Le nostre ferite si chiudono più lentamente

  • Postato il 7 maggio 2025
  • Di Focus.it
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Evoluzionista e primatologa dell'università di Ryukyus, in Giappone, Akiko Matsumoto-Oda si occupa da anni di babbuini, in particolare quelli selvatici che vivono in Kenya. I babbuini sono tra i primati più aggressivi e violenti anche tra di loro, e negli anni Matsumoto-Oda ha potuto constatare in prima persona quanto spesso queste scimmie si facciano male – e soprattutto quanto poco ci mettano le loro ferite a rimarginarsi. Lo fanno molto più rapidamente delle nostre, e i babbuini non sono gli unici ad avere questa caratteristica: al contrario, come si legge in uno studio pubblicato sui Proceedings of the Royal Society B, siamo noi umani l'eccezione, la specie (tra quelle studiate) nella quale le ferite si chiudono più lentamente.. Ferite per tutti! Lo studio è stato condotto in laboratorio, confrontando i tempi di chiusura delle ferite di una serie di animali diversi. C'erano cinque scimpanzé "prestati" dal Kumamoto Sanctuary, che ospita scimmie usate in precedenza nella ricerca farmaceutica. C'erano babbuini verdi, i soggetti "ispiratori" dello studio, cercopitechi gola bianca e cercopitechi verdi. Infine, c'erano topi e ratti, per avere un confronto con specie più distanti da noi umani rispetto alle scimmie. Tutti gli animali sono stati sottoposti ad anestesia e successiva chirurgia volta però non a chiudere una ferita, ma ad aprirla; la guarigione è stata poi attentamente monitorata e misurata. Nell'esperimento sono stati coinvolti anche 24 umani, tutti pazienti oncologici ai quali era stato appena rimosso un tumore alla pelle, così da avere una ferita fresca senza bisogno di provocarla apposta.. Il grande compromesso. Il confronto tra i tassi di guarigione delle ferite è impietoso: la pelle degli esseri umani è ricresciuta di 0.25 mm al giorno di media, mentre quella dei primati, ma anche dei roditori, a un ritmo di 0.62 mm al giorno – quasi il triplo del nostro. Altro dettaglio interessante, non c'erano differenze significative tra il tasso di guarigione dei primati e dei roditori: l'eccezione siamo noi umani. Il motivo di questa discrepanza è da ricercare nel pelo, o nella sua assenza: a riparare le ferite cutanee ci pensano infatti le cellule totipotenti dei follicoli piliferi, che nei primati e nei roditori sono tanti e fitti. Gli umani ne hanno invece di meno, e al loro posto hanno le ghiandole sudoripare, che ci permettono di mantenere la pelle fresca ma che non sono altrettanto efficaci a riparare le ferite. È il compromesso che ci ha permesso di evolvere e far crescere il nostro cervello, mantenendolo fresco grazie al sudore: in cambio abbiamo dovuto rinunciare a un po' della nostra capacità di rimarginare le ferite..
Autore
Focus.it

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