Le speranze di Pizzaballa sul confitto a Gaza: "Primo passo importante. Ma c'è ancora tanto da fare"

  • Postato il 6 ottobre 2025
  • Di Il Foglio
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Le speranze di Pizzaballa sul confitto a Gaza: "Primo passo importante. Ma c'è ancora tanto da fare"

In un momento di aperture diplomatiche tra Israele e Hamas, anche la Chiesa guarda con cauto ottimismo agli ultimi sviluppi in medio oriente. Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, segue da vicino i negoziati e non nasconde la speranza per una possibile svolta, pur mantenendo la lucidità sulle enormi difficoltà ancora presenti. "Si percepisce un clima di speranza. Anche i media locali qui si mostrano speranzosi, ma con misura", ha detto in un'intervista al Corriere della Sera. Il fatto è che ci sono tante difficoltà, tanti punti interrogativi. C’è ancora tanto da fare. Tanto. Però questa è una possibilità che non si era mai vista prima. Le notizie parlano finalmente di una possibile nuova pagina positiva, della liberazione degli ostaggi israeliani, di alcuni prigionieri palestinesi e della cessazione dei bombardamenti e dell’offensiva militare. È un primo passo importante e lungamente atteso". Ma parlare di pace, dice Pizzaballa, è prematuro. "Pace è una parola impegnativa, richiede tempo. La fine di questa guerra orribile non sarebbe la fine del conflitto, il cessate il fuoco non è la pace. Però è un primo passo, la premessa necessaria per cominciare un percorso nuovo, diverso".

Il momento attuale è il più difficile in 35 anni di permanenza in Terra Santa. Un'escalation che ha radici lontane: "Ci ho pensato a lungo. Certo, c’è stato il 7 ottobre. Ma la deriva era iniziata molto prima, una narrativa di disprezzo, di rifiuto, di odio, di supremazia da tutte e due le parti. Questa mentalità di esclusione, la negazione di qualsiasi forma di compromesso, il rifiuto di avere a che fare con l’altro, tutto questo non è una novità degli ultimi due anni. Ricordava l’assassinio di Rabin e anche quello non è nato dal nulla, questo clima c’era già allora, un atteggiamento che è cresciuto nel tempo. Ciò che sta accadendo ha bisogno di un contesto, si tratta di capire che è stato preparato e nutrito in un clima culturale ben definito". Alla radice della crisi attuale, per Pizzaballa, vi è un’incapacità profonda di scendere a compromessi. Un blocco culturale, ancor prima che politico: "L’incapacità di trovare un compromesso. È chiaro che tutte le parti debbano rinunciare a qualcosa in vista di un bene maggiore, e vedo una certa difficoltà in questo. Poi ci sono anche questioni di reputazione, di coerenza con la linea presa. Certo sono decisioni che richiedono coraggio e devono essere sostenute dai mediatori e dalla comunità internazionale". Parlando delle manifestazioni in Europa – in particolare in Italia – a favore della popolazione di Gaza, Pizzaballa distingue nettamente tra estremismi e mobilitazione civile: "Le cose estreme le lascerei da parte. Gli idioti ci sono sempre ma non rappresentano la bellezza della stragrande maggioranza della popolazione. Vedo una mobilitazione trasversale, e credo sia un aspetto importante da tenere in considerazione. Le immagini che arrivano da Gaza hanno risvegliato e fatto emergere qualcosa che abita la nostra coscienza, la dignità delle persone, dei diritti, della vita. Lo vedo come qualcosa di molto positivo, da valorizzare e da orientare bene. Crea anche un senso di comunità, di unità sulle cose importanti della vita che hanno accomunato tante persone, al di là degli estremisti".

  

Sul caso della Flotilla per gli aiuti umanitari via mare, attraverso Cipro, Pizzaballa chiarisce il ruolo del Patriarcato e le intenzioni dietro il tentativo di mediazione: "Noi abbiamo cercato di aiutare, per trovare una soluzione che non fosse lo scontro. Non sapevamo cosa potesse accadere, la situazione era pericolosa, il nostro intento era dare una mano per ottenere il risultato di portare aiuti umanitari e insieme evitare pericoli alle persone. È andata diversamente. Noi restiamo sempre a disposizione per aiutare, ma non facciamo parte di nessuno schieramento".

 

La situazione a Gaza, ricorda il cardinale, è catastrofica. Una terra ridotta in macerie, dove anche l’umanità va ricostruita: "È tutto da ricostruire. A Gaza City ancora è rimasto in piedi qualcosa ma altrove non c’è nulla. Non ci sono ospedali né scuole, le infrastrutture sono distrutte. Bisogna lavorare sui muri e sulle persone, perché lo stesso tessuto umano va ricostruito. Pensi agli orfani, agli anziani, alle famiglie. C’è da ricominciare da capo".

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Il Foglio

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