Le pennette condite con i pomodori siccagni

  • Postato il 16 agosto 2025
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Il Quotidiano del Sud
Le pennette condite con i pomodori siccagni

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VEDENDO al mercato, un cartello con su scritto “pomodori siccagni” ho rispolverato una serie di ricordi. Verso la fine del mese di agosto, le famiglie, nei vicoli, si dedicavano alle conserve di pomodoro. Una famiglia di quattro persone, di pomodoro, ne acquistava un quintale e di varietà differenti. La consegna avveniva in più trance, ma il lavoro si finiva massimo in due giorni. Perché ci si aiutava e ciascuna delle nostre mamme aveva un ruolo preciso. Anche l’attrezzatura per il confezionamento veniva scambiata. Il pomodoro si conservava nelle bottiglie di birra o di qualsiasi altro tipo che venivano consumate durante l’anno e in quelle già usate nelle volte precedenti e che pulite per bene, venivano poi sterilizzate.

Noi bambini giocavano nel vicolo ed eravamo controllati da tutto il vicinato. A merenda, immancabile, arrivava la fresa con il pomodoro il basilico, l’origano e l’olio prodotto dalle olive di proprietà. Fatti i pelati si passava alla purea che era più complicata perché andavano montate le macchinette e a volte anche ai più grandicelli veniva chiesto di girare la manovella. Lo vivevamo come un gioco e ci affascinava l’idea di contribuire alle esigenze della famiglia. Era la dimostrazione che stavamo diventando adulti.

Tra i tipi di pomodoro usati i più ambiti erano i cosiddetti “pomodori siccagni” caratterizzati dalla prerogativa che, dalla messa a dimora e fino al raccolto, la pianta cresce senza acqua. Un metodo di coltivazione nato per “necessità” nei terreni dove non c’era acqua. Per questo il pomodoro veniva trapiantato e lasciato a se stesso. Provvedeva la Natura a che diventasse frutto. Non essendo irrigata la pianta si presenta rustica con pochi frutti e relativamente piccoli. Queste varietà coltivate all’asciutto, secondo una tecnica che nel tempo si è consolidata, unitamente all’esposizione solare, restituiscono, dicono gli esperti, un pomodoro dal basso apporto calorico e ricco di sostanze antiossidanti, come il licopene, il beta carotene e la vitamina C. Unitamente a una particolare dolcezza, il pomodoro siccagno, quindi, non è una varietà, ma è una cultivar, un metodo di coltivazione. Quando arrivava questa qualità di pomodoro le nostre mamme lo utilizzavano per preparare il concentrato di pomodoro, «a cunserva siccata allu sole» così veniva chiamata in dialetto.

Ho ancora davanti ai miei occhi il procedimento: si bollivano i pomodori in un grande pentolone di rame “a quadara”. Si faceva la passata, facendosi aiutare da tutte le persone disponibili e si passavano nel setaccio a mano. Un lavoraccio che impegnava un’intera giornata. Si metteva la passata in grandi tovaglie per togliere quanta più acqua possibile. Poi si distribuiva in grossi contenitori di terracotta e si aggiustava la sapidità con sale di pietra pestato fine. A sua volta veniva distribuita su grandi piatti sempre di terracotta e si metteva ad asciugare al sole. Si aveva l’accortezza di coprire i piatti con un tulle per evitare che insetti fastidiosi la contaminassero. Bisognava girarla “riminiarla” più volte al giorno con un cucchiaio di legno, (e noi bambini ne approfittavamo per calarci dentro il dito e assaporare questa delizia) la sera si portava in casa per evitare l’umidità della notte. Questo per diversi giorni finché non si asciugava e da passata di pomodoro, diventava concentrato di pomodoro, bello cremoso e saporito. A questo punto, coperto dal buon olio extravergine, si conservava in vasi di coccio.

Se dovesse capitare di trovare dei pomodori siccagni acquistatene per preparare una semplice ed ottima pasta con una salsa crudaiola. Mettiamo in un mortaio, per quattro persone, un etto di mandorle sgusciate alle quali uniremo mezzo etto di formaggio pecorino grattugiato una trentina di foglie di basilico e tre etti di pomodoro siccagni privati della pelle e dei semi e ridotti a cubetti. Non può mancare uno spicchio di aglio e se piace un peperoncino fresco ridotto a pezzetti e privato dei semi e ovviamente un pizzico di sale. Pestiamo per bene il tutto fino a ottenere una crema liscia e omogenea aiutandoci con l’aggiunta di un filo di olio di uliva. Evitate il mixer, se potete. In una pentola, mettiamo a bollire abbondante acqua e una volta a bollore saliamo e versiamoci quattro etti di pasta corta, suggerisco le pennette rigate. Scoliamole leggermente al dente, versiamole nella ciotola con la salsa crudaiola e amalgamiamo bene. Buon appetito con la consapevolezza che il futuro delle nuove generazioni sarà il ritorno alla coltivazione della terra ed alla riscoperta di questo tipo di prodotti.

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