Leone XIV Papa anti Trump. Molti lo dicono, pochi ci credono
- Postato il 13 maggio 2025
- Di Panorama
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Da più parti, si continua a ripetere che Leone XIV sarà un “papa antitrumpista”. A sostegno di questa tesi viene sovente citato il fatto che, da cardinale, Robert Francis Prevost ebbe una polemica sui social con JD Vance sulla questione migratoria. Si sottolinea inoltre il fatto che alcuni esponenti della base trumpista, come Steve Bannon, abbiano duramente criticato il nuovo pontefice subito dopo la sua elezione. È tuttavia utile chiedersi se sia veramente fondato aspettarsi in Leone XIV un avversario irriducibile di Donald Trump. La risposta è probabilmente negativa.
Cominciamo col dire che la base trumpista non è coesa nel giudizio sul nuovo pontefice. È vero: Bannon e Laura Loomer lo hanno criticato (tra l’altro, aggiungiamo noi, in modo frettoloso e grossolano). Tuttavia altri esponenti di quel mondo, magari meno noti in Italia, come Frank Pavone e Isabel Brown, hanno espresso apertura e soddisfazione per l’elezione di Prevost. Anche un think tank assai vicino a Trump, come la Heritage Foundation, si è mostrato favorevole a Leone XIV. Non è quindi affatto vero che il “mondo trumpista” sia tutto schierato contro il nuovo papa. La situazione risulta invece molto più complessa e articolata.
In secondo luogo, non bisogna trascurare che, in conclave, Prevost ha avuto l’appoggio dell’intero blocco dei cardinali statunitensi. Parliamo quindi anche di Timothy Dolan e di Raymond Burke: figure che di certo non possono essere considerate “antitrumpiste”. D’altronde, il punto è proprio questo. I cardinali statunitensi non si sono divisi secondo le logiche (di dubbia validità, se applicate al cattolicesimo) del “conservatorismo” e del “progressismo”. Hanno agito come blocco nazionale per introdurre una discontinuità rispetto al papato precedente, rappresentato, nella Sistina, da Pietro Parolin: il cardinal segretario di Stato che fu l’artefice, tra le altre cose, del controverso accordo tra Santa Sede e Cina sulla nomina dei vescovi. Un accordo che, ricordiamolo, sia il governo di Washington che la Chiesa statunitense non hanno mai visto troppo di buon occhio.
Non dobbiamo d’altronde dimenticare che, soprattutto nella sua seconda metà, il pontificato di Francesco aveva intrattenuto dei rapporti piuttosto freddi tanto con il governo che con la Chiesa degli Stati Uniti: che sia stato eletto un papa americano a succedergli è quindi molto significativo, anche perché ciò implica uno spostamento a Occidente del baricentro della politica estera vaticana. Questo poi non vuol dire che l’elezione di Prevost al soglio pontificio vada letta in chiave “occidentalista”. Prevost era probabilmente l’unico, in conclave, su cui potevano convergere contemporaneamente i voti dei porporati nordamericani e di quelli latinoamericani. Se ne deduce che l’attenzione al Sud Globale, con Leone, proseguirà. Si tratterà però di un’attenzione che non implicherà, al contempo, l’atteggiamento fondamentalmente antiamericano del papato precedente.
Certo, è possibile che si registrino degli attriti tra Leone e Trump sull’immigrazione. Così come potrebbe registrarsi convergenza su altri temi: ricordiamo, per esempio, che Prevost è un convinto antiabortista. Tuttavia, anche sull’immigrazione, bisogna essere cauti. Un altro pontefice recente era, come Prevost, un grande estimatore e studioso di Sant’Agostino: quel Benedetto XVI che, nel 2012, disse, sì, che andava assicurato “il rispetto della dignità di ogni persona umana”, ma aggiunse anche che esiste il “diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra”. Una visione complessa, quindi, per un problema oggettivamente complesso, che non è affatto escluso che Leone XIV possa riprendere.
Quello che ci si può quindi attendere non è un papa “antitrumpista”, ma un papa che, con ogni probabilità, avrà un rapporto dialettico tanto con Trump quanto con i governi occidentali di orientamento progressista. Ricordiamo sempre che Prevost è un agostiniano. E che, oltre alla devozione, è anche un profondo conoscitore del pensiero del vescovo d’Ippona, il quale – tra le altre cose – ha contribuito a formulare il concetto della libertas Ecclesiae: la libertà, cioè, della Chiesa dalle ingerenze dei poteri mondani. Una libertà che, con ogni probabilità, Leone difenderà in dialettica tanto con gli ambienti politici conservatori quanto con quelli progressisti. Chi vuole vedere in lui a tutti i costi un “anti-Trump” sta soltanto riesumando nei fatti quella “teologia politica” che a parole dice magari di voler combattere. Chi sta politicizzando il nuovo pontefice tradisce, in altre parole, lo spirito di Agostino. E dello stesso Leone XIV.