L’Inps spegne gli entusiasmi di Meloni: “Sull’occupazione delle donne e dei giovani troppa distanza dall’Ue. E l’inflazione ha fatto calare il potere d’acquisto”

Nonostante lo spoil system legittimamente esercitato dal governo, l’Inps a trazione meloniana si incarica di gettare acqua sul fuoco degli entusiasmi della maggioranza rispetto al buon andamento del mercato del lavoro italiano. Performance così esaltante, secondo la premier Giorgia Meloni, da costruirci intorno un video e un volantino ad hoc pubblicati sul sito di Fratelli d’Italia e accompagnati dall’invito ad iscriversi al partito. La lettura del rapporto annuale dell’istituto previdenziale le risulterà indigesta, perché i capitoli su occupazione e salari suggeriscono molta cautela.

Per prima cosa, l’Inps chiarisce – anche se in termini tecnici – che il record storico raggiunto dal tasso di occupazione dipende anche da un banale fattore demografico: “La popolazione in età lavorativa (15-64 anni), che era pari a 38,2 milioni a inizio 2004, ha raggiunto un massimo di 39,1 milioni nel 2011 e nei primi mesi del 2024 è attorno a 37,2 milioni“. Un calo che tende di per sé a far aumentare il rapporto tra occupati e popolazione di riferimento. Poco dopo si sottolinea che “il recupero del mercato del lavoro dopo la crisi pandemica è stato veloce e consistente” ma nonostante questi “progressi” il “differenziale tra il tasso di occupazione dell’Italia e la media dei Paesi dell’area Euro rimane “negativo e costantemente attorno a 8-9 punti percentuali. In particolare, nel 2023, è pari a circa -16 punti rispetto alla Germania, -7 rispetto alla Francia, -4 rispetto alla Spagna”.

Come sempre, a zavorrare i dati della Penisola è il doppio gap che penalizza donne e giovani. “Il tasso di occupazione degli uomini supera, infatti, il 70%, mentre quello delle donne si ferma sopra il 53%”, si legge. “Una distanza di 17 punti percentuali, molto più ampia di quella delle altre principali economie europee”. Insomma c’è poco da festeggiare per una premier che rivendica di essersi impegnata per sostenere le madri lavoratrici. L’Italia mostra, inoltre, un “ritardo significativo nell’occupazione giovanile. Il tasso di occupazione nella fascia di età 15-29 scende, infatti, sotto il 35%, circa 15 punti percentuali meno di Francia e quasi 30 meno della Germania“. Non basta: “Oltre ad una minore occupazione, i giovani italiani mostrano anche un minore coinvolgimento nei processi formativi. Il 16% dei giovani tra i 15 e i 29 anni né lavora né è inserito in percorsi di formazione, 4 punti percentuali più della Francia, 7 più della Germania”.

Anche il differenziale tra zone aree geografiche resta elevato: al Nord i tassi di occupazione sono “superiori di 3-4 punti percentuali rispetto al Centro e di circa 20 punti rispetto alle regioni meridionali”. A livello di singole regioni, il differenziale tra Lombardia e Sicilia è di 25 punti, quello tra il Trentino Alto Adige e la Campania di 28 punti.

C’è poi il tasto dolente dei redditi. I dati messi in fila dall’istituto di previdenza dicono che la retribuzione media annua pro capite nel 2023 è stata pari a 25.789 euro e dal 2019 la retribuzione media giornaliera complessiva è aumentata del 6,6% per i dipendenti che lavorano full time e del 6,8% per i part time. Ma “la variazione nominale delle retribuzioni è decisamente inferiore a quella dell’inflazione, che tra il 2019 e il 2023 è collocabile attorno al 15-17%”. Morale: il “notevole recupero occupazionale, sia in termini di unità che di intensità di lavoro”, non è stati accompagnato da “un incremento dei redditi e delle retribuzioni tale da compensare pienamente la perdita di potere d’acquisto conseguente alla recrudescenza del fenomeno inflattivo verificatasi negli ultimi anni”. È un nodo che la proroga della decontribuzione per i lavoratori dipendenti con redditi bassi, destinata a una proroga nella prossima manovra, non basta a sciogliere. E su cui il governo continua a sorvolare. Non è un caso se nel video e nel volantino di FdI i salari non vengono mai citati.

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