Le “sorelle” di Croce Rossa: “Dai terremoti all’immigrazione, restiamo fedeli al primo principio: l’umanità”

  • Postato il 22 ottobre 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Venerdì scorso era a Padova ai funerali di Stato dei tre carabinieri uccisi a Verona. “Sono rimasta veramente colpita sentendo il padre di uno di loro, ormai anziano, appoggiato al bastone, ringraziare le autorità presenti, dal presidente della Repubblica alla presidente del Consiglio a noi”. Sorella Emilia Bruna Scarcella è crocerossina da oltre trent’anni e dal 2019 è anche Ispettrice Nazionale del Corpo delle Infermiere Volontarie Ausiliarie FF.AA. Un ruolo impegnativo ma molto motivante che comporta continue trasferte sul territorio nazionale e il governo di circa 12.000 Crocerossine.

Scarcella entra in Croce Rossa, a Milano, prestissimo, dopo la laurea – è un’architetta paesaggista – spinta sia dal senso del rigore del padre, generale dell’Esercito, che dalla passione di sua madre verso l’aiuto ai bisognosi. Da allora ha preso parte a innumerevoli attività che l’hanno portata in diversi scenari di intervento. “Il nostro motto”, spiega, “è ‘ama, conforta, lavora, salva’, che poi sono le parole idealmente stampate nelle quattro braccia della croce di pezza che portiamo sul petto. Siamo le prime ad arrivare e le ultime ad andare via dove è avvenuto un terremoto, un’alluvione, un evento in cui la popolazione necessita aiuto e assistenza”.

Delle sue numerose esperienze, Emilia Bruna Scarcella ricorda, in particolare, il primo terremoto in Umbria e nelle Marche. “Non posso dimenticarmi il sentimento che ho provato arrivando in località con case distrutte e pensare che lì ci vivevano famiglie e anziani. Anziani che alcune volte era difficile staccare dalle loro case ridotte a niente. Un’altra esperienza forte è stata, racconta, quella dell’accoglienza dei primi migranti, “arrivavano vestiti con le ultime cose che avevano indosso prima di affrontare il mare, con un sacchetti con dentro la loro vita, null’altro. Li accudivamo con i kit di prima necessità e li guardavamo negli occhi cercando di trasmettere un messaggio di conforto”.

E poi c’è l’hotspot di Croce Rossa a Lampedusa, “un luogo che consiglio a tutte le Sorelle per vivere a pieno il primo dei nostri principi di Croce Rossa, l’Umanità”. Scarcella non può dimenticare una donna che aveva partorito sul barcone, tra le onde, “con il cordone ombelicale ancora attaccato che pulsava e la bimba ancora sul petto, qualcosa di lontanissimo dall’immagine dei nostri bambini che nascono nelle sale parto super attrezzate dove tutto è pulito”.

Infine, il Covid, quando servivano mille braccia e occhi rassicuranti. “Anche le Sorelle che non erano adibite a soccorso in emergenza preparavano senza sostai kit con dentro l’amuchina, la mascherina, i guanti, tutto pronto per le ambulanze e gli operatori, in continue chiamate nelle case con gli ammalati”.

Per diventare infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana – Ausiliaria delle Forze Armate bisogna frequentare un corso biennale socio-sanitario assistenziale organizzato dalla stessa Cri. Le Crocerossine sono presenti in 21 Ispettorati regionali e in 165 Ispettorati sul territorio nazionale.

Ma se aumentano i volontari anche i bisogni per i più vulnerabili sono in continuo aumento, come i senza dimora che hanno bisogno di tutto, gli asili e le scuole che chiedono la formazione degli insegnanti sulla disostruzione pediatrica o i corsi di Primo Soccorso. “Per essere Crocerossina in ruolo attivo bisogna fare trenta presenze l’anno, ma ognuna di noi è sempre pronta a donare, in ogni momento. Essere volontaria lo considero un dono che ho/abbiamo avuto nel nostro dna, quello di porre l’Umanità come accoglienza e aiuto verso il prossimo totalmente gratuito”.

Ma come si vive con una Crocerossina sempre “al fronte” in casa? “La mia famiglia è stata sempre un grandissimo supporto. Non solo”, conclude Emilia Bruna Scarcella. “Mio figlio è entrato in Croce Rossa dall’età di 14 anni, età minima che serve per fare volontario e oggi ne ha 23 e non ha mai smesso. Credo che il passaggio di questo ‘fuoco’ alle nuove generazioni sia fondamentale. Ne va, credo, anche un po’ della salvezza della nostra società”.

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