L'insostenibile leggerezza di essere Panatta, con Mita Medici pentimento a posteriori e l'amore per Loredana Bertà
- Postato il 7 luglio 2025
- Di Virgilio.it
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Il tributo che deve il tennis italiano a Jannik Sinner è assoluto, ma le fondamenta su cui si sarebbe costruito il significato anche politico di questa disciplina elitaria sono state edificate grazie all’opera sistematica, continua di Adriano Panatta. Talento dedicato alla racchetta grazie al contingente, merito di suo padre Ascenzio che fu custode e testimone di quel Tennis Club Parioli che ha costruito un frammento della storia romana dello sport.
Immaginiamo un tennis senza Panatta. Che cosa sarebbe stato? Che pagine sarebbero state scritte per l’Italia, per il Cile, per la Coppa Davis e per la nostra storia? In quel ragazzino con il suo Solex che girovagava per Roma, molto prima di Nanni Moretti sulla sua Vespa nell’estate assolata romana, c’era lui.
- Panatta, il talento che rivoluzionò il tennis prima di Sinner
- La dedica a Mita Medici
- Nicola Pietrangeli, rispetto e affetto
- Le confessioni di Panatta su Borg
- I ricordi della loro relazione, quasi dimenticata
- Adriano Panatta oggi: gli amori e le nozze a 70 anni
Panatta, il talento che rivoluzionò il tennis prima di Sinner
C’era Adriano, talento purissimo ma intriso dell’ironia e di quel sarcasmo accompagnato alla disciplina che lo hanno reso unico, nel panorama tennistico e sportivo dell’Italia degli anni Settanta quando era un ragazzo con la racchetta con il manico tagliato e il muro come primo avversario.
C’è tanto Panatta e Adriano pure nell’intervista rilasciata a Aldo Cazzullo nell’edizione odierna del Corriere della Sera. ma pure tanta Roma, tanta bellezza, tanta gratitudine, troppa verità per chi non ha attraversato quegli anni e quella storia capitolina in cui non vi era alcun confine tra sport e tutto il resto.
Panatta è il baluardo di quanto si possa essere campioni unici, amici, fratelli pur rimanendo distanti e anche fare politica, approfondire, studiare con curiosità e attenzione. Com’è stato per lui, oggi opinionista Rai e imprenditore.
Ammira Jannik Sinner e la sua regolarità, il metodo pur imputando maggiore fantasia e genialità a Carlos Alcaraz.
La dedica a Mita Medici
Prima figura davvero trasversale, campione inarrivabile – il miglior tennista italiano per eleganza e stile – intrecciò la sua vita sportiva a quella di personaggi eccezionali, donne altrettanto talentuose. Anche sul piano dei sentimenti non si è mai negato, non ha mai smentito alcun amore restituendo nel tempo anche maggiore profondità a quelle relazioni con compagne intelligenti, incisive, protagoniste del loro tempo.
In questa stessa intervista, Panatta ancora una volta regala uno spiraglio di verità sulla sua relazione con Loredana Berté ammettendo, però, la sofferenza che inflisse a Mita Medici la quale fu anche il grande amore del poeta e autore Franco Califano, in anni diversi.
Mita Medici oggi
A lei dedica delle scuse a decenni di distanza, con un’ammissione che desta inevitabili interrogativi. perché adesso, perché in un’intervista così centrale e importante? Certo, si tratta di Adriano, che tutto può e tutto può permettersi. E anche il pentimento ha un suo motivo d’essere a decenni di distanza.
Panatta ha menzionato le sue schermaglie con il maestro Belardinelli, fascista dichiarato, e le sue gite napoletane con scommesse su cavalli e cani. In Australia nel ’68 che scoprì la musica rock, l’importanza del servizio e la volée e l”amore romantico con la collega australiana, Margaret Star.
Prima dello tsunami Bertè che scelse dopo aver avuto una storia con Mita Medici, appunto. Una ragazza che tratteggia, oggi, con parole delicate e sentite complice la giusta distanza:
«Con Mita Medici, che si chiama in realtà Patrizia, mi sono comportato molto peggio. Era una ragazza deliziosa. Ma una sera a Milano, al Santa Lucia, arriva Loredana Bertè. Pelliccia di scimmia, modi da star. Andai via con lei. Mi comportai come una me…. Me ne sono sempre vergognato». Una coppia da copertina, tra sport e showbiz che neanche a studiarla a tavolino sarebbe riuscita così vera, iperbolica, superlativa.
Loredana Berté, Panatta e Borg
«Una sera andiamo al cinema. Loredana aveva una minigonna ascellare. Mise la gambe sul sedile davanti. Si accesero le luci nell’intervallo: era praticamente nuda. Dalla galleria mi gridarono: “A Panatta, puoi pure vincere, ma vattenea…””. Attorno a loro c’erano Mia Martini, Renato Zero e i grandi del cinema italiano con i quali il campione ebbe rapporti d’amicizia e affetto. “Loredana mi dice: andiamo a prendere un mio amico, ci aspetta sotto il balcone di piazza Venezia. Arriviamo e vedo questo ragazzo magrissimo, con i capelli lunghi, vestito da marziano, tutto luccicante. Grigio metallizzato. Era Renato. Un personaggio meraviglioso. Gli anni 70 furono meravigliosi”.
Nicola Pietrangeli, rispetto e affetto
Nel suo libro, Panatta parla di Paolo Villaggio, Ugo Tognazzi e della figura centrale del tennis italiano Nicola Pietrangeli, da cui ricevette attenzioni, affetto e rivalità. A lui rivolge un commosso pensiero per la perdita di suo figlio Giorgio, scomparso a causa di una malattia. Il loro legame fu forte, da fratelli quasi ma anche conflittuale, tra due personalità enormi come ricorda lo stesso Panatta che lo inquadra come “indifendibile” a volte nel suo atteggiamento da “Marchese del Grillo”.
Tifoso della Roma da sempre, tennista inarrivabile nel 1976 quando vinse il Roland Garros, era affezionato alla Coppa Davis, che per lui contava più di Wimbledon, e non accetta che oggi sia ridotta a tre giorni. Parte della leggendaria squadra con Barazzutti, Zugarelli e Bertolucci, ricorda le trasferte in Sud Africa, India, Australia. La celebre finale in Cile contro il regime di Pinochet fu giocata con la maglietta rossa, a segnalare dissenso. Si faceva politica anche così.
Erano anni di forte militanza, tra amori e saluti con il tennis che diventava sempre più ricco e impegnativo: tra i suoi avversari ci fu anche Bjorn Borg, marito poi di quella Loredana Bertè che amò follemente e che abbraccia a ogni incontro. Incroci che in queste vite tornano e hanno un loro ciclo.
Borg e Panatta all’epoca dei loro successi
Le confessioni di Panatta su Borg
Adriano Panatta in un’intervista rilasciata tempo addietro a Che tempo che fa aveva ripercorso quell’amore totale per Loredana Bertè, con il trasporto e la stima di oggi.
In quell’occasione era presente anche lei che non ha mancato di ribadire quel trasporto e di svelare come il grande amore per un altro tennista, Bjorn Borg, non fu all’origine della frattura con Adriano, con il quale visse delle emozioni profonde, accudite e difese a distanza di decenni da quella condivisione, a un anno circa dal loro incontro nel 1973.
“‘Sei bellissima’ è dedicata alla storia con Panatta. Adriano è stato il mio primo amore. Fu lui a presentarmi Borg…”.
L’incontro fu accidentale, tra Loredana e Borg, tra un aeroporto e l’altro, tra un torneo e un incontro perché quella era la loro vita. Un’esistenza costruita su una certa frenesia, di una velocità esponenziale che però, quando si trattò del campione svedese, non si consumò subito al contrario di quel che era accaduto per Loredana nella sua giovinezza. Con Bjorn l’amore scoccò successivamente e il matrimonio che li unì fu assai più tardi, sul finire degli anni Ottanta.
Borg con Loredana Berté, in Svezia durante gli anni del loro matrimonio
I ricordi della loro relazione, quasi dimenticata
“In quegli anni ci divertivamo un sacco – aveva raccontato da Fabio Fazio ‘Ascenzietto’ Panatta – lei ballava, io l’accompagnavo ai provini”. I collettini di Rita Pavone, per intenderci.
Renato Zero “vestito da marziano a Piazza Venezia”, Bertolucci “che apre un negozio a Fleming e quando vede arrivare la Bertè e Zero con le piume gli dice: “Andatevene, altrimenti la gente non entra”“.
In quella stessa intervista, tenera anche, Berté ammise quanto ha rammentato con un tono assai distante e a corredo un’ammissione che “Adriano l’avevo ‘rubato’ a Mita Medici…”. Fu lei ad affermarlo, non Panatta in quella specifica circostanza.
Adriano Panatta oggi: gli amori e le nozze a 70 anni
Panatta, invece, dopo il primo matrimonio con Rosaria e aver vissuto le relazioni delle quali occasionalmente riporta qualche dettaglio appena senza soffermarsi oltre, si è recentemente risposato a 70 anni con la sua compagna, Anna Bonamigo, con la quale vive a Treviso e segue le loro attività.
Anche il suo ruolo alla Domenica Sportiva scaturisce dalla sua innegabile e indomita lettura del presente, dalla sua qualità di opinionista e attento conoscitore anche dei meccanismi federali. Competenze che si ritrovano in pochi, pochissimi. E che condivide con quella leggerezza unica, condita dal cinismo di chi sa e che appartiene ai tratti della romanità.
Inevitabilmente legate al tennis, uno sport che è poi la sua cifra, il suo codice più che un lavoro, come ha sempre dimostrato prima di lui suo padre Ascenzio, il custode del circolo Parioli che seppe capire come e più di altri quel talento in quel ragazzino felice sul suo motorino ma fermo nel ribadire in campo con la racchetta. Senza Roma, senza quella racchetta con il manico tagliato, senza leggerezza e un certo disincanto avremmo ricevuto meno autenticità. Panatta, forse, avrebbe vinto di più, ma pure questa è un’altra storia.