biennale “leggero” (2 milioni di euro a stagione) e banco di prova immediato perché il Mondiale per Club rappresenta per lui un’immediata verifica di compatibilità con un top team. Chivu è stato un grande calciatore, protagonista della stagione del Triplete firmato da Mourinho. Non è ancora un allenatore vero, nel senso che la sua esperienza con i grandi si limita a una manciata di partite (13) alla guida del Parma. Lo ha salvato e questo è un merito, ma la distanza tra l’Emilia a metà anno e l’Inter dall’inizio sull’onda lunga delle delusioni di questo finale di stagione è come andare dalla Terra alla Luna.

Persona intelligente e umile, Chivu per primo è consapevole di questa difficoltà. La scelta del suo profilo e lo tsunami del post Monaco di Baviera, dall’addio di Inzaghi al tentativo fallito di agganciare Fabregas, sono la miscela perfetta per far esplodere il malcontento del popolo interista che è scosso ai limiti della crisi di nervi. Una condizione negativa in aggiunta della quale, però, il tecnico romeno non è responsabile: quanto più rapidamente l’ambiente intorno ad Appiano Gentile lo capirà, maggiori saranno le possibilità che l’innesto funzioni.

Marotta ha scelto Chivu per l’Inter: una scommessa

Il peso della decisione di far sedere Cristian Chivu sulla panchina dell’Inter dopo Inzaghi ricade interamente sulle spalle di Beppe Marotta. E’ una scommessa, il tempo dirà se a perdere o fruttuosa. Dal punto di vista tattico Chivu sembra adatto alle caratteristiche della rosa che eredita, a partire dalla difesa a tre che è stato il marchio di fabbrica inzaghiano. Tutto il resto, però, assomiglia a un salto nel vuoto che ha pochi precedenti nel calcio moderno. Quello che viene in mente a caldo è la scelta che Andrea Agnelli fece nel 2020 affidando l’ultima Juventus di Cristiano Ronaldo ad Andrea Pirlo, un novizio assoluto: ai bianconeri non andò benissimo, perché funzioni è necessario che la società si stringa forte intorno all’allenatore colmandone con la presenza quotidiana il gap di esperienza e carisma.

La prima salita che Chivu dovrà affrontare sarà trovare la chiave per parlare a uno spogliatoio psicologicamente distrutto dal finale di stagione. Gli schiaffi di Monaco di Baviera lasceranno segni per mesi: il romeno, che è stato un grande giocatore, trova subito la connessione con il gruppo oppure il rischio è che la ricerca di un linguaggio condiviso bruci molte delle potenzialità della squadra.

Chivu non è il segnale del ridimensionamento dell’Inter

La grande paura dei tifosi interisti è che una scelta “minore” dopo lo strappo con Inzaghi sia il segnale di un progressivo, nemmeno troppo lento, ridimensionamento della ambizioni dell’Inter. Non più tardi di qualche settimana fa Marotta teorizzava l’idea di un ciclo da rivitalizzare ma che aveva ancora vittorie e trofei da cercare: è sufficiente il tracollo di Monaco per avergli fatto cambiare idea? La risposta è no. Chivu non è il sintomo della volontà di tagliare e ridimensionare e non può esserlo nemmeno per il fondo Oaktree: aver compreso che anche il riequilibrio dei conti passa molto attraverso i risultati del campo (e, dunque, i ricavi conseguenti) è stato uno dei segreti di un 2025 che si chiuderà con un bilancio record.

Sarebbe, insomma, autolesionistico immaginare che improvvisamente da Oaktree sia arrivato l’ordine di sbaraccare tutto. Chivu è certamente il prodotto di un momento di difficoltà forse sottovalutato – la volontà di Inzaghi di andare in Arabia, non aver bloccato Allegri e aver inseguito vanamente Fabregas -, trasformatosi in apparente improvvisazione, ma il conto alla nuova Inter andrà presentato quando sarà chiara la traiettoria del mercato estivo.

Sempre Marotta, nel cuore dell’inverno, spiegava che finalmente sarebbe stato possibile condurre una sessione di investimenti e non di rigida ricerca del saldo zero. Differenza rispetto al passato, privilegiando la spesa per talenti giovani da valorizzare piuttosto che calciatori trentenni immediatamente spendibili. A Inzaghi non interessava, Chivu che fin qui ha quasi sempre e solo lavorato con i ragazzi potrebbe essere più adatto come compito.

Il resto, però, dovrà farlo la società dando concretezza a questi programmi. E’ anche l’unico modo di cominciare a tessere la tela con un popolo scosso e arrabbiato. Un attaccante almeno di livello, un difensore centrale e un centrocampista oltre ai due nuovi arrivati già annunciati (Sucic e Luis Henrique); il resto di contorno. Ecco quello che attende l’estate di Marotta e Ausilio per soffiare via le nuvole del pessimismo e della rabbia che oggi rendono irrespirabile l’aria intorno all’Inter.

La carriera di Cristian Chivu, nuovo allenatore dell’Inter

Chivu è di casa all’Inter e non solo per essere stato uno dei protagonisti della stagione perfetta del 2010. Dopo le 115 presenze in campo con la maglia nerazzurra, il romeno ha avviato la sua carriera di allenatore proprio a Interello e Appiano Gentile. Una parentesi lunga sei anni, iniziata con le squadre più piccole e poi impreziosita dalla conquista del campionato Primavera nel 2022, ma con anche qualche ombra viste le precoci eliminazioni prima e dopo aver conquistato il tricolore.

Da lì la decisione di mollare l’Inter per mettersi in proprio fino alla chiamata del Parma nel febbraio scorso. I ducali navigavano in cattive acque, piena zona retrocessione, con il morale basso dopo un buon avvio di stagione. Chivu ha fatto sufficientemente bene in Emilia per arrivare alla salvezza: 16 punti in 13 partite compreso il pareggio imposto al Napoli nella notte del suicidio sportivo dell’Inter a San Siro con la Lazio. Poteva essere la sliding door scudetto per i nerazzurri, è rimasta l’impresa di una squadra che il tecnico alla prima esperienza ha dimostrato di saper plasmare in poco tempo.

Ora l’asticella si alza. Chivu non ha mai allenato dall’inizio della stagione e dovrà farlo a partire già dal Mondiale per Club in una situazione psicologica difficilissima, con le scorie della delusione di Monaco di Baviera da smaltire, i giocatori stanchi e stressati e nessuna rete di protezione. Una scelta che sa di scommessa rischiosa da parte di Marotta e della dirigenza interista. Il segnale che, davvero, parte un nuovo ciclo.

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Panorama

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