Lebbrosi da 28 anni per colpa di un topo che gli aveva rosicchiato un braccio: “Mi scottavo o mi ritrovavo schegge nelle mani senza accorgermene”. La storia dei coniugi Izzet
- Postato il 5 marzo 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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Per nostra fortuna conosciamo i lebbrosi solo attraverso i film, che ce li presentano sfigurati, mutilati, poveri ed emarginati. In effetti questa terribile malattia cronica di origine batterica è praticamente scomparsa da secoli in Europa, ma è ancora endemica nel Sudest asiatico, in Sudamerica e nell’Africa subsahariana, con 182.815 casi globali nel 2023 (dati OMS). Ma i coniugi Izzett non provengono da queste zone, e tanto meno da periferie povere; nati in Zimbabwe (allora Rhodesia, possedimento inglese), dove la malattia è rara, prima di trasferirsi in Inghilterra hanno sempre vissuto nei quartieri residenziali della capitale, Harare. Ma chissà come e quando, Izzett ha contratto la lebbra.
Diagnosi tardiva
Verso i 12 anni Dan cominciò a mostrare dei sintomi. Mentre dormiva, un topo gli aveva rosicchiato un braccio ma lui non aveva sentito niente. “Mi scottavo o mi ritrovavo schegge nelle mani senza nemmeno accorgermene. Semplicemente guardavo e vedevo una vescica, senza dolore, e pensavo: ‘Beh, capita a tutti”, ha raccontato in un’intervista rilasciata di recente a The Telegraph. Nel 1967, alla visita per la leva, il medico segnalò en passant delle macchie marroni sulla schiena, tipiche della lebbra. Dopo il servizio militare Dan fu visitato da un dermatologo, che diagnosticò una micosi. Due anni dopo si sposò con Babs, e pochi mesi più tardi un brutto sfogo cutaneo lo fece tornare da un medico. Con grande sconcerto della coppia, fu diagnosticata la sifilide. Dan obiettò di non aver avuto altre donne, ma si arrese e si curò per due anni, ovviamente senza risultato. Il medico cui si rivolse successivamente si accorse che l’uomo non aveva sensibilità a gomiti, ginocchia e sul 70% del viso. Gli prelevò allora un campione di pelle dalla fronte e lo fece analizzare. Dopo una settimana, Dan fu chiamato dal Ministero della salute a Harare, e scoprì finalmente di cosa soffriva: morbo di Hansen (il nome con cui viene definita oggi la lebbra). “Avevo 25 anni, la mia vita mi passò davanti come un lampo. Pensavo che sarei stato scacciato dalla città, che avrei dovuto girare con una campanella”. Ma il medico gli suggerì di non parlarne con nessuno perché le nuove cure eliminano la contagiosità in 48 ore. Ma certo la malattia resta, con tutte le sue pesanti conseguenze.
Una patologia inesorabile
Il morbo di Hansen interessa la cute, i nervi periferici e le mucose delle vie aeree superiori. Le manifestazioni variano a seconda del tipo di lebbra e dello stadio: lesioni deturpanti sulla pelle, deformità, ulcere ai piedi, perdita del naso, congestione nasale cronica, cecità, infertilità, disfunzione erettile, insufficienza renale. La mancanza di sensibilità cutanea al dolore e al calore, le macchie caratteristiche sulla pelle, i formicolii e la debolezza muscolare sono segnali che portano alla diagnosi, confermata poi da una biopsia.
La lebbra si cura con gli antibiotici, per fermare l’infezione batterica, e un mix di farmaci assunti per lunghi periodi. Se presa per tempo la prognosi è buona, altrimenti si rischiano danni irreversibili ai nervi. Purtroppo è andata così per Dan: l’uomo ha perso varie dita e una gamba nel 1980, dopo aver fatto inconsapevolmente un pediluvio bollente. “Uscito dal bagno applicai un po’ di crema sui piedi e andai a lavorare. Al ritorno, la sera, mi tolsi gli scarponi e vidi che avevo letteralmente bollito i piedi: le caviglie erano nere come la pece, ma io non sentivo assolutamente nulla”, ha raccontato a The Telegraph. E, nel frattempo, si era ammalata anche la moglie.
Tocca a Babs
Quando Dan seppe di avere la lebbra, disse alla moglie che l’avrebbe lasciata libera, ma lei rifiutò, tanto più che la malattia non è in realtà così facile da trasmettere e il 95% delle persone ha un’immunità naturale. Il contagio non avviene toccando una persona malata ma tramite goccioline e secrezioni nasali. Non basta un contatto breve, ma certo il rischio c’è, stando a lungo con una persona infetta. Durante la seconda gravidanza la donna – i cui figli sono entrambi sani – si accorse di avere le macchie marroni sulla pelle. In seguito si scottò senza sentire alcun dolore, chiaro segno che si era ammalata anche lei. ‘Babs prese la lebbra da me prima che io fossi diagnosticato. Fu esattamente sette anni dopo il nostro matrimonio”, spiega Izzett. Infatti dopo l’infezione la malattia si sviluppa lentamente, ci possono volere anche 10 anni perché si manifesti. “Era proprio ai primi stadi. Non avevo danni ai nervi, ma per circa due anni seguii una cura anche con steroidi”, racconta la moglie a The Telegraph.
Addio al segreto
Nel 1981, dopo la perdita della gamba e cure farmacologiche debilitanti, Dan dovette lasciare il suo lavoro di ingegnere civile e divenne ministro della chiesa pentecostale. Nel 2000 lui e la moglie furono contattati dalla Leprosy Mission, un’istituzione cristiana che fornisce supporto ai malati di lebbra. I missionari spiegarono che non era comune trovare un caucasico malato, tanto meno due, per di più né poveri né indigenti. Chiesero ai coniugi di portare la propria testimonianza in pubblico, per sensibilizzare su una malattia poco nota e stigmatizzante. Dapprima riluttante a infrangere il proprio segreto, la coppia accettò e cominciò a raccontare la propria storia nel mondo, visitando 20 nazioni – a fine gennaio sono anche stati ospiti della Camera dei Lord, a Londra. “Dobbiamo fare ciò che possiamo per portare un cambiamento per le persone affette da lebbra. Vogliamo che siano libere e non vivano con la paura come abbiamo fatto noi per anni”, ha spiegato Dan che, parlando della propria malattia, osserva: “Potresti essere arrabbiato, ma a che pro? La rabbia non ha mai aiutato nessuno”.
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