L’Europa come Giano,
deve entrare nel futuro
custodendo il meglio del passato

  • Postato il 23 ottobre 2024
  • Economia
  • Di Formiche
  • 2 Visualizzazioni

Giano, l’antica divinità romana degli inizi, era rappresentato come un busto con due volti che guardano in direzioni opposte: l’entrata e l’uscita, il passato e il futuro. Bifronte come Giano oggi appare l’Europa. Alle spalle, la storia gloriosa dei suoi valori cardine: pace, libertà, sicurezza, crescita, giustizia, contrasto all’esclusione sociale e alla discriminazione. Davanti, la nebulosa delle incognite da cui dipende il suo avvenire: l’esigenza di recuperare competitività rispetto a Stati Uniti, Cina e India; la capacità, tutta da verificare, di costruire una difesa autonoma; l’integrazione da completare; la necessità di non perdere il treno dell’evoluzione tecnologica e dell’intelligenza artificiale.

Bene ha fatto Mario Draghi a parlare di «sfida esistenziale» per l’Unione europea nel suo Rapporto sulla competitività. Una partita complicata: si tratta di guardare al nuovo – alla digitalizzazione, all’energia, alla difesa comune, agli approvvigionamenti di materie prime e critiche – senza tradire il meglio dell’antico, ossia la propria identità, i princìpi inderogabili in nome dei quali Guido Carli, con la mano che gli tremava, negoziò e firmò il Trattato di Maastricht in quel freddo giorno di febbraio del 1992. «Mi sono battuto con tutte le mie forze – raccontò lo statista, ex Governatore della Banca d’Italia, allora ministro del Tesoro – contro concezioni che mi sembravano abominevoli dal punto di vista della teoria e della logica». Al posto dell’Europa tecnocratica dei parametri rigidi e ottusi, Carli sognava l’Europa della crescita e del lavoro, degli investimenti e del contrasto alle disuguaglianze, della fiducia nelle nuove generazioni. In poche parole: l’Europa delle persone e dei popoli.

Trentadue anni dopo, sorprende l’attualità di quel sogno. Non solo perché lo slancio si è perso, ma perché nuove nubi e nuovi poteri minacciano il progetto dei padri fondatori, indebolendolo. Il progresso delle tecnologie, se non governato, è uno di questi. Contro l’avanzata indisturbata e disordinata degli algoritmi e delle macchine capaci di apprendere dovremmo saperci battere al pari di Carli di fronte alle «concezioni abominevoli». Come? Ricordando chi siamo. Nel 2016 il Presidente Mattarella sottolineava che «l’italianità parla di umanesimo», la cultura a cui il progresso della scienza va ancorato. Quello è il nostro scudo, forgiato in secoli di storia. A governare il potere algido dell’IA possiamo dunque schierare la nostra intelligenza, individuale e collettiva, fatta di talento, inventiva, creatività, attenzione agli ultimi: le nostre energie «rigogliose».

Con questo spirito, la Fondazione Guido Carli ha voluto intitolare la Convention inaugurale della stagione di attività 2024-2025, in programma a Roma all’Auditorium Parco della Musica il 22 novembre, “Intelligenza da vendere. Etica e impresa al tempo dell’IA”. Con Padre Paolo Benanti, presidente della Commissione governativa sull’intelligenza artificiale nell’informazione, ricorderemo l’importanza dell’algoretica. Con imprenditori e top manager illuminati capiremo come la rivoluzione tecnologica nelle imprese possa e debba essere accompagnata da un perimetro di regole etiche capaci di tenere l’essere umano e il suo lavoro al centro. «Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza – ha affermato Papa Francesco al G7 di Borgo Egnazia – se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita condannandole a dipendere dalle scelte delle macchine. Abbiamo bisogno di garantire e tutelare uno spazio di controllo significativo dell’essere umano sul processo di scelta dei programmi di intelligenza artificiale: ne va della stessa dignità umana».

Un mese prima dell’avvio del Giubileo 2025, dedicato proprio alla speranza, sarà questo il messaggio che vogliamo rilanciare e condividere con i rappresentanti delle istituzioni e delle imprese. Un’alleanza virtuosa, il nostro modo di fare memoria attiva. «Ogni generazione, senza dubbio, si crede destinata a rifare il mondo», disse Albert Camus ricevendo il Nobel per la Letteratura nel 1957. «La mia sa che non lo rifarà. Il suo compito è forse più grande: consiste nell’impedire che il mondo si distrugga». Molte generazioni dopo, la missione per l’Italia e per l’Europa è la stessa. Quella di Giano, in fondo: salvare il futuro, facendo tesoro del passato migliore.

Autore
Formiche

Potrebbero anche piacerti