L'influenza sarà grave? Lo decidono gli anticorpi
- Postato il 15 novembre 2024
- Di Focus.it
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La risposta a una domanda che tormenta gli immunologi - ossia perché, in alcuni persone, l'influenza si manifesti con sintomi gravi - potrebbe essere sempre stata esposta "in bella vista", sulla superficie di alcuni anticorpi. L'abbondanza di un tipo di zucchero sulle immunoglobuline G (IgG: molecole coinvolte nella risposta immunitaria) determina infatti l'intensità della risposta infiammatoria nell'organismo in seguito all'infezione.
Lo hanno scoperto i ricercatori dell'Università di Stanford, che pensano anche di sapere come "spegnere" l'infiammazione eccessiva. I risultati del loro studio sono stati pubblicati su Immunity.. Proteggere i fragili. I risultati dello studio potrebbero spiegare in parte perché le persone anziane manifestino in genere sintomi influenzali più seri (e, più in generale, perché siano più vulnerabili a forme gravi di altre malattie), o servire per intercettare più rapidamente i pazienti a rischio in caso di future pandemie di influenza.. L'interruttore che spegne l'infiammazione. Il team guidato da Taia Wang, Professoressa Associata di Medicina all'Università di Stanford e membro dell'Institute for Immunity, Transplantation, and Infection dell'ateneo, è riuscito a trovare il modo di attivare un recettore presente sulla superficie di alcune cellule immunitarie - il CD209 - che è capace di attenuare la risposta infiammatoria in seguito a un'infezione.
I casi fatali di influenza (così come di covid) sono infatti di solito provocati da un'eccessiva infiammazione come risposta immunitaria nell'organismo colpito dall'infezione, che aggrava i danni polmonari e rende difficili gli scambi gassosi che ossigenano il corpo umano. È più raro che i sintomi gravi siano provocati dalla sola replicazione del virus all'interno delle nostre cellule.. Una molecola essenziale. Gli scienziati hanno analizzato meglio una parte delle immunoglobuline G. Queste cellule hanno una struttura "ad Y", le cui "corna" o stanghette in alto sono pensate per legarsi alla superficie dei patogeni, mentre il "gambo" ha il compito di dire al resto del sistema immunitario che cosa fare.
Il messaggio recapitato da quest'ultimo dipende dalla chimica di un paio di lunghe catene biforcate agganciate alla sua superficie, che sono fatte di zuccheri. Sulla parte finale delle catene biforcate delle molecole IgG possono essere presenti (ma non necessariamente vi sono) fino a 4 molecole di uno zucchero chiamato acido sialico. È proprio questo numero a fare la differenza.. Questione di quantità. Negli anticorpi delle persone che si sono ammalate in modo grave in seguito a un'infezione di H1N1, una tipo comune di influenza stagionale, gli scienziati hanno scoperto, come unica differenza rispetto agli anticorpi di pazienti reduci da forme influenzali lievi, una quantità minore di molecole di acido sialico. Nelle persone che si erano ammalate lievemente, questo zucchero era presente in quantità maggiori.
Evidentemente l'acido sialico garantiva un'attenuazione dell'infiammazione a livello dei polmoni, che benché infettati hanno continuato a fare il loro lavoro. Infatti, quando i ricercatori hanno somministrato, a topi ingegnerizzati per esprimere recettori umani, anticorpi ricchi di questa molecola, gli animali sono sopravvissuti a dosi massicce di due sottotipi di virus influenzali.
Anticorpi con basse dosi di acido sialico non hanno avuto lo stesso effetto protettivo. L'abbondanza di questo zucchero non ha invece avuto alcun effetto sulla capacità del virus di replicarsi.. Nessuna minaccia grave. Anticorpi più o meno ricchi di acido sialico si sono legati a recettori diversi sulla superficie dei macrofagi - le cellule "sentinella" che pattugliano gli alveoli polmonari, le minuscole sacche d'aria nelle più fini ramificazioni dell'apparato respiratorio dove avviene lo scambio gassoso.
Di solito gli anticorpi IgG si legano ai recettori pro-infiammatori dei macrofagi, che segnalano al sistema immunitario di "inviare rinforzi" e - in alcuni casi - sollecitano una risposta eccessiva, persino dannosa. Le cellule immunitarie con abbondante acido sialico si sono invece legate al recettore anti-infiammatorio CD209, alterando la risposta dei macrofagi verso intenzioni più miti.. Possibili terapie. Poiché steli di anticorpi ad alto contenuto di acido sialico sono già indagati come possibile trattamento contro i disturbi autoimmuni (che spesso hanno una natura infiammatoria), gli scienziati hanno testato il loro effetto sui topi, e visto che la terapia portava a sintomi influenzali più lievi. Il team sta ora lavorando per capire se questi anticorpi "potenziati", somministrati a pazienti con influenza o altre patologie polmonari di natura infiammatoria, possano prevenire una progressione dell'infezione verso forme gravi.. Infiammazione e invecchiamento. Inoltre, il declino di acido sialico sugli anticorpi associato all'età potrebbe spiegare l'alta incidenza di infiammazione cronica nelle persone anziane, che potrebbe predisporre ad alcune patologie tipiche dell'invecchiamento, come la malattia di Alzheimer o il Parkinson, i problemi cardiovascolari, gli eventi acuti come gli ictus o il cancro..