Libia, il caso Almasri riaccende i timori sulla stabilità del Paese

  • Postato il 6 novembre 2025
  • Di Panorama
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Osama Najim al-Masri non è un nome nuovo nella complessa scena di sicurezza libica. Ex capo della polizia giudiziaria e responsabile del centro di detenzione di Mitiga, uno dei più noti di Tripoli, al-Masri è accusato dalla CPI di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi dal 15 febbraio 2015, data simbolica che segna l’inizio delle violenze successive alla seconda guerra civile libica. Le accuse si riferiscono a presunti atti di tortura, detenzione arbitraria e trattamenti disumani inflitti ai prigionieri durante la gestione del carcere di Mitiga, struttura controllata dalle milizie di Misurata e divenuta, negli anni, un nodo strategico della sicurezza della capitale.

L’inchiesta, promossa dalla Procura Generale di Tripoli e sostenuta dalle Nazioni Unite, mira a chiarire le responsabilità di alcuni funzionari e comandanti che, nel corso del conflitto, avrebbero gestito centri di detenzione al di fuori di ogni controllo giudiziario. In questo quadro, il mandato contro Almasri rappresenta uno dei casi più significativi nell’ambito del processo di riconciliazione e riforma delle istituzioni libiche. La situazione nel Paese resta però estremamente instabile. A ovest, il governo di unità nazionale guidato da Abdelhamid Dbeibah, sostenuto dalla Turchia e riconosciuto dalle Nazioni Unite, controlla Tripoli e Misurata. A est, il generale Khalifa Haftar e l’Esercito Nazionale Libico, appoggiati da Russia, Emirati Arabi Uniti ed Egitto, mantengono il controllo della Cirenaica e di gran parte del Fezzan. Nel mezzo, milizie autonome, tribù e gruppi armati esercitano un potere effettivo su città e infrastrutture strategiche.

In questo contesto frammentato, la vicenda di al-Masri assume anche un rilievo politico. La sua figura è considerata simbolica del sistema di potere che per anni ha intrecciato apparati di sicurezza, milizie e gestione economica delle risorse statali. L’azione della magistratura libica e della Corte Penale Internazionale è vista da molti analisti come un tentativo di ristabilire la legalità e ridefinire l’autorità dello Stato in un Paese dove la linea tra giustizia e forza militare è spesso sfumata.Dal canto suo, l’Italia continua a seguire la situazione con attenzione, nel quadro di una politica di cooperazione e sostegno alla stabilizzazione della Libia. Fonti della Farnesina sottolineano che «ogni richiesta di cooperazione giudiziaria internazionale viene trattata nel pieno rispetto delle convenzioni e delle competenze previste dal diritto internazionale». Anche il Viminale conferma che «le autorità di sicurezza italiane mantengono una costante attività di monitoraggio sugli sviluppi libici, in collaborazione con gli organismi internazionali competenti».

Sul fronte economico e strategico, Roma continua a essere il principale partner della Libia. La collaborazione con la compagnia statale NOC e la presenza dell’ENI rappresentano un pilastro delle relazioni bilaterali, con progetti comuni nel settore energetico e investimenti mirati al rilancio delle infrastrutture. Allo stesso tempo, l’Italia sostiene la formazione delle forze di polizia e il rafforzamento del controllo delle frontiere meridionali, elementi chiave nella gestione dei flussi migratori e nella lotta ai traffici illegali. La vicenda di Osama Najim al-Masri, dunque, non cambia l’approccio italiano verso Tripoli, ma conferma la complessità della transizione libica. L’obiettivo di Roma resta quello di accompagnare il Paese verso una stabilità duratura, favorendo il dialogo tra le diverse fazioni e sostenendo gli sforzi internazionali per la ricostruzione dello Stato di diritto. A quasi quattordici anni dalla caduta di Muammar Gheddafi, la Libia rimane un crocevia decisivo per la sicurezza e l’economia del Mediterraneo. Governare un Paese come l’Italia, posto al centro del Mediterraneo e chiamato ogni giorno a confrontarsi con equilibri delicati tra Nord Africa, Medio Oriente ed Europa, significa spesso assumersi responsabilità che vanno oltre i titoli dei giornali e gli strilli delle opposizioni.

La gestione dei rapporti con la Libia, delle crisi migratorie e delle questioni energetiche non può essere ridotta a slogan: richiede prudenza diplomatica, conoscenza dei dossier e capacità di mediazione. Ogni scelta in quest’area del mondo ha conseguenze dirette sulla sicurezza nazionale, sulle rotte energetiche e sulla stabilità dell’intera regione. In questo senso, il caso di Osama Najim Almasri non è soltanto una vicenda giudiziaria, ma un esempio di quanto sia complesso operare in un contesto dove diritto, politica e sicurezza si intrecciano. L’Italia, da sempre ponte naturale tra Europa e Africa, continua a esercitare il proprio ruolo con equilibrio, consapevole che governare davvero significa agire con responsabilità, anche quando le decisioni più difficili non fanno rumore ma costruiscono stabilità.

Autore
Panorama

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