Leone XIV, nel nome di Leone XIII: perché il nuovo Papa guarda al passato per costruire il futuro

  • Postato il 9 maggio 2025
  • Di Panorama
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Con l’elezione al Soglio di Pietro, il cardinale Robert Francis Prevost ha scelto di assumere il nome di Leone XIV, affidando a questa antica titulazione l’indicazione di un pontificato destinato a unire vigore e profonda attenzione per le questioni sociali. Il richiamo al “Leone” scandisce un filo rosso che attraversa secoli di storia della Chiesa, fin dal primo grande “Leo” che, nel V secolo, salvò Roma dalla furia di Attila.

Il simbolo del “Leone” nella tradizione cristiana

Sin dalle origini, il leone è entrato nell’immaginario sacro come emblema di potenza regale e di protezione. Nell’Apocalisse, Cristo è definito «Leone della Tribù di Giuda», figura vittoriosa che apre i sigilli del Libro della Vita. Nel Medioevo, l’animale a volte faceva capolino nelle iconografie dei santi guerrieri, a suggellarne il coraggio e la difesa della fede. Se nel bestiario medievale il leone era «re degli animali», nella Chiesa il Pontefice – vicario di Cristo in terra – assume questa regalità non per dominio, ma per servizio e custodia del gregge.

Dal primato di Leone I Magno a Leone X Medici: una saga lunga tredici secoli

Il primo Leone a sedere sul trono di Pietro fu Leone I, detto “Magno” (440-461). Chiamato a fronteggiare l’assedio di Attila nel 452, si fece interprete di Roma di fronte al re degli Unni, placandone l’invasione con parole cariche di autorità spirituale e diplomatica. Meneghini e storici ricordano ancora oggi i toni solenni del «Non pro me, sed pro populo romano oro te, Attila» con cui, secondo la tradizione, convinse il condottiero a retrocedere. Leone II, consacrato il 17 agosto 682, è ricordato per il suo intervento sulla questione dell’infallibilità papale, poi proclamato definitivamente come dogma con il Concilio Vaticano I nel 1870. Morì un anno dopo la sua consacrazione.

Passarono più di tre secoli prima che un altro Leone lasciasse un segno indelebile: Leone III (795-816), il papa che incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero la mattina di Natale dell’800, suggellando un’alleanza che avrebbe plasmato l’Europa cristiana per secoli. Con lui la Chiesa si fece protagonista di una rinascita culturale e politica senza precedenti.

Tra il IX e il XVI secolo, altri sei pontefici adottarono il nome di Leone: Leone IV (847-855), che fece erigere le mura leonine a protezione della Città del Vaticano; Leone V, Leone VI e Leone VII, papati brevi e in larga parte oscuri nella storiografia; Leone VIII, eletto durante un periodo di conflitti tra fazioni romane; e infine Leone X (1513-1521), figlio di Lorenzo de’ Medici, mecenate raffinato le cui commissioni artistiche – da Raffaello alle Stanze Vaticane – avrebbero contribuito al trionfo del Rinascimento, ma anche bersaglio delle critiche di Martin Lutero, innescando la Riforma protestante.

Leone XIII: il custode della “Rerum Novarum”

Arriviamo così al pensiero di Vincenzo Gioacchino Pecci, eletto nel 1878 a 68 anni con il nome di Leone XIII. Originario di Carpineto Romano, piccolo centro alle porte di Roma, Leone XIII salì al soglio pontificio con la fama di intellettuale aperto al dialogo. Poche settimane dopo l’elezione, incoraggiò la recita del Rosario nella sua prima enciclica, sottolineando fin da subito il valore della devozione mariana.

Il contesto europeo era segnato dalle convulsioni sociali della rivoluzione industriale: industrie in rapida espansione, sfruttamento del lavoro minorile, nascita di tensioni ideologiche tra capitalismo selvaggio e socialismo ateo. In questo scenario, il 15 maggio 1891, Leone XIII promulgò la “Rerum Novarum”, enciclica che venne salutata come un punto di svolta nella storia della Chiesa. Con linguaggio semplice e diretto, Pecci riaffermò la dignità del lavoro, condannando lo sfruttamento e stabilendo il principio di una “giusta mercede” capace di garantire condizioni di vita decorose. Ma non solo, egli riconobbe la libertà dei lavoratori di organizzarsi in sindacati, auspicando un’azione collettiva che non degenerasse però in violenza o lotta di classe, invitò gli Stati a intervenire per proteggere i più deboli, senza cadere nell’eccesso di un controllo dispotico sul mondo del lavoro e respinse sia il socialismo ateo che la massoneria e sottolineò il valore della cooperazione fra datori di lavoro e operai, in un’ottica di giustizia distributiva.

Lo sguardo di Leone XIII era rivolto al futuro: la “Rerum Novarum” ispirò decine di documenti pontifici successivi, contribuendo alla costruzione di quella che sarebbe diventata la Dottrina Sociale della Chiesa. La sua fedeltà alla Madonna di Pompei, con la promozione del santuario e della supplica di Bartolo Longo, ha lasciato un’eco di pietà mariana ancora viva oggi.

Nel segno di Leone XIII: la svolta di Leone XIV

Quando Papa Prevost, nel suo primo discorso dalla Loggia di San Pietro, ha richiamato la devozione mariana, ha voluto dare un cenno deliberato al lascito di Pecci. Ma la scelta di Leone XIV non è semplice nostalgia: è la conferma di un impegno rinnovato sui grandi temi sociali. In un mondo segnato da disuguaglianze crescenti, crisi ambientali e nuove povertà, il nome di Leone ricorda la chiamata a un’azione equilibrata, non ideologica, basata sulla tutela della persona.

Un ulteriore legame tra i due Pontefici è la comune devozione alla Madonna di Pompei. Fu Leone XIII, già nella sua prima enciclica, a incoraggiare la recita del Rosario e ad animare il culto del santuario voluto da Bartolo Lono, l’ex socialista ateo che compose la celebre supplica. Ogni prima domenica di ottobre, in tutto il mondo cattolico si rinnova ancora oggi quella preghiera, mentre Papa Prevost – nel riprendere questo riferimento – ha voluto sottolineare come il richiamo alla Madre di misericordia sia l’ulteriore filo rosso che unisce idealmente i “Leoni” del passato con la missione di Leone XIV.

Con il nome di Leone XIV, Papa Prevost entra in una tradizione lunga tredici secoli, ma guarda alle sfide del XXI secolo: disuguaglianze crescenti, nuove povertà, crisi ambientale. L’esperienza di Leone XIII indica la via: un’azione non ideologica, ma ispirata alla dignità di ogni persona, alla cooperazione fra classi e al primato del bene comune. Guidato dalla forza del leone e dalla dolcezza di un pastore, il nuovo Pontefice è chiamato a scrivere il prossimo capitolo di una storia millenaria, con fermezza e misericordia.

Autore
Panorama

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