"Lee Miller", perché vedere il film sulla fotografa di guerra

  • Postato il 15 marzo 2025
  • Di Il Foglio
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"Lee Miller", perché vedere il film sulla fotografa di guerra

Prima scena. Seduti in salotto il giornalista con il taccuino e l’intervistata con il bicchiere. Annoiata, nella sua casa del Sussex, sostiene di non aver nulla da dire. Siccome si chiama Lee Miller, è una pietosa bugia, dettata dalla voglia di scomparire. Il fotografo insiste, chiacchierano, intanto vediamo qualche immagine della vita di Lee, che a vent’anni aveva fatto con successo la fotomodella a New York. Poi si era trasferita a Parigi, dove era passata dall’altra parte dell’obiettivo, fidanzandosi con Man Ray e poi sposando Roland Penrose. Storico e poeta, ma soprattutto gran collezionista d’arte moderna – nonché fondatore del movimento surrealista britannico. I due si conoscono durante un pranzo all’aperto, anche questo messo in scena con occhio artistico e un paio di ragazze nude. E’ amore a prima vista, partono per Londra, ma intanto Hitler ha preso il potere. Lee Miller lavora per Vogue, e vuole andare al fronte – non ritrarre le mutande stese a asciugare, che tanto scandalizzano Cecil Beaton. Vuole fare la fotografa di guerra, ma le regole dell’esercito britannico lo proibiscono. Quelle dell’esercito americano no, ma riducono parecchio i movimenti. Le fanno pilotare questo?, chiede a una ragazza con la divisa da aviatrice. “Sì, ma solo da una piazzola all’altra”. Alla fine ce la fa, e l’avvertono: “Scriva il suo necrologio prima di partire”. Intanto il marito, a casa, prepara tessuti stampati camouflage per i soldati al fronte.
 

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Autore
Il Foglio

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