Le opere d’arte e il pensiero critico. Contro la dittatura del bipensiero

  • Postato il 16 aprile 2025
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Il bipensiero immaginato e descritto dettagliatamente da George Orwell in 1984 (1949) è ormai da tempo una realtà. Il bipensiero non consiste semplicemente nella capacità di concepire contemporaneamente due pensieri opposti, ma nell’abilità frutto di un addestramento intensivo e sofisticato di attivare una sorta di automatismo di questo pensiero doppio e sdoppiato, in cui alternativamente le due versioni apparentemente inconciliabili si sovrappongono alla perfezione, e vengono richiamate ognuna a seconda dell’esigenza intellettuale e cognitiva del momento. 

Che cos’è il bipensiero

Nessuna delle due infatti viene cancellata definitivamente, ma il cervello del membro del Partito è in grado di contenerle attraverso l’abolizione della logica, del principio di realtà e dei nessi causa-effetto: “Sapere e non sapere; credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullavano a vicenda; sapendole contraddittorie tra di loro e tuttavia credendo in entrambe, fare uso della logica contro la logica; rinnegare la morale proprio nell’atto di rivendicarla (…) dimenticare tutto ciò che era necessario dimenticare ma, all’occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo. Soprattutto, saper applicare il medesimo procedimento al procedimento stesso” (George Orwell1984, Mondadori, Milano 2013, p. 38). 

1984, George Orwell
1984, George Orwell

Che cos’è il pensiero critico

Laddove il pensiero critico si sforza di sottoporre ogni elemento al vaglio interpretativo, il bipensiero si adatta prensilmente, per così dire, a una realtà in continua trasformazione, imperturbabile e costantemente diverso da se stesso. E questo procedimento non ha nulla a che vedere con simulazione e dissimulazione: la mente infatti crede ogni volta convintamente alla versione del momento, come se fosse sempre stata quella. L’attimo successivo credere con identico fervore, e furore, alla versione nuova, adattata. 
Oggi abbiamo sotto gli occhi quasi ogni ora innumerevoli esempi di questo meccanismo. Il passato recente e lontano viene costantemente mutato senza che ci sia neanche bisogno del macchinoso intervento del Ministero della Verità; soprattutto, i politici e ciò che rimane degli intellettuali sono in grado di pronunciare nella stessa frase due verità che dal punto di vista logico si escludono chiaramente a vicenda, senza battere ciglio – e ‘dall’altra parte’ questo accostamento viene accolto in modo assolutamente lineare.

Opere d’arte, bipensiero e pensiero critico

Anche la maggior parte delle opere d’arte che vediamo in giro, se ci pensiamo, si dimostra tranquillamente a proprio agio all’interno di questo regime di pensiero: dichiara a gran voce proprio quello che nega nei fatti attraverso i propri dispositivi di esposizione e di commento, oltre che attraverso la propria appartenenza e adesione a un sistema che a sua volta rappresenta il contrario di ciò che l’opera sta dicendo; e questa contraddizione palese, potenzialmente distruttiva, viene disinnescata proprio grazie a un raffinato sistema di negazione e rimozione. 
Diventa quindi materialmente possibile non solo dare a qualcosa un nome che è l’opposto della sua natura e del suo significato, non solo dire una cosa e fare il contrario, ma abolire di fatto ogni sorta di consequenzialità. Appunto: la guerra è pace, la schiavitù è libertà non sono più slogan (se mai lo sono stati), ma concrete e tangibili condizioni quotidiane.
In che modo l’opera, quando funziona come dovrebbe, è lontanissima da questo funzionamento del bipensiero? Qualche settimana fa avevo infatti parlato dell’arte come insostituibile prisma interpretativo e cognitivo: tra le tante funzioni dell’opera, c’è proprio quella di allenarci a considerare un argomento, qualsiasi argomento, da più punti di vista, e questo vuol dire uscire totalmente dalla logica della contrapposizione, riuscire di fatto a pensare anche come qualcuno con il quale non siamo assolutamente d’accordo. Ciò non significa ‘bipensare’, ma nel sapersi identificare con l’altro senza rinunciare a quello che pensiamo e che crediamo, e nel liberarsi dalle costrizioni e dai condizionamenti che impediscono di vedere realmente un problema sotto differenti prospettive e angolazioni. 

L’arte contemporanea contro il bipensiero

Mentre il bipensiero permette di conciliare l’inconciliabile, inquadrando la pazzia nel sistema che regola le scelte individuali e collettive, e cancellando la nozione stessa di verità, il prisma-arte è lo strumento per coltivare la complessità (per “allestire dubbi”, come direbbe Francesco Jodice), accedendo anche solo per un istante a quel nucleo di verità destinato a rimanere ambiguo e misterioso.

Christian Caliandro

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L’articolo "Le opere d’arte e il pensiero critico. Contro la dittatura del bipensiero" è apparso per la prima volta su Artribune®.

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Artribune

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